Concetti di base per il reato di cui all'art. 8 de D.lgs. 74/2000

Le fatture per operazioni inesistenti: concetti di base.

di Giovanni Tringali

 1. Premessa

Quando si parla di evasione, il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ha un posto di rilievo: la condotta delittuosa in esame, difatti, si pone all'inizio di un percorso che porterà, nella maggior parte dei casi, all'utilizzo di tali documenti falsi e quindi al concretizzarsi del reato di cui all'art. 2 - dichiarazione fraudolenta - realizzando appieno quel fine di consentire a terzi l'evasione. Sono reati legati dall'unicità del fine, nel senso che il primo (art. 8) costituisce il mezzo normale per realizzare il secondo (art. 2): normalmente accade che chi emette la fattura falsa, intestandola a un certo soggetto (il potenziale utilizzatore) si è prima accordato con l'utilizzatore stesso, ovvero ha accolto la sua istigazione.

2. La norma

D.lgs. 74/2000 - Art. 8. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

«1. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

2. Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato».

3. Bene giuridico protetto

Interesse patrimoniale dell'Erario alla corretta percezione del tributo.

4. Soggetti attivo

Chiunque emette fatture o documenti per operazioni inesistenti, anche se non obbligato alla tenuta delle scritture contabili; la fattispecie criminosa, infatti, non prevede alcuna particolare qualificazione per i soggetti agenti.

5. Elemento soggettivo

Dolo specifico, consistente nel fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, comprensiva della possibilità di consentire a terzi il conseguimento dell'indebito rimborso o il riconoscimento di un credito d'imposta inesistente.

6. Elemento oggettivo

La condotta consiste nell'emettere o rilasciare fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e, quindi, in buona sostanza nella cessione a terzi di documenti fiscali ideologicamente falsi. La realizzazione della condotta de qua necessita che la fattura o il documento escano dalla sfera di fatto e di diritto dell'emittente mediante consegna o spedizione a un terzo potenziale utilizzatore, che non abbia partecipato alla perpetrazione del falso. (si veda a tal proposito veda l'art. 9 in merito al concorso di persone) Non rileva che il fruitore della fattura

o del documento indichi i relativi elementi fittizi nella dichiarazione, avendo il legislatore ideato una figura autonoma di reato (di mero pericolo) che prescinde dall'effettiva utilizzazione del terzo del documento fiscale falso. Basta una sola fattura per integrare il reato.

 7. Oggetto materiale

La fattura o il documento emesso per operazioni inesistenti, la cui definizione è fornita dal d.lgs. 74/2000 all'articolo 1, lett. a): «per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi». Quindi ricevute, note, conti, parcelle, contratti, documenti di trasporto, note di addebito e di accredito. Ricapitolando:

a. operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte

b. documenti che indicano i corrispettivi o l'iva in misura superiore a quella reale

c. operazioni che si riferiscono a soggetti diversi da quelli effettivi

Occorre precisare che esiste:

1) l'inesistenza meramente giuridica che è quella documentata con fatture relative a prestazioni inesistenti in quanto aventi natura del tutto diversa da quella fatta apparire in fattura. (es. si fattura la riparazione di un tetto in realtà si è rifatto il pavimento).

2) l'inesistenza oggettiva che è quella documentata con fatture relative a prestazioni inesistenti in quanto mai avvenute o avvenute in parte rispetto a quella indicate in fattura.

Atteso che il legislatore ha fatto espresso riferimento solo all'inesistenza oggettiva delle operazioni, a quelle cioè, che non sono mai approdate alla consistenza di "res", che materialmente, oggettivamente, non sono esistenti, si può concludere che i casi di inesistenza meramente giuridica delle operazioni rimangono estranei alla sanzione penale.

 

D'altra parte, il reato è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, sia per l'ampiezza della norma che si riferisce genericamente ad "operazioni inesistenti", sia perché anche in tal caso è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma in esame, ovvero consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto (es. indicazione in fattura di acquirente diverso da quello effettivo).


