Mi par giusto che, sorseggiando un aperitivo in quasi relax, vengano alla mente pensieri socialmente utili e politicamente, assolutamente, scorretti. Sara l'alcool, sarà la paradossale situazione del Belpaese. Sarà quel che sarà, ecco che il primo pensiero illumina la mente. Tre parole: finanziamenti_pubblici_partiti. Una reazione: argh! A poche settimane dalla partenza di nuove (o déjà vu, lo vedremo presto) campagne elettorali, l'Italia è travolta da un'ondata di scandalo politici. Fondi trafugati e transfughi dalla giunta della Regione Lazio o di quelli presunti della Regione Campania; così come tante storie di ruberie "in pectore" ai partiti che spuntano ormai ovunque, indistintamente da Nord a Sud (su questo se non alto siamo uniti).
Senza entrare in merito ai singoli episodi, è più che lecito però voler capire perché sia oggigiorno ancor necessario finanziare con i nostri soldi queste "patologie", come lo stesso presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, ha definito le gesta mirabolanti, degne di un novello Houdini, della giunta laziale. Con le parole di Grillo è proprio come "rubare ciò che già è stato rubato".
Episodi oltre la legalità a parte, è triste comunque anche il solo pensare che la maggior parte dei comizi e feste e convegni e gazebo sono finanziati con i nostri soldi. Eppure è totalmente legale, quindi nulla si può fare. O meglio il Governo Monti avrebbe potuto intervenire, ma proprio pochi mesi fa tutto è finito nel calderone delle occasioni (d'oro) mancate, fallendo nel tentativo di abrogare la legge sui finanziamenti pubblici ai partiti.
Vale la pena fare un breve cenno sulla legge in questione, tanto per guastarci un po' l'inizio settimana. La legge sui finanziamenti pubblici ai partiti (n. 195 del 2 maggio 1974) nacque nel lontano 1974. Per volere di Flaminio Piccoli, il cui intento era ammirevole, e cioè evitare che i partiti si facessero finanziare (o corrompere) da enti privati illegalmente, tradotto: da mafia, società private &co. Tutti, ma proprio tutti votarono la legge (chissà come mai!) tranne l'irriducibile PLI, che infatti fece una brutta fine. Nel 1978 i radicali tentarono di far abrogare la legge senza raggiungere il quorum necessario.
Nel 1981 la legge venne modificata (trasformandosi nella legge 659/1981) e , udite udite, grazie allo scandalo Caltagirone (dice nulla questo nome?) i finanziamenti vennero RADDOPPIATI. Eh, beh, giusta soluzione alla corruzione. in cambio però si ebbe il buon gusto di chiedere le "pezzette" giustificative delle spese, rendendo pubblici i bilanci. Ancora una volta i radicali insorsero. Pieni anni '90, tangentopoli e mani pulite convincono gli italiani a votare per abrogare la legge, e ci riescono. Miracolo.
Che dura un nulla. Perché, siccome siamo un paese democratico, è giusto che i cittadini che in maggioranza hanno espresso la loro volontà, NON vengano tenuti in considerazione. Morta una legge eccone subito pronta un'altra. La 515 del 10 dicembre 1993. I "finanziamenti" vengono abilmente trasformati in "rimborsi", tutta un'altra cosa. E i rimborsi ci costarono l'anno successivo quasi 50 milioni di euro (e poi si dà la colpa a Monti delle nostre disgrazie economiche. Bel coraggio!). Idem per l'anno 2006. Nel 1997 il Parlamento, pensando di agire inosservato, reintroduce il finanziamento ai patiti con la legge n. 2 del 2 gennaio 1997. Finanziamento devolvibile con il 4x1000 sulla dichiarazione dei redditi. Sebbene pochi aderiscano escono magicamente dal cappello (o tasche) quasi 59 milioni di euro per il 1997 e oltre 82 milioni per l'anno successivo. I radicali si oppongono facendo ricorso alla Corte Costituzionale, ricorso respinto.
Non essendo i fondi adeguatamente sufficienti, perché coprono solo il rimborso di spese elettorali ma non le campagne in toto...tadà! Nuova legge, la n. 157 del 3 giugno 1999, che ci costa la bellezza di 193 e rotti milioni di euro, che vengono erogati a partire dalle elezioni 2001. Soldi che coprono le spese di tutte le elezioni e campagne, da Senato al Parlamento (europeo incluso). Altro ritocchino a breve, grazie alla legge n.156 del 26 luglio 2002 ("Disposizioni in materia di rimborsi elettorali"), che trasforma il fondo in annuale, non più per la durata complessiva della legislatura. Tradotto: i 193 e rotti milioni possono più che raddoppiare, arrivando a sfiorare quai quota 469 milioni. Non soddisfatti i nostri governanti hanno varato la legge n.51 del 23 febbraio 2006, che estendeva il percepimento del "rimborso" annuale per la durata di tutto il quinquennio legislativo, a prescindere dalla sua durata effettiva. Una scelta che ha gravato in maniera Impietosa sui nostri conti pubblici, perché grazie alla crisi politica del 2008 e ad un nuovo cambio legislativo, ecco che tutto d'un tratto ci siamo ritrovarsi a pagare per la XV e la XVI legislatura contemporaneamente.
Arrivando appunto all'occasione mancata montiana, la nuova legge infatti modifica solo in parte le precedenti, o meglio è una modifica della 515/1993. Riduce a 92 i milioni destinati ai finanziamenti, ma alza di poco il tetto minimo per aver diritto ai soldi: 2% di rappresentanti alla Camera o almeno un eletto. Lasciando così ampio spazio alla continua nascita di mini-partiti in cerca di soldi, ormai per molti troppo facili. Inutile aggiungere che i radicali, nella persona di Emma Bonino, si sono opposti duramente.
Ora però alla luce degli scandali, che hanno colpito veramente tutti i partiti, chi più chi meno, come è possibile far resistere ancora questa legge? Tra i sostenitori chi vede in essa ancora l'unico mezzo per salvarsi dalle regalie private, per ottenere leggi personalizzate o vantaggi di varia natura. Tra i detrattori, tutti quei poveri cittadini stufi di vedere come i propri soldi vengano spesi. E persino la Fornero, che mesi fa ne aveva invocato l'abolizione come unica via possibile per finanziare il welfare.
Se non altro il buon gusto, la prossima volta, di invitarci almeno ad una festa a tema, tanto una toga si fa in fretta a rimediarla!barbaralgsordi@gmail.it