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Cassazione: sales & lease back nullo se viola patto commissorio

I chiarimenti della Cassazione sulla nullità del contratto di sales & lease back ove venga violato il divieto del patto commissorio


di Redazione – Il contratto di sales & lease back è nullo se viene violato il divieto di patto commissorio. Così ha sancito la Cassazione, nella recente sentenza n. 16646/2017 (sotto allegata), pronunciandosi su una vicenda in cui la Corte d'Appello di Brescia, riformando la decisione dei giudici di prime cure aveva dichiarato la nullità di un contratto di compravendita stipulato tra una società di leasing e un'altra sottoposta poi a procedura fallimentare, per violazione del divieto del patto commissorio ex art. 2744 c.c.

La vicenda

Avverso la decisione di merito, la società proponeva ricorso per Cassazione, dolendosi tra l'altro di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine agli "elementi patologici sintomatici dell'illiceità del sale and lease back".

Per la Cassazione, il ricorso è da rigettare e la decisione di merito, avendo fatto "analitica e puntuale disamina dei presupposti legittimanti il contratto di sale and lease back ovvero deponenti per la violazione del patto commissorio ex articolo 2744 c.c." è conforme all'orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 5583/2011).

Lo scopo del contratto di sale & lease back

Il contratto di sale & lease back, "con il quale una impresa commerciale o industriale vende un bene immobile di sua proprietà ad un imprenditore finanziario che ne paga il corrispettivo, diventandone proprietario, e contestualmente lo cede in locazione finanziaria (leasing) alla stessa venditrice, che versa periodicamente dei canoni di leasing per una certa durata, con facoltà di riacquistare la proprietà del bene venduto, corrispondendo al termine di durata del contratto il prezzo stabilito per il riscatto – premettono anzitutto da piazza Cavour - ha scopo di leasing e non di garanzia in quanto nella configurazione socialmente tipica del rapporto costituisce solo il presupposto necessario della locazione finanziaria, inserendosi nell'operazione economica secondo la funzione specifica di questa, che è quella di procurare all'imprenditore, nel quadro di un determinato disegno economico di potenziamento dei fattori produttivi, liquidità immediata mediante l'alienazione di un suo bene strumentale, al medesimo conservandone l'uso con facoltà di riacquistarne, al termine del rapporto, la proprietà".

Per cui di per sè, siffatta vendita e il complesso rapporto atipico nel quale si inserisce, è lecita e da non considerare in frode al divieto del patto commissorio.

La violazione del divieto di patto commissorio

Deve rinvenirsi la violazione del divieto di patto commissorio, "ogniqualvolta lo scopo di garanzia costituisca non già mero motivo del contratto ma assurga a causa concreta della vendita con patto di riscatto o di retrovendita (v. tra le altre, Cass., SS.UU., n. 26973/2008), a meno che in base a dati sintomatici ed obiettivi quali la presenza di una situazione credito-debitoria preesistente o contestuale alla vendita o la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto, non risulti che nel quadro del rapporto diretto ad assicurare una liquidità all'impresa alienante, l'alienazione risulti strumentalmente piegata al rafforzamento della posizione del creditore-finanziatore, che in tal modo tenta di acquisire l'eccedenza del valore, abusando della debolezza del debitore".

Contratto di sale&lease back in violazione del divieto di patto commissorio

Quanto al negozio di sale&lease back deve ritenersi, ragionano dunque gli Ermellini, violata "la ratio del divieto del patto commissorio, al pari di qualunque altra fattispecie di collegamento negoziale, ove allo scopo di garantire al creditore l'adempimento dell'obbligazione, il debitore trasferisca a garanzia del creditore stesso un proprio bene riservandosi la possibilità di riacquistarne il diritto dominicale all'esito dell'adempimento dell'obbligazione senza peraltro, prevedere alcuna facoltà, in caso di inadempimento, di recuperare l'eventuale eccedenza di valore del bene rispetto all'ammontare del credito, con un adattamento funzionale dello scopo di garanzia del tutto incompatibile con la struttura e la ratio del contratto di compravendita".

L'operazione contrattuale può definirsi, cioè, fraudolenta, laddove si accerti, la compresenza delle seguenti circostanze: "a) la presenza (preesistente o contestuale) di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice; b) una situazione di difficoltà economica del venditore legittimante il sospetto di relativo approfittamento; c) la sproporzione tra valore del bene alienato ed entità del prezzo versato, in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto".

Ne consegue che, una volta precisato che tale contratto è lecito se diretto a finanziare l'impresa mentre è nullo – per illiceità della causa – se la sua funzione è invece di garantire maggiormente con la proprietà dei beni la società mutuante, la corte di merito ha proceduto nella sua decisione alla verifica della sussistenza dei suindicati indici rivelatori del patto vietato nel caso concreto. E nel ravvisarli, è correttamente pervenuta a concludere che nella fattispecie, "la pattuizione deve ritenersi – volta - ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto del patto commissorio previsto dall'art. 2744 c.c., e pertanto sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ai sensi dell'art. 1344 c.c., in relazione all'art. 1418 c.c., comma 2".

Data: 11/11/2017 18:00:00
Autore: Redazione