 

8. Consumazione

All'atto dell'emissione o del rilascio della fattura o del documento per operazioni inesistenti. Benché il rilascio o l'emissione di più fatture o documenti, nell'arco del periodo d'imposta, realizza un unico delitto, si ritiene che la consumazione del reato coincida con l'emissione o il rilascio del primo documento in ordine temporale; al contrario, il termine prescrizionale decorre dall'emissione dell'ultimo documento. Si tratta a ben vedere di un reato di pericolo astratto (istantaneo) dove la "pericolosità" (anziché il danno) risiede nel fatto che non è necessario che i documenti falsi vengano utilizzati mentre "l'astrattezza" si sostanzia nella tutela anticipata del bene giuridico protetto C'è quindi una dissonanza tra la ratio dell'art. 8 e la logica degli altri reati tributari volti a punire il fatto dannoso.

9. Cumulo giuridico

Ai sensi del comma 2 dell'articolo 8, nell'ipotesi che nello stesso periodo d'imposta siano state emesse più fatture o documenti fittizi, si considera commesso un unico reato e non tanti quanti sono i documenti emessi. In altri termini, il soggetto che emette, nello stesso periodo d'imposta, una pluralità di fatture o documenti per operazioni inesistenti - non importa se a favore di uno stesso soggetto o di soggetti diversi - sarà punito per un unico episodio criminoso, trattandosi di una speciale ipotesi di cumulo giuridico. Nel caso in cui più fatture o documenti fittizi siano emessi in più periodi d'imposta, si applicherà l'art 81 c.p. comma 2[1] sul reato continuato.

10. Pena

Reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

11.  Prescrizione

Il D.lgs. n. 74 del 2000 non prevede specifici termini di prescrizione dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; la relativa disciplina, pertanto, si ricava dai principi generali di cui agli articoli 157 e seguenti del codice penale.

La nuova disciplina (modificata dall'articolo 6 della legge 251/2005) stabilisce che la prescrizione si verifica, per tutte le tipologie di reato, "decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto...", come nel caso di tutti i reati previsti dal D.lgs. 74/2000.

Si aggiunge inoltre che, per la determinazione del tempo necessario per la prescrizione, non si terrà conto di eventuali diminuzioni o aumenti di pena risultanti dall'applicazione, nel caso concreto, delle circostanze attenuanti e aggravanti. La legge 14 settembre 2011, n. 148, ha inserito con l'art. 2, comma 36-vicies bis il comma 1-bis all'art. 17 del d.lgs. 74/2000: «I termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo».Ciò significa, in ultima analisi, che i delitti in parola si prescrivono in 8 anni.

Il termine di prescrizione del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti inizia a decorrere, per l'unità del reato previsto dall'art. 8, comma secondo, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non dalla data di commissione di ciascun episodio ma dall'ultimo di essi, anche nel caso di rilascio di una pluralità di fatture nel medesimo periodo di imposta.

12.  Competenza per territorio

Il sistema delineato dall'art. 18[2] non è chiarissimo: innanzitutto fa salvo quanto previsto nel comma 2 e 3 dell'art 18 stesso. Ciò costringe a verificare, preliminarmente, se le fatture per operazioni inesistenti sono state rilasciate in luoghi rientranti in diversi circondari: in tal caso è competente il giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato. In subordine occorre fare riferimento ai criteri elencati nell'art. 8 del codice di procedura penale ed infine al giudice del luogo di accertamento del reato.

Ricapitolando:

a)  giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato (solo nel caso in cui le f.o.i. sono state rilasciate in luoghi rientranti in diversi circondari)

b)    criteri di cui all'art. 8[3] del c.p.p.

c)     giudice del luogo di accertamento del reato

Si veda infra (al punto 16 le note di giurisprudenza in merito alla connessione tra il reato di cui all'art. 8 e l'art. 2 ed il caso in cui le f.o.i. siano state emesse per più periodi d'imposta)

13.  Tentativo

L'art. 6 del d.lgs. 74/2000 prevede espressamente che i delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 non sono comunque punibili a titolo di tentativo. Pertanto, nel caso dell'art. 8 è configurabile il tentativo, purché siano stati compiuti atti idonei diretti in modo non equivoco diretti a commettere il delitto,  se l'azione non si compie o l'evento non si verifica (es. la predisposizione delle f.o.i. o il tentativo di spedirle a terzi).

