Il ricorrente deve poter dimostrare la correlazione tra la malattia sofferta e le condizioni di lavoro

Avv. Francesco Pandolfi

 

Se in una causa per mobbing il ricorrente chiede di provare la correlazione tra la malattia sofferta e le condizioni di lavoro attraverso l'ammissione di una consulenza tecnica, o quanto meno la considerazione di quella espletata in un parallelo giudizio o anche i documenti di natura medica provenienti da enti pubblici sulla natura professionale di tale malattia (come un verbale INAIL), l'eventuale immotivato rifiuto del Giudice ad ammettere una consulenza tecnica d'ufficio è una grave violazione al diritto di difesa ed è valido motivo di ricorso per Cassazione. Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione (sentenza n. 4172 del 02.03.2015) che ha così "bocciato" una sentenza della Corte d'Appello di Ancona che aveva respinto le richieste di un lavoratore ritenendo inutile l'espletamento di una CTU.

 

Nel caso esaminato dalla Corte, vi erano documenti dai quali emergeva che il sovraffaticamento cronico del ricorrente aveva causato un grave stress e una nuova consulenza avrebbe dimostrato, sulla base di un accertamento tecnico- specialistico, il nesso di causalita' invece escluso dalla Corte di appello.

  

Inizialmente il ricorrente aveva convenuto in giudizio un Comune, chiedendo la condanna di questo al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (danno biologico, morale ed esistenziale) sofferti in conseguenza della dequalificazione professionale subita e di un vero e proprio mobbing subito con violazione degli articoli 32 e 41 Cost. e dell'articolo 2087 c.c.; chiedeva anche la condanna del convenuto alla corresponsione dell'indennita' di posizione sia per le funzioni svolte di vice - segretario comunale sia per quelle di direzione ad interim di servizi aggiuntivi poi confluiti nel nuovo settore che si era costituito nel Comune.

 

Il danneggiato ricostruiva i vari incarichi ricevuti (direttore settore servizi demografici e sociali, direzione del settore primo, segreteria personale, cultura e tempo libero, poi responsabile del nuovo sportello unico per le attivita' produttive ed ancora direzione della polizia municipale) e lamentava di aver subito gravi danni fisici da stress ed atti di mortificazione della professionalita'; allegava ancora che il Sindaco ed un assessore avevano tenuto nei suoi confronti atteggiamenti arroganti e provocatori che gli aveva reso impossibile svolgere adeguatamente le funzioni conferitegli nel tempo.

 

Dopo un primo parziale accoglimento delle domande da parte del Tribunale, la Corte di appello le respingeva integralmente, osservando che la prova espletata aveva escluso azioni ritorsive e di mobbing ai danni dell'appellante.

In particolare non si riteneva dimostrato il nesso tra la patologia sofferta (disturbo post- traumatico da stress cronico e severo) e le condizioni di lavoro del ricorrente e pertanto non ricorrevano i presupposti per lo svolgimento della chiesta CTU, ne poteva aiutare la CTU svolta in una parallela controversia in quanto non era stata data la prova generica richiesta nel presente processo delle condizioni stressanti di lavoro.

 

In Cassazione, con il sesto motivo la difesa allegava, in relazione alla prova del nesso causale, la violazione dell'articolo 116 c.p.c. e vizio di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 2087 c.c. e violazione dell'art. 24 Cost.

 

Come accennato, il ricorrente aveva chiesto di provare il nesso tra la malattia sofferta e le condizioni di lavoro attraverso l'ammissione di una consulenza tecnica o quanto meno la considerazione di quella espletata in un parallelo giudizio. Un motivo che ha convinto i giudici di Piazza Cavour.

 

Sul punto della mancata ammissione di una consulenza tecnica ed anche sulla mancata valutazione di una consulenza tecnica disposta in un parallelo processo ed anche di alcuni atti di natura medico-legale la motivazione della decisione impugnata e' stata certamente insufficiente in quanto si è limitata ad escludere la rilevanza di tali ultimi documenti e la inutilita' di una CTU sulla base della "carenza di prova di condizioni di lavoro stressanti".

In tal senso: per escludere una violazione dell'articolo 2087 c.c. non era sufficiente accertare, come e' stato fatto, l'assenza di dequalificazione, ma anche che in concreto il carico di lavoro non era stato eccessivo ed abnorme (non bastando l'accertamento dedotto per cui l'intero Comune e tutti i suoi servizi erano affetti da problemi di organico e che i ritmi di lavoro erano ovunque omogenei).

 

Pertanto la motivazione è apparsa viziata in quanto:

 

1) non è stato adeguatamente motivato il rifiuto di una CTU,

2) è mancata la valutazione di quanto emerso nei documenti provenienti da enti pubblici,

3) è mancata la valutazione di una consulenza medica gia' espletata, sia pure in un diverso procedimento.

 

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Cassazione Civile, testo sentenza 4172/2015
Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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