Bocciato dalla Corte Costituzionale il nono comma dell'art. 656 c.p.p. in quanto viola i principi di di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità

di Lucia Izzo - La sospensione dell'esecuzione della pena è valida anche per l'autore di uno scippo.

Lo ha chiarito la Corte Costituzionale, sentenza n. 125/2016 (qui sotto allegata) dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. nella parte in cui stabilisce che non può essere disposta la sospensione dell'esecuzione nei confronti delle persone condannate per il delitto di furto con strappo.

La questione viene sollevata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli il quale, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dubita della legittimità costituzionale della norma summenzionata, come modificata dall'art. 2, comma 1, lettera m), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125.

L'art. 624-bis del codice penale disciplina due reati, il furto in abitazione e il furto con strappo, ma la questione riguarda solo il secondo reato, posto che, per il giudice rimettente sussisterebbe una violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità sanciti dall'art. 3 Cost, rilevando che, mentre per il furto con strappo l'art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. vieta la sospensione dell'esecuzione, un uguale divieto non è previsto per la rapina semplice.

Secondo l'ordinanza di rimessione sarebbe "paradossale" la scelta legislativa di prevedere una modalità esecutiva più gravosa per il condannato per il furto con strappo: ciò comporta che l'eventuale condotta ulteriore di minaccia o violenza rispetto a due fattispecie identiche consentirebbe a chi l'ha commessa di poter beneficiare, in fase di esecuzione, del decreto di sospensione dell'esecuzione, diversamente da colui che si sia limitato a commettere un'azione volta all'impossessamento, con violenza sulla cosa, e tuttavia priva di violenza o minaccia alla persona.

L'irragionevolezza emergerebbe anche "dal fatto che è considerato pericoloso - e dunque meritevole della carcerazione - chi ha commesso un reato di modesta gravità ed ha riportato condanna ad una pena detentiva breve, a differenza del soggetto il quale si sia reso responsabile di un reato più grave e perciò sia stato condannato ad una pena detentiva elevata, tenuto conto che il limite di tre anni, previsto dall'art. 656, comma 5, cod. proc. pen. ai fini della sospensione dell'esecuzione trova applicazione anche con riguardo alle pene residue".

Per i giudici della Corte la questione è fondata.

La distinzione tra la fattispecie incriminatrice del furto con strappo (art. 624-bis, secondo comma, cod. pen.) e quella della rapina (art. 628 cod. pen.) risiede nella diversa direzione della violenza esplicata dall'agente. Sussiste un furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa, e solo indirettamente verso la persona che la detiene; costituisce invece una rapina l'impossessamento della cosa mobile altrui mediante una violenza diretta sulla persona.

Nel furto con strappo la vittima può risentire della violenza solamente in modo riflesso, come effetto della violenza impiegata sulla cosa per strapparla di mano o di dosso alla persona, mentre nella rapina la violenza alla persona costituisce il mezzo attraverso il quale avviene la sottrazione. Così, se lo strappo non basta per ottenere l'impossessamento e viene di conseguenza esercitata una violenza sulla persona, è ravvisabile una rapina.

Non sono rari i casi in cui, rammenta la Consulta, nel progredire dell'azione delittuosa, il furto con strappo si trasforma in una rapina, per la necessità di vincere la resistenza della vittima, o anche in una rapina impropria, per la necessità di contrastare la reazione della vittima dopo la sottrazione della cosa. In questi casi, tra il furto con strappo e la rapina si verifica una progressione nell'offesa, in quanto la lesione si estende dal patrimonio alla persona, giungendo a metterne in pericolo anche l'integrità fisica, ed è incongrua la normativa che, pur prevedendo per la rapina una pena assai più grave, riconosce a chi ne è autore un trattamento più vantaggioso in sede di esecuzione della pena.

La disparità di trattamento perciò non si giustifica, non tanto per la maggiore gravità della rapina rispetto al furto con strappo, quanto per le caratteristiche dei due reati, che non consentono di assegnare all'autore di un furto con strappo una pericolosità maggiore di quella riscontrabile nell'autore di una rapina attuata mediante violenza alla persona.

Corte Costituzionale, sentenza n. n. 125/2016

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