I malati di Alzheimer non devono versare alcuna retta ai Comuni per il ricovero in strutture per lungodegenti. Secondo la Cassazione, (sentenza 4558, depositata lo scorso 22 marzo), si tratta di importi che vanno a totale carico del Servizio sanitario nazionale dato che il tipo di patologia non consente di fare distinzione tra spese per la cura e spese per l'assistenza. La Corte ha così respinto il ricorso di un comune che forniva assistenza a pagamento precisando che "la pretesa scindibilità delle prestazioni di natura sanitaria effettuate nei confronti del paziente ricoverato presso l'Istituto pubblico di assistenza e beneficenza, da quelle di natura meramente assistenziale pure erogate al degente, poste a carico del Comune e virtualmente recuperabili mediante azioni di rivalsa, si fonda su di un'erronea interpretazione dell'articolo 30 della legge 730/83, alla luce dell'articolo 6, ultima comma, del Dpcm 8 agosto 1985, dovendosi privilegiare l'interpretazione che tiene conto del nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione
come ambito inviolabile della dignità umana, alla luce del principio affermato dalla legge di riforma sanitaria, che prevede l'erogazione gratuita delle prestazioni a tutti cittadini, da parte del servizio sanitario nazionale, entro i livelli di assistenza uniformi definiti con il piano sanitario nazionale, circostanza di per sé ostativa a qualsiasi azione di rivalsa: ne consegue che nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del servizio sanitario nazionale". La sentenza
degli Ermellini della prima sezione civile è l'esito del ricorso dei familiari di un malato di Alzheimer che si erano rivolti al tribunale, chiedendo la restituzione di quanto versato ad un comune della Regione Veneto per il ricovero del loro congiunto. In primo grado la domanda dei familiari veniva rigettata e veniva accolta la domanda di rivalsa del Comune. La Corte di merito aveva spiegato che le prestazioni eseguite nei confronti del paziente avevano carattere sia assistenziale che sanitario e che, in relazione al secondo aspetto, esse gravavano sul Comune sono in caso di indigenza della persona assistita. La Corte di appello di Venezia però accoglieva l'appello proposto da familiari del malato, ritenendo fondata la domanda di ripetizione degli stessi avanzata e immeritevole di accoglimenti la riconvenzionale proposta dal comune. La Corte di appello spiegava infatti che "veniva in evidenza, alla stregua delle norme contenute nell'art. 30 della l. n. 730 del 1983 e del DPCM 8 agosto 1985, la natura di carattere sanitario delle prestazioni eseguite nei confronti della paziente, gravemente affetta dal morbo di Alzheimer e sottoposta a terapie continue, a fronte delle quali le prestazioni di natura non sanitaria assumevano un carattere marginale e accessorio". Su ricorso del Comune, la Cassazione respingendo le pretese dell'amministrazione, confermava la decisione di secondo grado.
Consulta testo sentenza n. 4558/2012

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