Ecco le doti non scritte per essere un buon avvocato

di Redazione - Quando ci si trova nella necessità di rivolgersi a un avvocato per avere assistenza in un contenzioso con il vicino di casa, con il datore di lavoro, con il coniuge o con qualche familiare, bisogna ammettere che la scelta non è sempre così agevole come potrebbe apparire. Un po' perché si entra in un universo, quello del diritto, difficile da comprendere per i non addetti ai lavori e fin troppo pieno di regole e di cavilli che rendono necessaria una consolidata esperienza perché un professionista li sappia correttamente gestire.

E le difficoltà per un cliente aumentano perché c'è anche una forte componente emotiva fatta di rabbia, di paura, di incertezze, di risentimento. Più in generale c'è un coinvolgimento emotivo di chi si considera vittima di un torto e  rischia di perdere quella lucidità necessaria per muoversi correttamente.

Quali sono allora le doti che deve avere un avvocato per rispondere a pieno a tutte le esigenze di un cliente?

Il panorama cinematografico e quello letterario ci restituiscono, solitamente, l'idea, un po' stereotipata, che un avvocato vincente è colui che non ha scrupoli, che ha una retorica infallibile e che riesce a manovrare con perizia i codici piegandoli alle esigenze di parte, come fosse una sorta di prestigiatore dotato di bacchetta magica e fauci da squalo.

Ma sappiamo bene che nella realtà le cose, per fortuna, sono ben diverse.

Se è vero che una preparazione approfondita e una comprovata esperienza sono necessarie per affrontare con successo un giudizio o una trattativa stragiudiziale, è altrettanto vero che un buon avvocato che voglia davvero porsi "al servizio" del cliente, deve avere anche una grande capacità empatica che gli consenta di calarsi nei panni del cliente, di comprenderne il vissuto interiore mostrando anche comprensione e sostegno verso il proprio assistito. Attenzione però: l'empatia non deve portare a perdere obiettività. Un buon professionista deve anche saper mantenere una qualche dose di "distacco" per poter agire con la necessaria prudenza e per valutare anche i punti deboli di una linea difensiva (vedi in proposito: "Il mestiere dell'avvocato").

E ancora, il buon avvocato deve anche sapere sdrammatizzare, specialmente quando chi a lui si rivolge si dimostra troppo coinvolto e sopraffatto dallo sconforto che può derivare da tensioni spesso accumulate per lungo tempo.

Quando poi un cliente è particolarmente arrabbiato e desideroso di una sua personale "vendetta" nei confronti di colui che reputa il suo peggior nemico, occorre che l'avvocato sappia ospitare il sospetto che anche la controparte possa avere qualche dose di ragione ed aiutare il cliente ad affrontare la lite con una maggiore serenità. Soprattutto sarà opportuno avvertire il cliente su quelli che sono i "pericoli" insiti in ogni contenzioso. In altri termini deve riuscire a far comprendere che talvolta vi è un limite sottile tra i diritti propri e quelli altrui. Una linea di confine che spesso le emozioni incontrollate impediscono di scorgere. 

Da ultimo (o come direbbero gli inglesi "Last but not least") un buon avvocato deve sempre valutare se sussistono possibilità di composizione bonaria della lite che consente alle parti di ripartire equamente il rischio del giudizio e di conseguire quei vantaggi che derivano dal notevole risparmio di tempo nel risolvere la controversia.

E così un buon Avvocato (con la A maiuscola) non è solo quello che, bardato di tocco e toga, porta a casa la vittoria senza guardare in faccia nessuno, ma è quel professionista che abbia anche quelle "qualità umane" indispensabili per offrire un'assistenza completa ai propri clienti, prima ancora di tutelarli e difenderli dentro le aule di un tribunale.

Ma le doti umane, lo si sa, non si apprendono dai libri, né dall'esperienza. Insomma: Avvocati si nasce!


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