Le speranze di rendere più semplice e celere il processo sembrano essersi arenate dinanzi a sistemi inadeguati e passaggi inutilmente macchinosi

di Valeria Zeppilli - Le speranze di rendere più semplice e celere il processo con la digitalizzazione della giustizia, che ne hanno accompagnato l'ingresso nel nostro sistema, sembra stiano risultando, purtroppo, del tutto vane.

Non solo: paradossalmente, il processo sembra diventato più lento e complesso di quanto non lo fosse in passato.

Il problema, per la verità, non è del sistema in sé e per sé: la digitalizzazione è uno strumento straordinario se correttamente utilizzato. Sono piuttosto le modalità operative con le quali è stato concepito e attuato.

Che le udienze siano più lunghe è un dato di fatto: i magistrati hanno ora materialmente il peso della redazione materiale del verbale, che prima dividevano con gli avvocati delle parti. Ma a questo, forse, ci si deve solo abituare e, con qualche escamotage, ci si può augurare che presto si riuscirà a procedere con maggiore rapidità.

Il vero nodo da sciogliere, invece, è rappresentato dalle fragili macchine che sostengono il processo telematico e dai software ancora poco adeguati alle esigenze che il sistema richiede. Oltre che da uno sfruttamento parziale delle moderne tecnologie.

In assenza dei necessari investimenti sulle strutture nazionali e locali, caricare file pesanti è oggi spesso un'impresa impossibile o che comunque ruba interi pomeriggi agli avvocati, i quali, paradossalmente, stanno rimpiangendo le vecchie file in cancelleria.

Alcuni passaggi del processo, poi, sono stati sviluppati in maniera macchinosa e poco chiara e hanno posto nuovi problemi e introdotto così ulteriori motivi di preoccupazione, che si aggiungono ai vecchi, classici grattacapi legati alle scadenze, all'eccesso di formalismo procedurale, ai difficili rapporti con i clienti che giustamente non comprendono le paradossali regole che disciplinano il processo.

Ma se tutto ciò fosse accompagnato dall'efficienza, di certo sarebbe più facile da accettare. Sta di fatto però che, considerando come stanno le cose, è indubbio che qualche provvedimento va preso: o si torna indietro (ma speriamo di no) oppure si va avanti davvero facendo a meno di quelle inefficienze che spesso la burocrazia forense finisce con il riversare sulle spalle degli avvocati.

Perché poi non pensare a una digitalizzazione fatta nell'ottica di semplificare e snellire le attività processuali? Perchè non iniziare subito con le udienze a distanza dato che gli strumenti per farlo sono oramai di una semplicità estrema?

Insomma non dovrebbe essere difficile con un pò di buona volontà trovare una soluzione per rendere efficiente quel PCT che tutti avevamo desiderato ma che in molti hanno invece cominciato a odiare.

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Valeria Zeppilli

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