La possibilità offerta dall'articolo 512 del codice di procedura penale va infatti valutata come eccezionale e residuale

di Valeria Zeppilli - Quando un testimone ascoltato nel corso delle indagini preliminari non si presenta in dibattimento, le sue dichiarazioni non possono più essere utilizzate salvo il rispetto di determinati e rigidi presupposti.

Con la sentenza numero 25257/2016, depositata il 17 giugno scorso e qui sotto allegata, la Corte di cassazione ha infatti ribadito l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in forza del quale l'utilizzabilità, mediante lettura, delle dichiarazioni che il testimone divenuto poi irreperibile abbia reso durante la fase predibattimentale è subordinata non solo all'espletamento infruttuoso delle ricerche che sono richieste dall'articolo 159 del codice di procedura penale, ma anche al fatto che il giudice abbia compiuto tutti gli accertamenti che risultino congrui rispetto alla situazione personale del teste stesso.

Questa va valutata, più nel dettaglio, tenendo conto degli atti, delle deduzioni specifiche che eventualmente le parti abbiano effettuato e dell'esito dell'istruttoria svolta nel corso del giudizio.

In alternativa, il giudice, ai fini dell'utilizzabilità delle predette dichiarazioni, deve dare atto dell'apprezzamento che ha compiuto circa la ragionevole impossibilità di svolgere delle ricerche del dichiarante ulteriori ed efficaci, fornendo una motivazione non apparente e non manifestamente illogica o contraddittoria.

Del resto, ricordano i giudici, la possibilità offerta dall'articolo 512 del codice di procedura penale va valutata come eccezionale e residuale rispetto al principio del favor per l'assunzione di una tale fonte nel contraddittorio delle parti e dinanzi al giudice, posto dall'articolo 111 della costituzione.

Insomma: tenendo conto di quanto previsto da tale ultima norma, oltre che di quanto previsto dall'articolo 6 della Cedu, non è possibile ritenere un soggetto irreperibile solo basandosi su una verifica che prenda atto del difetto di notificazione o si limiti a considerare le risultanze anagrafiche. Il giudice, piuttosto, deve provvedere a un controllo complesso, articolato e argomentato prima di negare la presenza della fonte di prova.

Dato che invece, nel caso di specie, l'irreperibilità del testimone si era fondata solo sulla presa d'atto del fatto che egli non risiedeva anagraficamente nella città dove era stato cercato e non era stato rinvenuto all'indirizzo indicato, la sentenza con la quale il ricorrente era stato condannato penalmente va in parte annullata in quanto fondata su dichiarazioni inutilizzabili.

Corte di cassazione testo sentenza numero 25257/2016
Valeria Zeppilli

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