La Corte di Cassazione (Sent. n. 1690/2008), contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, ha riconosciuto il danno da ridotta capacità di guadagno ad un giovane chirurgo che, a seguito di un sinistro stradale, aveva riportato una riduzione alla funzionalità della mano destra e, conseguentemente, interrotto la propria attività in sala operatoria. Mentre la Corte di Appello di Roma aveva sostenuto che la riduzione della capacità lavorativa specifica non aveva dato luogo ad una riduzione della capacità di guadagno del medico, in quanto lo stesso continuava "a prestare servizio nel medesimo ospedale d'appartenenza (addetto alle attività ambulatoriali e di corsia del reparto chirurgico)"; gli ermellini hanno ritenuto che "tale affermazione, assolutamente apodittica o, quanto meno, insufficiente, (..) non tiene conto dell'esistenza in atti di una serie di elementi (…), quali la giovane età del professionista, la sua stabile partecipazione, precedentemente al sinistro, all'equipe operatoria dell'ospedale, lo svolgimento per opera sua di un gran numero di interventi eseguiti nel reparto, la riduzione della funzionalità della mano destra tale da incidere al 75% sulla sua capacità lavorativa specifica, così da impedirgli o rendergli estremamente difficili le manovre tipiche del chirurgo, la sua esclusione, successivamente al sinistro, dall'attività operatoria e l'adibizione a mere attività di corsia e di ambulatorio". Sulla scorta di tali premesse, pertanto, la Corte di Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto: "il danno patrimoniale futuro è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici; sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, (cd. micropermanenti, le quali non producono danno patrimoniale, ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura (non necessariamente in modo proporzionale), qualora la vittima già svolga un'attività o presumibilmente la svolgerà. Si tratta, però, pur sempre di una prova presuntiva e non di un automatismo, con la conseguenza che potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non v'è stato in concreto alcun danno patrimoniale". Così sostenendo i giudici di legittimità hanno cassato la sentenza
della Corte di Appello di Roma secondo la quale la riduzione della capacità lavorativa specifica non aveva dato luogo ad una riduzione della capacità di guadagno del medico, in quanto lo stesso continuava "a prestare servizio nel medesimo ospedale d'appartenenza (addetto alle attività ambulatoriali e di corsia del reparto chirurgico)". "Tale affermazione", continuano gli ermellini, "assolutamente apodittica o, quanto meno, insufficiente, (..) non tiene conto dell'esistenza in atti di una serie di elementi (…), quali la giovane età del professionista, la sua stabile partecipazione, precedentemente al sinistro, all'equipe operatoria dell'ospedale, lo svolgimento per opera sua di un gran numero di interventi eseguiti nel reparto, la riduzione della funzionalità della mano destra tale da incidere al 75% sulla sua capacità lavorativa specifica, così da impedirgli o rendergli estremamente difficili le manovre tipiche del chirurgo, la sua esclusione, successivamente al sinistro, dall'attività operatoria e l'adibizione a mere attività di corsia e di ambulatorio".

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