Il caso risolto dalla terza sezione della Corte di Cassazione con la sentenza 3299 del 12 febbraio 2013 è abbastanza complesso in quanto riguarda la contestazione di ben due decreti ingiuntivi.

In particolare il ricorrente aveva ricevuto un primo decreto ingiuntivo a cui aveva fatto opposizione ritenendo che il debito fosse stato riconteggiato e pagato con un successivo buono e la dicitura "annullato" apposta sul decreto con sottoscrizione del legale rappresentante della ditta creditrice, ne era prova.

In seguito riceve un secondo decreto ingiuntivo a cui propone nuovamente opposizione, quest'ultimo dichiarato immediatamente esecutivo e quindi regolarmente pagato. Il ricorrente riteneva che il secondo decreto fosse una duplicazione del primo e quindi proponeva a sua volta opposizione perché il debito sarebbe inesistente visto l'annullamento del primo decreto.

La parte opposta o creditrice affermava invece che i due crediti erano distinti, avevano ad oggetto prestazioni diverse e inoltre la dicitura "annullato" fosse un falso del debitore stesso. I due ricorsi vengono riuniti in un unico processo tra le parti. I giudici di primo e secondo grado hanno sposato la tesi del creditore e condannato il debitore al pagamento di entrambi i crediti. Affermava però il giudice che non sussisteva falsità ideologica perché le firme erano riferibili ai soggetti che l'avevano apposte e solo la dicitura "annullato" era stata aggiunta, restava inoltre indimostrata ed indimostrabile la rappresentanza del geometra G.P. nei confronti della parte creditrice.

L'opponente quindi propone ricorso in Cassazione. In tale sede il ricorrente contesta, oltre alla motivazione, il disconoscimento della legale rappresentanza perché eccepita tardivamente dalla parte opposta. Il creditore infatti non aveva contestato tale difetto nell'udienza di comparizione e neanche nei successivi atti difensivi, ma solo successivamente a trattazione già avviata, ma comunque in primo grado. Tale comportamento secondo il ricorrente aveva generato la convinzione, anche nel giudice, dell'esistenza del potere di rappresentanza.

Statuisce la Corte che la questione è infondata perché la parte creditrice intendeva contestare non semplicemente la sottoscrizione e quindi i poteri di rappresentanza, ma l'intera dicitura apposta restando inizialmente indifferente alla questione. Inoltre l'opponente nel momento in cui la parte opposta contestò la rappresentanza piuttosto che eccepire la tardività di tale eccezione, accettò con fatti concludenti tale difesa cercando di provare la sussistenza della rappresentanza legale disconosciuta anche con la prova testimoniale. A maggiore conferma dell'accettazione della contestazione vi è il fatto che neanche nel gravame proposto in secondo grado l'opponente ne eccepì la tardività.

Di conseguenza la Corte afferma che non è ammissibile il ricorso sulla contestazione della rappresentanza sia perché la parte ha accettato il contraddittorio su tale punto, sia perché la questione non poteva essere portata per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.
La massima
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