Se la cancellazione o la rettifica sono sollecitate invano, il titolare del marchio può prendersela solo con il gestore del sito

di Valeria Zeppilli - La materia dei marchi di impresa non è affatto facile da interpretare, specie per quanto riguarda la responsabilità della violazione di quanto in essa previsto posta in essere per il tramite del web.

Tanto che in argomento si è reso necessario l'intervento della Corte di giustizia dell'Unione Europea, la quale, con la sentenza resa il 3 marzo 2016 nella causa C-179/2015 (qui sotto allegata), ha chiarito che il paragrafo 1, lettere a) e b), dell'articolo 5 della direttiva n. 2008/95/CE va interpretato nel senso che l'uso di un marchio non può essere vietato dal suo titolare se un terzo è associato, in un annuncio pubblicato online, a segno simile o identico a un marchio, ma tale inserzione non è stata commissionata né eseguita dal terzo.

Lo stesso deve dirsi nel caso in cui il terzo, pur avendo commissionato o eseguito un'inserzione con il consenso del titolare, abbia poi preteso invano dal gestore del sito la cancellazione dell'intero annuncio o quanto meno della dicitura relativa al marchio.

La decisione, più nel dettaglio, ha preso le mosse dalla contesa ingeneratasi tra la proprietaria del marchio "Mercedes-Benz" e un'autofficina ungherese, che figurava in un annuncio online unitamente a tale marchio nonostante la scadenza del contratto per la fornitura di servizi di assistenza alla riparazione siglato con la Mercedes.

L'autofficina, però, aveva cercato più volte di far cancellare l'annuncio o, quanto meno, la dicitura dal gestore dei servizi web, ma le sue pretese erano rimaste inascoltate.

Dopo aver effettuato un'interessante ricostruzione della normativa europea in materia di marchi, la CGUE è quindi giunta alla conclusione sopra riportata, con la conseguenza che nel caso di specie non è possibile avanzare legittimamente pretese nei confronti dell'officina: dato che questa si è attivata per far cancellare o rettificare l'annuncio idoneo a trarre in inganno il consumatore mentre è stato il gestore che, con incuria e negligenza, non ha dato seguito alle richieste avanzategli, il titolare del marchio non ha titolo per contestare all'inserzionista l'utilizzo illecito del marchio.

Del resto, è innegabile che il gestore del sito web agisce in nome e per conto proprio: in simili casi, il titolare del marchio potrà agire solo nei confronti di quest'ultimo.

All'inserzionista, casomai, potranno essere richiesti i vantaggi comunque goduti, in termini economici, dalla mancata cancellazione dell'annuncio errato.

CGUE testo sentenza resa nella causa C-179/2015
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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