La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13335 del 12 giugno 2014, ha affermato che "una volta appurato che lo scopo della clausola di durata minima è quello di soddisfare l'interesse della datrice di lavoratore ad assicurarsi la collaborazione del dirigente e di garantire a quest'ultimo la continuità della prestazione lavorativa attraverso la preventiva rinuncia della parte datoriale a recedere unilateralmente dal rapporto di lavoro, il limite a tale rinuncia non può che essere identificato nella sussistenza di una giusta causa di recesso, cioè di una ragione che comporti il venir meno del vincolo fiduciario.".

La Suprema Corte, respingendo il ricorso di una società di pubblicità che aveva mandato via il proprio direttore generale, ha sottolineato la correttezza logico-giuridica dell'interpretazione fornita dalla Corte d'Appello; "diversamente il limite verrebbe ad identificarsi con qualunque ipotesi imputabile al dirigente a prescindere dall'esistenza di una giusta causa di recesso legittimante la deroga alla garanzia della stabilità minima del rapporto prevista dal contratto, la qualcosa vanificherebbe, da un lato, le predette finalità di garanzia perseguite con la clausola in esame e, dall'altra, rischierebbe di avallare il ricorso ad una sorta di responsabilità oggettiva al di fuori delle ipotesi espressamente previsti dalla legge.".


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