Il Tribunale di Nuoro ricorda che l'infedeltà non dà luogo all'addebito solo se il coniuge dimostra che non c'è alcun nesso con la crisi coniugale

di Marina Crisafi - L'infedeltà del coniuge è una violazione particolarmente grave che, determinando di regola l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, è circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile. Così ha stabilito il tribunale di Nuoro, con la recente sentenza n. 552/2015 (qui sotto allegata), accogliendo la domanda di addebito formulata dalla moglie nei confronti del marito fedifrago.

A tale regola, ha infatti affermato il tribunale sulla scorta della giurisprudenza della Cassazione in materia (cfr. Cass. n. 25618/2007; Cass. n. 13747/2003), si deroga soltanto laddove "si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento dei coniugi, da cui emerga la preesistenza di una crisi già in atto".

E se è vero che grava sulla parte che chiede l'addebito della separazione "l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento dell'altro coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, e sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (cfr. Cass. n. 14840/2006; n. 12383/2005) - si legge nella sentenza, laddove la ragione sia rappresentata dalla violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, è vero anche che "questo comportamento, se provato, fa presumere che abbia reso la convivenza intollerabile, sicché la parte che lo ha allegato ha interamente assolto l'onere della prova per la parte su di lei gravante".

Nel caso di specie, la vicenda ha origine dalla richiesta di separazione con addebito da parte della moglie che aveva scoperto la relazione extraconiugale del marito. L'uomo si era difeso sostenendo di non aver mai ricevuto "sostegno psicologico o affettivo dalla moglie" nel corso del rovescio economico dell'azienda di cui era amministratore e che, data la crisi coniugale, si era rivolto ad uno psicoterapeuta, ma la donna non si era mai presentata agli incontri, negando ogni relazione.

La tesi dell'uomo però non regge.

Il giudice sardo, infatti, sulla base dell'attività istruttoria svolta e della documentazione prodotta, ha ritenuto provata l'infedeltà del coniuge, anche a seguito delle prove raccolte da un teste che l'aveva pedinato su incarico della moglie, ma non già la preesistente crisi matrimoniale sostenuta dallo stesso, il quale "non ha dedotto elementi idonei" a dimostrare che il matrimonio era già fallito prima della sua relazione, e tali "da escludere la sussistenza del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale".

Non è sufficiente, infatti, a evidenziare una crisi irrimediabile, tale perlomeno da far supporre che la convivenza coniugale fosse solamente formale, ha ritenuto il tribunale, il fatto che prima della nascita del secondo figlio l'uomo si sia rivolto ad uno psicoterapeuta per difficoltà di comunicazione nella coppia. Circostanza, peraltro, esclusa dalla nascita successiva del figlio.

Pertanto, la domanda di addebito della separazione a carico del marito va accolta.

Tribunale Nuoro, sentenza n. 552/2015

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