Per la Cassazione, non vi è reviviscenza dell'obbligo una volta che il figlio maggiorenne ha raggiunto l'indipendenza economica

di Marina Crisafi - Può dire addio all'assegno la figlia che rinuncia al posto fisso, essendo, poi, costretta ad "accontentarsi" di un contratto a termine. Lo ha stabilito la Cassazione (ordinanza n. 6509/2017 depositata ieri, qui sotto allegata), dando ragione ad un padre che chiedeva la revoca dell'obbligo del mantenimento mensile nei confronti della figlia maggiorenne.

Per giudici di merito, la figlia non solo era di età da escludere di per sé ogni ipotesi di mantenimento, ma risultava, inoltre, sulla base delle dichiarazioni rese dalla madre, avesse "lasciato il lavoro, da ritenersi a tempo indeterminato, per lavorare come magazziniera a tempo determinato".

A nulla valgono le lamentele della ragazza, tra l'altro, su presunti problemi psichici che, comunque essendo "irrilevanti ai fini del mantenimento" in ogni caso non erano stati dimostrati.

Per la sesta sezione civile, ha ragione la corte di merito, che, "dopo avere considerato l'età in sé della figlia" ha argomentato in ogni caso rilevando che la stessa aveva "lasciato il precedente lavoro a tempo indeterminato, per trovare poi un'occupazione a tempo determinato". Da cui "l'applicazione del principio secondo cui, una volta raggiunta la capacità lavorativa, e quindi l'indipendenza economica, la successiva perdita dell'occupazione non comporta la reviviscenza dell'obbligo del genitore al mantenimento". Il ricorso è respinto.

Cassazione, ordinanza n. 6509/2017

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