Respinta l'istanza di bloccare il pagamento della banca in virtù di fideiussione a prima richiesta, il Covid non ha legittimato moratorie

di Annamaria Villafrate - Il Tribunale di Bologna, con il provvedimento del 7 maggio 2020 (sotto allegato) ha respinto l'istanza di bloccare il pagamento che i creditori hanno domandato alla banca garante, in virtù di una fideiussione a prima richiesta. La richiesta dei creditori non è abusiva perché il diritto di credito non è carente, inoltre le debitrici non si sono trovate nell'impossibilità di adempiere a causa delle restrizioni introdotte per contrastare il contagio da Covid19. Le stesse infatti hanno svolto regolarmente la loro attività, che peraltro rientra in quelle essenziali. Del resto il decreto n. 6/2020, contenente "Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19" non ha introdotto una moratoria generalizzata in favore di tutti i debitori, ma ha lasciato al giudice il potere di valutare in modo prudenziale l'esigibilità della prestazione, dopo aver contemperato concretamente gli interessi coinvolti.

Fideiussione a prima richiesta: pagamento da bloccare

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Due società chiedono al giudice di bloccare con provvedimento d'urgenza art. 700 il pagamento che i propri creditori hanno chiesto alla banca garante, a mezzo fideiussione a prima richiesta. Questa fideiussione prevede che il garante, derogando a quanto previsto dall'art. 1945 c.c., si obblighi a rinunciare di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale.

Le società debitrici espongono la loro temporanea difficoltà economica a causa dell'emergenza Covid-19. Ritengono quindi contraria ai doveri di correttezza, buona fede e solidarietà sociale l'escussione di garanzia avanzata dai creditori convenuti.

La richiesta è abusiva se il diritto del creditore è carente

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Il Tribunale però respinge l'istanza, facendo presente che nell'ambito dei rapporti autonomi di garanzia il giudice può bloccare il pagamento chiesto al garante solo se la domanda risulta abusiva mentre non può addurre, a ragione del blocco, le circostanze di fatto deducibili dal debitore garantito.

La condotta di parte creditrice inoltre nel caso di specie non è abusiva. Il carattere dell'abusività della richiesta infatti ricorre quando il creditore chiede l'escussione della garanzia autonoma "in una condizione di radicale carenza" del proprio diritto. Nel caso di specie, però non vi è prova della condotta abusiva e fraudolenta dei creditori e dunque non ci sono i presupposti per l'eccezione.

Il decreto Cura Italia non prevede una moratoria generale per i debitori

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Non si può giungere a una conclusione diversa neppure se si tiene conto di quanto previsto dall'art. 3 co. 6-bis del Decreto legge n. 6/2020 (convertito con modificazioni dalla L. n. 13 del 5 marzo 2020), il quale chiarisce che il rispetto delle misure finalizzate a evitare la diffusione da contagio da Covid-19 "è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del Codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti."

Questo perché la norma si riferisce "non a una generica impossibilità di adempimento in conseguenza della pandemia, ma alla sopravvenuta impossibilità del debitore di adempiere a causa delle restrizioni su di lui gravanti in quanto impostegli dall'autorità." Ipotesi che non ricorre nel caso di specie. La normativa emanata nel corso dell'emergenza Covid emergenziale non ha infatti causato la sospensione dell'attività commerciale delle società debitrici, visto che la stessa rientra in quelle essenziali.

La disposizione non si riferisce neppure agli effetti indiretti della pandemia. Risulta quindi discutibile che si possa applicare a "ipotesi di adempimento di obbligazioni pecuniarie", in quanto l'art. 1218 c.c. "presuppone una oggettiva impossibilità della prestazione e non già una mera impossibilità soggettiva di adempiere per mancanza di liquidità."

Anche ipotizzando che il co. 6 bis includa tra le varie cause d'impossibilità ad adempiere "un'improvvisa e imprevedibile carenza assoluta di liquidità" a causa delle misure di contenimento, le società ricorrenti non hanno dimostrato l'esistenza di un impedimento effettivo e assoluto ad eseguire la prestazione. Le stesse hanno dedotto infatti solo una condizione di grave difficoltà a darvi corso.

Si deve quindi escludere che il legislatore abbia voluto riconoscere ai debitori "una moratoria generalizzata a discapito degli interessi creditori". Il co. 6-bis impone piuttosto al giudice di verificare in che misura i soggetti interessati sono stati colpiti dalle misure di contenimento "con una prudente valutazione dell'effettiva esigibilità della prestazione."

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Foto: 123rf.com
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