14.  Procedibilità

D'ufficio.

15. Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

In linea generale, in virtù dell'articolo 110[4] c.p., tutti coloro che hanno partecipato alla commissione di un reato hanno eguale responsabilità e sono assoggettati alla medesima sanzione. In deroga al principio enunciato, l'articolo 9 del decreto in commento, da un lato, esclude il concorso dell'emittente delle fatture false nel reato di dichiarazione fraudolenta di cui all'articolo 2 e, dall'altro lato, il concorso dell'utilizzatore nel reato di emissione di cui all'art. 8. (vedi infra approfondimenti). Chi si trova a svolgere funzioni di gestione e consulenza tributaria (commercialisti, consulenti contabili, avvocati, etc.) in taluni casi può concorrere, ai sensi dell'art. 110 c.p., negli eventuali reati commessi dai clienti.

 16.  Iuris prudentia

Competenza

In tema di reati tributari, la competenza per territorio determinata dalla connessione per i reati di emissione di false fatture e di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, trattandosi in ogni caso di reati di pari gravità, per la irrilevanza ex art. 4 cod. proc. pen. della configurabilità di eventuali circostanze attenuanti, appartiene a norma dell'art. 16 cod. proc. pen. al giudice del luogo dove è stato commesso il primo reato, non potendo trovare applicazione i criteri previsti dall'art. 18 D.Lgs. n. 74 del 2000, posto che questi ultimi sono applicabili solo quando è contestato un "singolo reato tributario".

Sez. 3, Sentenza n. 37858 del 04/06/2014

 

La competenza territoriale per il reato di fatture per operazioni inesistenti, nell'ipotesi di documenti emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, si determina a norma della disposizione di cui all'art. 18, comma terzo, D.Lgs. n. 74 del 2000 - secondo la quale è competente il giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del P.M. che, per primo, ha provveduto ad iscrivere la notizia di reato - solo se le condotte sono state poste in essere nel corso del medesimo periodo di imposta, mentre, se l'emissione o il rilascio siano avvenuti nel corso di periodi di imposta diversi, trovano applicazione l'art. 8 cod. proc. pen., o, in subordine, il primo comma del predetto art. 18, per effetto del quale è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.

Sez. 3, Sentenza n. 20505 del 19/02/2014

 

Confisca per equivalente

In tema di reati tributari, la confisca per equivalente del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, astrattamente consentita dall'art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, non può essere disposta qualora dalla commissione della condotta non sia derivato un effettivo risparmio di imposta nè per l'emittente, nè per il destinatario dei documenti fittizi.

Sez. 3, Sentenza n. 48104 del 06/11/2013

 

Sequestro preventivo

In materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 D.Lgs. n. 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo.

Sez. 3, Sentenza n. 42641 del 26/09/2013

 

Concorso di persone (operazioni infragruppo)

L'art. 9 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che, in deroga alla regola generale fissata dall'art. 110 cod. pen., esclude la rilevanza penale del concorso dell'utilizzatore nelle condotte del diverso soggetto emittente, non trova applicazione in relazione alle operazioni "infragruppo" nei confronti di soggetto (nella specie, socio di riferimento del gruppo societario) che può nei fatti condizionare la gestione e le soluzioni contabili sia delle società che emettono le fatture per operazioni inesistenti, sia delle società che procedono alla loro successiva utilizzazione.

