di Marco Massavelli - Le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, non effettuate nell'ambito del procedimento penale, vanno incluse nella categoria dei "documenti" di cui all'art. 234, codice procedura penale, e le medesime videoregistrazioni eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d'iniziativa, vanno invece incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall'art. 189, codice procedura penale. E' il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Penale, con la sentenza 22 novembre 2013 n. 46758.

Il caso trattato dalla Suprema Corte di Cassazione riguarda la valenza da attribuire alle riprese video, ai fini dell'accertamento di un reato: trattandosi di attivita' investigativa non ripetibile possono essere allegate al verbale e inserite nel fascicolo del dibattimento: nello specifico, le videoregistrazioni erano relative ai movimenti in entrata ed in uscita da una abitazione dalle cui sequenze gli inquirenti avevano riconosciuto nell'imputato l'autore del fatto di reato, consistente in un furto. L'articolo 234, codice procedura penale, infatti, tra le "prove documentali" ricomprende qualsiasi documento che rappresenti fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo: e' quindi evidente come le riprese con telecamera rientrino nella "cinematografia", e possano ritenersi, senza alcun dubbio, "prova documentale" ai fini processuali.

Inoltre, considerato che, a norma dell'articolo 187, codice procedura penale, sono oggetto di prova nel giudizio i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena, ai fini dell'ammissione delle fonti di prova nel procedimenti penale, l'articolo 189, codice procedura penale, statuisce che quando si tratta di una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il giudice provvede all'ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova: se la prova non è stata assunta secondo modalità illegittime, che la rendono processualmente inutilizzabile, nulla osta affinchè il giudice, nel rispetto di quanto previsto dal citato articolo 189, codice procedura penale, assuma nel procedimento la suddetta prova atipica.

Premesso che le videoregistrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria, in fase di attività di indagine, sono prove non disciplinate dalla legge, e quindi rientranti nel disposto dell'articolo 189, codice procedura penale, è ovvio che una videoregistrazione effettuata dalla polizia giudiziaria, anche di iniziativa, durante l'attività di indagine, da considerarsi c.d. "prova atipica", che consenta di individuare, senza alcun dubbio, l'autore del reato, deve considerarsi idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti, e quindi deve essere assunta nel processo. La Suprema Corte di Cassazione precisa, inoltre, sulla scorta di giurisprudenza ormai consolidata (cfr. Cass. Sez. I, Sentenza n. 4422 del 18/12/2008, dep. 02/02/2009, Rv. 242793) che "sono legittime e pertanto utilizzabili senza che necessiti l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, le videoriprese dell'ingresso e del piazzale di un'impresa eseguite a mezzo di impianti installati dalla polizia giudiziaria sulla pubblica via, non configurandosi, in tal caso, alcuna indebita intrusione nell'altrui domicilio".

Per cui, in conclusione si ritiene che le videoregistrazioni relative ai movimenti in entrata ed in uscita da una abitazione, luogo del commesso reato, dalle cui sequenze gli inquirenti avevano riconosciuto nell' imputato l'autore del furto, costituiscono prova atipica, disciplinata dall'articolo 189, codice procedura penale, e la videoregistrazione e la susseguente visione delle immagini, da parte della polizia giudiziaria, non richiede alcuna preventiva autorizzazione del magistrato.


Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: