Come spiega la Cassazione, se il termine è decorso, a nulla rilevano la mancata convivenza e l'assenza di rapporti

di Valeria Zeppilli - Una donna orientale ha sposato un uomo italiano solo per ottenere il permesso di soggiorno, ma poi ci ha ripensato e ha chiesto che il suo matrimonio fosse dichiarato simulato.

Del caso si è recentemente occupata la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16221 depositata il 31 luglio 2015 (qui sotto allegata).

I matrimoni celebrati per perseguire scopi che aggirano la normativa di legge sono ormai sin troppo diffusi anche nel nostro Paese e, spesso, non è facile per i soggetti coinvolti sostenere le implicazioni che ne derivano.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, tuttavia, il ripensamento da parte della donna è avvenuto troppo tardi per l'ordinamento, in quanto la domanda per ottenere la declaratoria di simulazione del matrimonio è stata presentata oltre il termine massimo di dodici mesi dalla celebrazione ed è quindi tardiva, nonostante la mancata convivenza e nonostante l'assenza di rapporti.

I giudici, infatti, hanno chiarito che la previsione del predetto termine normativo risponde all'esigenza fondamentale di conciliare l'impugnazione per simulazione del matrimonio con l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici inerenti agli status ed è valida in ogni caso.

L'improponibilità dell'azione laddove i coniugi abbiano convissuto come tali dopo la celebrazione del matrimonio, infatti, costituisce solo un'ipotesi alternativa al decorrere del tempo: il che vuol dire che la convivenza esclude assolutamente la proponibilità dell'azione, la quale, in ogni caso, non può mai essere proposta decorso un anno dalla celebrazione.

Ed è per questo che l'assenza di convivenza tra la ricorrente e il coniuge a nulla rileva nel caso di specie.


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Valeria Zeppilli

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