Sez. 5, Sentenza n. 36859 del 16/01/2013

 

False comunicazioni sociali (reati societari e reati tributari)

La fattispecie di false comunicazioni sociali di cui agli artt. 2621 e 2622 cod. civ. individua le condotte penalmente rilevanti sia nell'esposizione dei fatti materiali che non rispondono ad una concreta o veritiera realtà sia nell'omissione di dati o di informazioni la cui comunicazione è prevista da disposizioni normative e tende a tutelare la veridicità, la chiarezza e la completezza delle informazioni relative all'esercizio dell'attività, in linea con la funzione attribuita al bilancio dai principi ispiratori della sua disciplina. (Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabili i gravi indizi di reato in relazione all'annotazione in bilancio, sotto voci non corrispondenti alla reale natura delle operazioni, di flussi in entrata di ingenti somme di denaro riconducibili all'emissione di fatture per operazioni inesistenti e a comportamenti finalizzati all'evasione fiscale).

Sez. 2, Sentenza n. 3397 del 16/11/2012

 

Approfondimenti

 

Concorso di persone

Un approfondimento lo merita l'art. 9[5] che si occupa del concorso di persone: si tratta della deroga all'art. 110 c.p. e quindi di verificare i limiti di tale deroga. L'art. 110 dispone che: «Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita», Ciò che conta è il contributo di ciascun compartecipe alla realizzazione del fatto: ciascun concorrente affinché sia assoggettato alla pena prevista per il reato concorsuale deve aver apportato un contributo causale alla realizzazione materiale del fatto. Contributo che non può limitarsi all'adesione psicologica ma deve estrinsecarsi in una condotta materiale esteriore. Si distingue tra:

a) concorso materiale, occorre che il correo intervenga personalmente nella serie di atti che danno vita all'elemento materiale del reato (es. Ciro fornisce la fattura falsa per far evadere le imposte a Pasquale)

b) concorso morale, occorre un'adesione che esprima da parte del concorrente morale una volontà criminosa uguale a quella dell'autore materiale ed, altresì, che quest'ultimo dall'adesione del primo tragga uno stimolo alla sua azione o un maggiore senso di sicurezza nella propria condotta (es. Pasquale istiga Ciro ad emettere delle fatture false al fine di avvalersene e quindi evadere le imposte).

Ipotizziamo 5 casi:

1) Pasquale commissiona a Ciro, ovvero istiga o si accorda con Ciro, affinché Ciro emetta la falsa fattura (al fine di consentirgli di evadere); all'atto dell'emissione interviene la Guardia di Finanza e sequestra la fattura.

2)  Idem, ma la Guardia di Finanza interviene dopo che Pasquale si è avvalso della fattura annotandola nelle proprie scritture contabili.

3) Idem, ma la Guardia di Finanza interviene dopo che Tizio ha presentato la dichiarazione fraudolenta in cui espone elementi passivi fittizi sulla scorta della falsa fattura.

4) Pasquale crea delle fatture (passive) false e poi se ne avvale registrandole nella contabilità o detenendole a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria; successivamente indica in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi.

5)   Pasquale, in qualità di rappresentante legale della società "Fatturfals", emette f.o.i. nei confronti della società "Dichiarafraudol"in cui risulta, parimenti, rappresentante legale e tale ultima società commette il reato di cui all'art. 2 presentando una dichiarazione fraudolenta utilizzando le suddette fatture false. 

 A ben vedere solo nel terzo caso siamo in presenza di due distinti reati (art. 8 ed art. 2). Pacifico quindi l'operatività dell'art. 9 che esclude il concorso incrociato tra emittente ed utilizzatore.

Diverso è nel secondo e nel terzo caso in cui l'utilizzatore non fa in tempo a presentare la dichiarazione avvalendosi delle f.o.i.. Come è facile immaginare, nella normalità avviene un accordo tra chi emette le fatture e chi poi le utilizza; qualora l'utilizzatore non abbia presentato la dichiarazione concorre moralmente (istigando l'emettitore) ovvero materialmente (aiutando l'emittente a predisporre le f.o.i.), non operando la deroga prevista dall'art. 9.

