L'accertamento tecnico preventivo obbligatorio art. 445 bis c.p.c. si applica quando sorgono controversie in materia di invalidità civile in generale, comprese le misure collegate dell'assegno di invalidità e della pensione di inabilità

Procedimento di accertamento delle invalidità

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L'art. 445 bis c.p.c. è stato introdotto dal D.L. n.98/2011, poi convertito con L.111/2011, con il quale si è stabilito che dal 1° gennaio 2012 per le controversie in materia di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità o per quelle relative alle prestazioni di cui agli artt. 1 e 2 della L. 222/84 (per le inabilità), l'obbligatorietà dell'accertamento tecnico preventivo ai fini della verifica delle condizioni sanitarie esistenti a sostegno delle pretese (pensioni o indennità) che si intendono far valere in giudizio.

L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce una vera e propria condizione di procedibilità della domanda per il riconoscimento in giudizio di tutti i diritti e delle connesse prestazioni in materia di invalidità ed inabilità. Oltre ciò, però, costituisce anche uno strumento per velocizzare e per ottenere un risultato, il più delle volte favorevole, senza dover attendere i tempi di un procedimento a cognizione ordinaria.

Il procedimento si incardina con istanza da depositarsi presso la Cancelleria del Tribunale, sezione Previdenza e Lavoro, nel cui circondario risiede l'interessato. Il Giudice prosegue secondo le forme e le modalità previste dall'art. 696 bis c.p.c. (consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite), nomina il CTU e fissa l'udienza per l'affidamento dell'incarico, disponendo il termine per la notifica a controparte.

Terminate le operazioni peritali e depositato dal tecnico la Consulenza, il Giudice fissa un termine perentorio non superiore a 30 giorni, entro il quale le parti devono dichiarare, con atto scritto e depositato in Cancelleria se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico di ufficio.

In caso di contestazione, la parte interessata, entro il termine perentorio di 30 giorni dal deposito della stessa, deve depositare il ricorso introduttivo del giudizio di merito, con l'indicazione precisa dei motivi di contestazione a pena di nullità.

In assenza, invece, di contestazioni, il Giudice, con decreto pronunciato fuori udienza, entro i 30 giorni successivi dalla scadenza del termine per il deposito delle eventuali contestazioni, omologa l'accertamento sanitario secondo le risultanze della CTU e provvede alle spese.

Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti che, in caso di accertamento favorevole dell'interessato, e subordinatamente alla verifica della sussistenza di tutti i requisiti per il riconoscimento della prestazione economica, devono provvedere al pagamento entro 120 giorni dalla notifica.

Non può essere appellata la sentenza che definisce il giudizio di merito.

Procedimento art. 445-bis c.p.c. e mancata instaurazione del merito

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In relazione alla mancata introduzione del procedimento di merito da parte del soggetto che ha proceduto alla contestazione occorre una precisazione. Qualcuno ha profilato la eventualità che, nel caso di specie, il dissenso non assume valore e quindi il Giudice, dovrebbe omologare le risultanze della CTU.

Tale assunto però non appare assolutamente condivisibile. Di gran lunga più compatibile con il disposto normativo è la teoria che considera la mancata iscrizione a ruolo del procedimento nel merito alla stregua dell'abbandono dell'intera procedura con la conseguenza che il verbale di accertamento, oggetto di istruzione preventiva, diviene conseguentemente definitivo e non più impugnabile.

Istanza art. 445-bis c.p.c.: prescrizione e decadenza

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Per quanto riguarda gli effetti dell'istanza art. 445 bis c.p.c, il comma 3 della norma dispone che la sua presentazione interrompe la prescrizione.

Effetto che però, stando alla sentenza n. 21985/2018 della Cassazione, non è l'unico, infatti "Il ricorso in tal modo instaurato, in quanto atto di esercizio giudiziale del diritto alla prestazione previdenziale, costituisce domanda idonea ad impedire la decadenza ex art. 42 del d.l. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, così come interrompe la prescrizione ai sensi del comma IV comma dell'art. 445 bis."

All'effetto interruttivo della prescrizione si somma quindi l'effetto impeditivo della decadenza della domanda giudiziale, da presentare nel termine di sei mesi tra la fine del procedimento amministrativo e il ricorso art. 442 c.p.c (che riguarda le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie). Effetto che si produce anche quando il ricorso art. 445 bis c.p.c è dichiarato inammissibile per difetto dei relativi presupposti.

Questo perché "l'ordinanza d'inammissibilità del ricorso per a.t.p.o. per difetto dei relativi presupposti non incide con effetto di giudicato sulla situazione soggettiva sostanziale (e non è pertanto ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.) trattandosi di provvedimento comunque idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità di cui all'art. 445 bis, secondo comma, cod. proc. civ., essendo il procedimento sommario comunque giunto a conclusione, con la conseguente possibilità per l'interessato di promuovere il giudizio di merito. Non sussiste quindi assimilabilità della dichiarazione d'inammissibilità del ricorso per a.t.p.o. alla dichiarazione di estinzione che, secondo la giurisprudenza di questa Corte richiamata dal giudice di merito, esclude che il ricorso giudiziale possa sortire effetto impeditivo della decadenza qualora il processo si estingua, in quanto nel caso che ci occupa il ricorso è comunque idoneo ad instaurare un rapporto processuale diretto ad ottenere l'intervento del giudice, produttivo di conseguenze processuali e sostanziali."

Fac-simile istanza ex art. 445 bis c.p.c.

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Scarica il modello sotto disponibile in pdf dell'istanza di ATP ex art. 445-bis c.p.c.

Avv. Concetta Spatola

via Madre Serafina n.35 - Capri

avv.concettaspatola@alice.it

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