di Valeria Zeppilli - Il Tribunale di Bari, chiamato a giudicare circa l'impugnazione di una pronuncia emessa in primo grado dal Giudice di pace, con la sentenza n. 19 del 2015 ha sancito che, se si subisce una sanzione amministrativa per aver sostato in una zona a pagamento oltre l'orario indicato in ricevuta, la contestazione della multa non può che avvenire con querela di falso.
Del resto, secondo quanto affermato dal giudice, ai verbali di accertamento redatti dagli ausiliari del traffico che lavorano per le società concessionarie di parcheggio si applicano gli articoli 2699 e 2700 del codice civile, con la conseguenza che essi hanno l'efficacia dell'atto pubblico e fanno piena prova, fino (appunto) a querela di falso, sia della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, che dei fatti che il pubblico ufficiale attesta.
Oltretutto, anche il verbale di contestazione redatto dai soggetti delegati dal sindaco, ribadisce il Tribunale, è atto pubblico e necessita della querela di falso.
Quindi, mentre in primo grado era stato ritenuto sufficiente, per liberare l'automobilista dalla sanzione, il fatto che egli avesse prodotto in giudizio la ricevuta mancante, per il Tribunale tale circostanza non basta: o la ricevuta è esposta o la sanzione vale sino a querela di falso.
Quella posta in essere dal giudice di primo grado, pertanto, è stata una palese violazione di legge, derivante dal fatto che egli non ha attribuito al verbale contestato la fede privilegiata e gli effetti ad esso riconosciuti dall'ordinamento.
Con buona pace dell'automobilista, che quindi sarà costretto a pagare.