Nel quarto e quinto caso il problema del concorso di persone non si pone visto che il soggetto è il medesimo sia per l'emissione che per l'utilizzazione delle f.o.i.. Qui, a ben vedere, egli consente l'evasione a se stesso. Schematizzando, la giurisprudenza, in merito all'applicazione dell'art. 9, si è orientata in questo senso:

a.   soggetti diversi: non è possibile il concorso grazie all'art. 9 del d.lgs. tra chi emette e chi utilizza.  

b.      medesimo soggetto: se emette e poi utilizza le foi risponderà di entrambi i reati (art. 8 ed art. 2), nonostante l'art. 8 richieda espressamente che il reato sia realizzato al fine di consentire a terzi l'evasione.

La falsità necessaria per il perfezionamento della fattispecie sanzionata dall'art. 2, può essere sia ideologica che materiale.

 Imposta evasa

L'art. 1 comma 1 lettera f) del D.lgs. 74/2000 recita: «per "imposta evasa" si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine».

Operazioni inesistenti

Fiscalmente sono disciplinate nell'art. 21, settimo comma del D.p.r. n. 633/1972, in base al quale "Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relativi sono indicati in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura".

Il fatto che l'imposta sia dovuta in quanto indicata in fattura, nonostante l'inesistenza dell'operazione sottostante, è espressione del principio di documentazione che ispira il sistema dell'IVA: tutto, si impernia sull'emissione e registrazione di tale documento.

L'iva dovuta scaturente da f.o.i. e non versata potrebbe configurarsi quale profitto diretto del reato ex art. 10-ter[6], sempreché venga superato il limite di 50.000 € per periodo d'imposta. Possono verificarsi due casi:

1)      il soggetto emettitore delle f.o.i. riceve il pagamento della fattura falsa (imponibile e iva) . In questo caso non solo l'imposta è dovuta ai fini fiscali ma siccome tale imposta va liquidata ed indicata nella dichiarazione iva, il suo mancato versamento potrebbe costituire profitto diretto del reato di cui all'art. 10-ter.

2)      il soggetto emettitore della f.o.i. non riceve il pagamento della fattura falsa ma solo un prezzo (diciamo per il disturbo e per le possibili conseguenze penali) per tale reato. In questo caso, l'imposta è sempre dovuta ai fini fiscali ma non c'è un profitto del reato (semmai si potrà sequestrare il prezzo del reato in qualità di corpo del reato stesso ex art 253).

Corpo del reato

Secondo la definizione che ne dà l'art. 253 c.p.p. sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo.Nel caso di specie, le fatture o gli altri documenti per operazioni inesistenti sono le cose mediante le quali il reato è stato commesso.

Cose pertinenti al reato

L'espressione "cose pertinenti al reato", cui fa riferimento l'art. 321 cod. proc. pen., è più ampia di quella di corpo di reato, così come definita dall'art. 253 cod. proc. pen., e comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa.

Prezzo del reato

Coincide con quanto promesso ad un soggetto affinché realizzi un reato. Nel caso di specie la somma di denaro promessa ed elargita all'emittente da parte dell'utilizzatore.

Prodotto del reato

Coincide con quanto derivato dal compimento dell'illecito, ossia le cose create o trasformate mediante il reato.

Profitto del reato

Consiste nei guadagni, non esclusivamente patrimoniali, conseguenti al compimento del reato (ad es. il provento della vendita di un bene precedentemente rubato).

In materia di reati tributari è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può dunque consistere anche in un risparmio di spesa come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario.

Provento del reato

Ha carattere omnicomprensivo, tendente a indicare tutto ciò che deriva dalla commissione del reato e, pertanto, inclusivo del prodotto, del prezzo e del profitto del reato.

 

Note di giurisprudenza sui concetti sopra richiamati

 

In tema di confisca, il profitto del reato è costituito dal vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dalla commissione dell'illecito e si contrappone al "prodotto" e al "prezzo" del reato; il prodotto, invece, rappresenta il risultato empirico, cioè le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato.

