L'usura bancaria è punita, nel nostro ordinamento, dall'articolo 644 del codice penale, come riformato dalla legge numero 108 del 1996, che ha completato la disciplina dell'illecito

Quando c'è usura bancaria

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Sinteticamente può dirsi che si è di fronte a una fattispecie di usura quando spese, interessi e commissioni chiesti come corrispettivo di una prestazione in denaro rappresentano un costo totale finanziario estremamente esoso, tenuto conto della categoria e dell'entità della prestazione e delle dinamiche finanziarie del mercato.

Nella definizione in concreto dell'usura un ruolo fondamentale è stato assunto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale ha contribuito in maniera rilevante a definire gli effettivi margini di operatività dell'illecito.

L'interesse collettivo al funzionamento dei rapporti di credito

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Preliminarmente, è opportuno segnalare che la Corte di cassazione, nel pronunciarsi in via generale sul ruolo dell'usura, ha individuato la prospettiva della tutela apprestata dall'ordinamento nella protezione non solo del singolo, ma anche e soprattutto degli interessi collettivi al corretto funzionamento dei rapporti negoziali inerenti la gestione del credito e la regolare gestione dei mercati (Cass. n. 20148/2003).

Il che contribuisce subito a chiarire come tale fattispecie debba essere affrontata e riguardata con particolare premura, alla luce delle sue spiccate connotazioni di plurioffensività.

Elemento oggettivo del reato di usura

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Spostandoci su un piano più concreto, occorre innanzitutto segnalare che l'opera della giurisprudenza ha assunto una rilevanza particolare per aver contribuito a chiarire l'esatta portata dell'elemento oggettivo della fattispecie di usura.

Ad esempio, di una certa rilevanza è la sentenza n. 5683/2013, con la quale i giudici hanno specificato che ai fini della consumazione del reato in esame rilevano la promessa o la dazione non solo di interessi ma anche di ogni altro vantaggio usurario che comporti un profitto illegittimo, di qualsiasi natura, che le banche ricevono e che per il suo valore, da raffrontarsi con la controprestazione, assume carattere usurario.

Interessante, inoltre, in materia di elemento oggettivo, è la precisazione, contenuta nella sentenza n. 18592/2010, in base alla quale può ben essere vittima di usura anche un imprenditore che chieda prestiti e corrisponda interessi usurari per necessità aziendali e non personali.

La giurisprudenza ha, infine, chiarito che la condotta tipica del reato di usura si configura in assenza di comportamenti intimidatori o minacciosi nei confronti dei soggetti passivi, in ciò distinguendosi dall'estorsione (Cass. n. 2988/2008).

In ogni caso, i due delitti possono ben concorrere quando la violenza e la minaccia siano assenti al momento della stipula del contratto ma intervengano in un momento successivo per ottenere il pagamento dei vantaggi usurari (Cass. n. 5231/2009).

Superamento del tasso soglia

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In materia di superamento del tasso soglia, poi, i giudici hanno stabilito, con una sentenza che ha fatto tanto parlare, che "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p., e dell'art. 1815 c.c., co. 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori. Infatti il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, co. 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - tale assunto" (Cass. n. 350/2013).

Con la più recente sentenza numero 26286/2019, invece, è stato stabilito che "Nei rapporti bancari, anche gli interessi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all'applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il c.d. "tasso soglia" previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, si configura la cosiddetta usura c.d. "oggettiva" che determina la nullità della clausola ai sensi dell'art. 1815 c.c., comma 2. Non è di ostacolo la circostanza che le istruzioni della Banca d'Italia non prevedano l'inclusione degli interessi di mora nella rilevazione del T.E.G.M. (tasso effettivo globale medio), che costituisce la base sulla quale determinare il "tasso soglia". Infatti, poichè la Banca d'Italia provvede comunque alla rilevazione della media dei tassi convenzionali di mora (solitamente costituiti da alcuni punti percentuali da aggiungere al tasso corrispettivo), è possibile individuare il "tasso soglia di mora" del semestre di riferimento, applicando a tale valore la maggiorazione prevista dalla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4. Tuttavia, resta fermo che, dovendosi procedere ad una valutazione unitaria del saggio di interessi concretamente applicato - senza poter più distinguere, una volta che il cliente è stato costituito in mora, la "parte" corrispettiva da quella moratoria -, al fine di stabilire la misura oltre la quale si configura l'usura oggettiva, il "tasso soglia di mora" deve essere sommato al "tasso soglia" ordinario (analogamente a quanto previsto dalla sentenza delle Sezioni unite n. 16303 del 2018, in tema di commissione di massimo scoperto)".

Elemento soggettivo: l'ignoranza del tasso soglia

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In materia di elemento soggettivo, invece, è ad esempio interessante sottolineare che per la Corte di cassazione, secondo quanto stabilito con la sentenza numero 46669 del 2011, l'errore di calcolo dell'ammontare di interessi usurari da parte di un istituto di credito si risolve in un'ipotesi di ignoranza della legge penale non scusabile in linea di principio.

L'interpretazione di tale ammontare, infatti, è nota nell'ambiente bancario, non presenta difficoltà rilevanti ed è oggetto di un dovere particolarmente rigoroso degli organi di vertice di una banca, i quali sono tenuti ad informarsi adeguatamente e diligentemente sulla legislazione in materia e, in caso di dubbio, ad astenersi dalla condotta in virtù della loro posizione di garanzia nei confronti dei clienti.

Usura in concreto

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Particolarmente interessante è, infine, la sentenza n. 18778/2014, con la quale la Corte è intervenuta per la prima volta compiutamente in materia di usura in concreto, enunciando ben cinque principi di diritto.

Si è in sostanza affermato che ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale di tale fattispecie occorre che il soggetto passivo si trovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria e che gli interessi, i vantaggi e i compensi pattuiti, risultino sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra utilità o all'opera di mediazione, indipendentemente dalla circostanza che gli interessi siano inferiori al tasso soglia usurario fissato dalla legge.

La Corte ha poi sancito che la condizione di difficoltà economica della vittima deve essere individuata in una carenza di liquidità anche solo momentanea, senza che ne sia di ostacolo la sussistenza di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana, mentre la condizione di difficoltà finanziaria è quella caratterizzata da una carenza complessiva di beni e risorse che investe, più in generale, l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo.

Inoltre, ed è questo il terzo principio affermato, in tema di c.d. usura in concreto le condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima, che integrano la materialità del reato, vanno tenute distinte dallo stato di bisogno, che ne integra una circostanza aggravante, in quanto rappresentano una situazione meno grave.

I giudici hanno, poi, chiarito, che le condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima devono essere valorizzate in senso oggettivo e non meramente soggettivo, quindi utilizzando parametri desunti dal mercato e non basandosi sulle valutazioni personali della vittima che, invece, sono opinabili e di difficile verificazione.

Infine, in tema di dolo generico, la sentenza del 2014 ha chiarito che esso, nell'usura in concreto, non comprende solo la volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari, ma anche la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e la sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità o all'opera di mediazione.

Si tratta, come è evidente, di una sentenza che fa chiarezza circa le possibilità e le modalità con le quali colmare, attraverso l'usura concreta, possibili vuoti di tutela, affidando ai giudici l'arduo compito di mediare tra le pretese degli intermediari e le esigenze di tutela dei clienti.

Valeria Zeppilli

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