L'acquisto del biglietto, infatti, non pone a carico del gestore dell'area ludica alcun obbligo di vigilanza

di Marina Crisafi - Il genitore che porta il proprio figlio al parco giochi ha sempre il dovere di vigilare nei suoi confronti, a prescindere se l'area è a pagamento o meno: l'acquisto del biglietto d'ingresso, infatti, non fa sorgere a carico del gestore del parco un obbligo di sorveglianza sostitutivo di quello del genitore. Ad affermarlo è il Tribunale di Genova, nella recente sentenza n. 652/2015, pronunciandosi in una vicenda che ha avuto per protagonista un bambino, accompagnato dalla madre in un parco giochi a pagamento, il quale, avventuratosi autonomamente su una parete attrezzata per l'arrampicata, cadeva dalla stessa (alta circa 2 metri), riportando la frattura del femore ed essendo costretto ad un doppio intervento chirurgico.

I genitori trascinavano in giudizio il Consorzio gestore dell'area, chiedendo la condanna al risarcimento danni per le lesioni subite dal bimbo nella struttura, sostenendo la responsabilità del gestore sia sotto il profilo contrattuale (in quanto l'accesso all'area era a pagamento) sia sotto quello extracontrattuale.

Ma per il tribunale la domanda non è fondata. Deve escludersi, ha affermato infatti il giudice genovese che "l'acquisto del biglietto di ingresso all'area giochi comporti a carico del Consorzio una obbligazione di sorveglianza e tutela riguardante ciascun bambino che utilizza le varie aree ed i giochi posti a disposizione e nel momento in cui vengono utilizzati", anche perché ciò implicherebbe una vigilanza su ciascun singolo bambino risultando così posta a carico del gestore "una obbligazione del tutto squilibrata ed in alcun modo riconducibile all'obbligazione assunta con il pagamento del semplice biglietto di ingresso".

In realtà, ha spiegato il tribunale, l'acquisto del biglietto comporta il diritto all'accesso ai giochi e al loro utilizzo, ponendo a carico del gestore dell'area l'"obbligazione di porre a disposizione dei bambini accompagnati da adulti strutture ludiche pienamente funzionanti", ma non già quella ulteriore relativa alla sorveglianza "mirata" di ogni singolo bambino, che dovrebbe essere organizzata ad hoc, con l'affidamento dei bambini ad un incaricato.

Ciò non è avvenuto nel caso di specie, dove al contrario, l'organizzazione dell'area giochi era "aperta" e gestita con riferimento non al concetto di affidamento di vigilanza del bambino ma al diverso sistema di una piena partecipazione, coinvolgimento e controllo dei genitori o degli adulti che li accompagnano sulle attività ludiche.

Per cui, ha concluso il tribunale rigettando il ricorso dei genitori, "il dovere di vigilanza a carico degli adulti che accompagnano il bambino non viene meno in forza dell'obbligazione contrattuale che deriva dall'acquisto del biglietto di ingresso, con la conseguenza che il predetto dovere permane immutato e riguarda quindi, in considerazione della varia tipologia dei giochi, non solo il "come" vale a dire il modo in cui il bambino utilizza certi giochi ma anche il "se" il bambino possa essere in grado di utilizzare i singoli giochi senza correre rischi".


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