Sez. F, Sentenza n. 44315 del 12/09/2013

 

In tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato.

Sez. U, Sentenza n. 9149 del 03/07/1996

 

In tema di confisca, il "prezzo" del reato, oggetto di confisca obbligatoria ai sensi del secondo comma dell'art. 240 cod. pen., concerne le cose date o promesse per indurre l'agente a commettere il reato, mentre il "provento" dello stesso è invece riconducibile alla previsione normativa della confisca delle cose che siano "il prodotto o il profitto del reato", contenuta nel primo comma del suddetto art. 240.

Sez. U, Sentenza n. 1811 del 15/12/1992

 

In tema di misure cautelari reali, il sequestro del corpo del reato (che mira a sottrarre all'indagato la disponibilità delle cose sulle quali, o mediante le quali, il reato è stato commesso, nonché di quelle che ne costituiscono il prodotto, il profitto od il prezzo), è obbligatorio, e si distingue dal sequestro delle cose pertinenti al reato, che è invece posto a tutela delle esigenze probatorie, ed è facoltativo.

Sez. 2, Sentenza n. 31950 del 03/07/2013

 

In tema di sequestro probatorio, il corpo del reato è costituito dalle cose che sono in rapporto diretto ed immediato con l'azione delittuosa, mentre tra le cose pertinenti al reato rientrano tutte quelle che sono in rapporto indiretto con la fattispecie criminosa concreta e risultano strumentali all'accertamento dei fatti, ovvero quelle necessarie alla dimostrazione del reato e delle sue modalità di preparazione ed esecuzione, alla conservazione delle tracce, all'identificazione del colpevole, all'accertamento del movente ed alla determinazione dell'"ante factum" e del "post factum" comunque ricollegabili al reato, pur se esterni all'"iter criminis", purché funzionali all'accertamento del fatto ed all'individuazione dell'autore.

Sez. 4, Sentenza n. 2622 del 17/11/2010

 Conclusioni

 Trapelano notizie circa la prossima delega fiscale in merito alla riforma del fisco che tenderebbe ad eliminare il reato penale in caso di fatture false sotto i mille euro: sotto questa soglia viene stabilita la non punibilità (anche retroattiva) per il reato di frode fiscale attraverso l'uso ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, pratica che sarà punita con una semplice sanzione amministrativa. Sembra che tale norma avrà effetto anche sulle violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del decreto delegato a patto che non sia già stato già notificato un atto impositivo. Viene depenalizzato il reato di omesso versamento IVA oltre la soglia dei 50mila euro.

Che dire, quando si parla di fisco e di evasione fiscale bisogna avere una prospettiva ampia, non foss'altro per la considerazione banale che siamo un popolo di evasori da decenni e forse occorre una strategia completamente diversa, nuova e che sia veramente efficace nel lungo periodo, capace di modificare un malcostume, passatemi il termine, atavico.  

 

A Martina



[1] C.P. - Art. 81. Concorso formale. Reato continuato

1. È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

2. Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

[2] D.lgs. 74/2000 - Art. 18. Competenza per territorio

1. Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, se la competenza per territorio per i delitti previsti dal presente decreto non può essere determinata a norma dell'articolo 8 del codice di procedura penale, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.

2. Per i delitti previsti dal capo I del titolo II il reato si considera consumato nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale. Se il domicilio fiscale è all'estero è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.

3. Nel caso previsto dal comma 2 dell'articolo 8, se le fatture o gli altri documenti per operazioni inesistenti sono stati emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, è competente il giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335 del codice di procedura penale.

 [3] C.P.P. - Art. 8. Regole generali

1. La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato.

2. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione.

3. Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone.

4. Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.

 [4] C.P. - Art. 110. Pena per coloro che concorrono nel reato

Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.

 [5] D.lgs. 74/2000 - Art. 9. Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

1. In deroga all'articolo 110 del codice penale:

a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 2;

b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8.

[6] D.lgs. 74/2000 - Art. 10-ter (Omesso versamento di IVA)

1. La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo.


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