I tempi di recupero psicologico sono incompatibili con la salvaguardia del benessere psicofisico ed educativo della prole

di Lucia Izzo - Può essere dichiarato lo stato di abbandono del minore nonostante i genitori abbiano dimostrato un legame affettivo verso i figli e la disponibilità a seguire un percorso di riabilitazione, ma risulta che i tempi di recupero psicologico sono incompatibili con la salvaguardia del benessere psicofisico ed educativo della prole.

La prima sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza 17711/2015 (qui in allegato), ha trattato il delicatissimo tema dell'affidamento genitoriale, quando le figure parentali si dimostrano incapaci di prendersi cura in maniera adeguata dei propri figli nonostante l'affezione provata nei loro confronti.

Il ricorso al Palazzaccio è presentato da una coppia di tossicodipendenti più volte condannata per detenzione illecita di stupefacenti, nei confronti dei quali era stato avviato un procedimento a tutela dei figli, lasciati a vivere in un ambiente inadeguato e degradato, in condizioni igienico-sanitarie precarie e privi di una sufficiente preparazione scolastica.

La coppia sceglie di aderire ad un percorso terapeutico presso il SERT, ma i giudici di merito rilevano che i tempi di recupero della capacità genitoriale sono lunghi e incerti, tanto che gli stessi operatori non sono in grado di formulare previsioni al riguardo.

Pertanto, non bastano l'affetto verso i figli, gli interventi di sostegno attivati dai servizi sociali e neppure la motivazione genitoriale astrattamente palesata dai due a ristabilire un adeguato rapporto in tempi compatibili con le più immediate esigenze di cura ed assistenza dei minori.

I giudici di merito dichiarano lo stato di abbandono, presupposto per la pronuncia dello stato di adottabilità, data anche l'insussistenza di altre figure familiari idonee a costituire un solido riferimento per i minori (i parenti intervenuti nel giudizio mostravano di non essersi neppure accorti della gravità delle condizioni della coppia).

Gli Ermellini abbracciano le conclusioni dei giudici di prime e seconde cure, precisando che non può escludersi l'abbandono nonostante l'attaccamento del genitore dimostrato verso il figlio e la collaborazione prestata all'azione di sostegno dei servizi sociali, se però a ciò non segue il raggiungimento dell'autonomia necessaria nell'assistenza e nell'educazione al minore e risultino impossibili da formulare previsioni in ordine al tempo ragionevolmente occorrente per ristabilire un adeguato contesto familiare.

Infatti, la situazione di abbandono che legittima lo stato di adottabilità, non implica necessariamente un rifiuto intenzionale e irrevocabile di adempiere in doveri genitoriali, ma può consistere anche in una situazione di fatto obiettiva del minore che viene messo in pericolo nel suo sviluppo psicofisico, indipendentemente dagli intendimenti dei genitori, poiché manca l'assistenza materiale e morale a tal fine necessaria.

Il provvedimento non riveste alcuna connotazione sanzionatoria nei confronti dei genitori, ma è adottato nell'esclusivo interesse del minore vista l'inidoneità della famiglia naturale ad assicurarne il normale sviluppo psicofisico.

Un'evoluzione in senso positivo della situazione esistenziale della coppia ed il proposito di riparare alle precedenti mancanze da loro astrattamente manifestato, non sono sufficienti ad evitare il pregiudizio verso la prole.

Occorre, piuttosto, che il giudice proceda ad una specifica valutazione dei progetti educativi da loro formulati e del modo in cui essi itnendono realizzarli.

Data l'approfondita disamina svolta dai giudici di merito, senza trascurare alcun elemento indicato dai ricorrenti e date le risultanze di cui sopra, la Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Cass., I sez. civile, sent. 17711/2015

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