Di Laura Tirloni - Edipo lo conosciamo, è colui che ha ucciso il padre per sposarsi con la madre. Conosciamo anche Narciso: si amava così tanto che tentando di baciare la sua immagine riflessa nell'acqua, morì affogato. E Telemaco? Chi era questo eroe mitologico greco che di recente è finito su tutte le pagine dei giornali, dopo essere stato citato da Matteo Renzi nel suo discorso di insediamento al Parlamento europeo? Durante la seduta plenaria a Strasburgo, il Presidente del Consiglio affermava: "Qui non c'è un'Italia che chiede scorciatoie, ma un'Italia che con coraggio e orgoglio chiede di fare la propria parte. E c'è anche una generazione nuova. Una generazione Telemaco". E poi: "Ulisse è un personaggio che affascina e emoziona, ma nessuno parla di Telemaco, che ha un ruolo più difficile. La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco, ha il dovere di meritare l'eredità". Aggiungendo che: "mai come in questo momento, c'è bisogno di un'Italia che non viene in Europa a chiedere, ma a portare il peso di una storia straordinaria e di un futuro che, io credo, sarà all'altezza del nostro passato".
In questa occasione, il premier ha preso in prestito quest'eroe dell'Odissea omerica per farne un simbolo della sua generazione: Telemaco, figlio di Ulisse, non attende che il padre torni ad Itaca, ma parte alla sua ricerca. Non resta passivo, ma si distacca dalla madre Penelope, con cui è cresciuto, e sceglie di affrontare pericoli estremi, spinto dal desiderio del padre. Diversamente dal mito di Edipo, non vive nell'antagonismo mortale nei confronti della figura paterna, ma è un figlio giusto, capace di riconoscere il debito verso chi è venuto prima di lui, di riscoprirne valori e gesti e di farli propri.
Eccola la Generazione Telemaco di cui parla Renzi: quella dei giovani che non entrano in conflitto edipico o narcisistico con il padre, ma che in questa figura, oggi sempre più evaporata, riconoscono una parte di se stessi, le loro radici e ne sanno accogliere la testimonianza. E ancora, Telemaco "ha il dovere di meritarla" questa eredità, perciò parte alla ricerca di Ulisse, e al suo rientro a Itaca, sa che contro i Proci (i pretendenti della madre) l'unica strada realmente vincente sarà quella di riaffermare le leggi, alleandosi con il padre che nel frattempo ha fatto ritorno. Questo padre che incarna una figura maschile dotata di una mente così brillante che non può fermarsi, neppure davanti a un Regno e a una bella famiglia. L'uomo che non accetta confini, che parte, che conosce il mondo ma che per questo perde la bellezza giovanile di sua moglie e le parole di suo figlio. E' il prezzo che paga l'intelletto per crescere. Penelope, d'altro canto, è moglie e regina, colei che tesse la tela in attesa del ritorno di Ulisse. Ma è anche colei che cresce il figlio da sola, che ne mantiene vivo il ricordo del padre e che governa in assenza del marito; che tiene assieme tutto. Ferma ad Itaca, fa circolare sentimenti, accoglienza, amore, empatia.
La generazione Telemaco può incarnare quella dei nostri figli, dei giovani che vogliono andare per la loro strada, ma che, al tempo stesso, vogliono incontrare i loro genitori, vogliono dare valore a ciò che viene trasmesso da una generazione all'altra. Dopotutto, come scrive lo psicanalista junghiano Massimo Recalcati: "l'eredità non è un'acquisizione passiva di rendite, di beni", e neppure di un modello vincente di perfezione, ma è il poter riconoscere una parte di sé nell'altro e farla propria. E forse in ognuno di noi c'è un po' di Telemaco, basta solo cercarlo.