Per la Cassazione, nei "reati in contratto" nel determinare l'ingiusto profitto si deve tenere conto del valore della prestazione avendo riguardo ai cd. costi vivi
di Valeria Zeppilli - Gli enti pubblici, per esternalizzare i servizi legali, devono rispettare precise procedure di legge. Nel caso in cui non lo facciano il giudice penale può disporre la confisca per equivalente della parcella professionale, ma nel farlo deve scorporare il valore della quota della prestazione che l'avvocato abbia correttamente eseguito.

Ad averlo precisato è stata la sentenza numero 8616/2016 della Corte di cassazione, depositata il 2 marzo (qui sotto allegata), con la quale i giudici hanno preliminarmente rilevato che la definizione del quantum del provvedimento di confisca è un'operazione particolarmente problematica, sulla quale dottrina e giurisprudenza si sono arrovellate per lungo tempo seguendo un percorso dettagliatamente ricostruito nella sentenza in commento.

La conclusione, in ogni caso, è quella di dover riconoscere un'ampiezza variabile all'area del profitto assoggettabile a confisca, influenzata nel concreto dalle diverse fattispecie che costituiscono reato presupposto.

Più nel dettaglio, nel caso in cui il reato presupposto può essere ricondotto a una ipotesi di reato in contratto (come nei casi di affidamento dei servizi esterni in violazione delle procedure di evidenza pubblica) il profitto assoggettabile a sequestro finalizzato alla confisca va determinato ricomprendendovi i vantaggi di natura economico-patrimoniale che derivano direttamente dall'illecito, mentre non possono essere aggrediti i vantaggi conseguiti in forza di prestazioni lecite svolte in favore dell'altro contraente.

Così, nel determinare l'ingiusto profitto si dovrà tenere conto del valore della prestazione avendo riguardo ai cc.dd. costi vivi, evitando tuttavia di sottrarre dal quantum confiscabile le somme che siano state percepite in relazione a prestazioni del tutto superflue o addirittura non eseguite o eseguite in maniera non conforme a quanto contrattualmente pattuito.

Nel caso di specie, quindi, la Corte ha annullato il provvedimento con il quale il GIP di Milano, nel corso dell'inchiesta su Infrastrutture Lombarde S.p.A., aveva confiscato per equivalente una somma sbagliando tuttavia la determinazione dell'entità del profitto del reato. Questo, infatti, era stato fatto coincidere con l'intera parcella del legale.

Corte di cassazione testo sentenza numero 8616/2016
Valeria Zeppilli

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