I genitori non nascono tali con la nascita dei figli ma lo divengono man mano soprattutto facendosi educatori dei figli. In questo cammino non devono trascinare zavorre del loro passato personale e familiare o loro convinzioni ma farsi condurre da quel figlio che hanno avanti e che sin dall'inizio si aggrappa con la sua manina al dito di chi glielo porge. "Nell'assolvimento del loro compito essi [i genitori] debbono venire innanzitutto guidati dall'interesse superiore del fanciullo" (art. 18 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia), sin dal concepire mentalmente un figlio e anche nella scelta di quelle che sembrano piccole cose. Le pedagogiste Elisabetta Rossini e Elena Urso puntualizzano: "[…] la storia personale di mamme e papà, ovvero come loro stessi si sono rapportati a ciuccio o pollice e come sono stati gestiti in tal senso dai loro genitori può avere una influenza anche notevole nel rapportarsi poi ai propri figli rispetto a questo argomento. Sarebbe quindi utile ed importante che i genitori, laddove si sentissero in difficoltà nel gestire questo aspetto della crescita del proprio bambino, potessero fare una riflessione anche rispetto alla propria storia e cultura familiare per valutare quanto il passato incida nel presente e lo influenzi". Prima di concepire un figlio i futuri genitori (anche nelle coppie omogenitoriali) dovrebbero indagare sulla loro storia familiare e interrogarsi su quale ruolo paterno e ruolo materno vorranno "rivestire" all'interno della coppia genitoriale e nel rapporto con il figlio. E questo riguarda soprattutto il padre, figura da sempre più controversa.
"Uno degli effetti drammatici, forse il più drammatico, di questo sgretolamento dell'autorità, si presenta nella scomparsa dell'idea del padre. La figura paterna è messa in ombra nella società di oggi. Tutto ciò che può anche indirettamente suggerire l'immagine paterna viene contestato. E questa contestazione si salda con degenerazioni come la cancel culture, che pretende di eliminare quelle figure che hanno nella nostra memoria collettiva un carattere «paterno», e hanno contribuito alla costruzione della nostra storia.
Queste figure vengono rozzamente ritenute colpevoli delle ingiustizie che sono venute dopo di loro, seminando macchie d'ingiustizia nelle pagine successive alla loro opera. Persino le statue di Cristoforo Colombo vengono abbattute perché dal prodigio della sua scoperta è nato un mondo nel quale, poi, ha trovato albergo anche la schiavitù" (il giornalista Paolo Pivetti). Non si può rinnegare, offuscare o contrastare aprioristicamente la figura paterna solo per la cultura passata o per quei padri che hanno sbagliato. Avversare o annullare il padre è cancellare, negare la storia, le origini, l'esistenza delle differenze. Le differenze sono necessarie, vitali, arricchenti, si nasce dalle differenze e si costruisce la propria identità dalle e con le differenze. Anche nel passato maschilista ci sono stati padri che hanno arginato figure materne ingombranti e sostenuto i figli, in particolare le figlie femmine, come il padre della scultrice francese Camille Claudel, appoggiata dal padre e invidiata e ostacolata dalla madre che addirittura la fece internare.Nelle vite di altri personaggi famosi, invece, si possono rilevare gli effetti negativi della mancanza del padre o della presenza di un padre inidoneo. Come Charlie Parker (1920-1955), detto "Bird", "uccello", (su cui Clint Eastwood ha girato un film drammatico): grande musicista jazz, discutibile uomo, dalla vita affascinante e travagliata, fatta di eccessi ed ossessioni, cadute e riprese, amicizie e isolamenti. Con un pessimo padre alcolizzato ed una madre vicina che gli comprò un sassofono usato a 45 dollari in un tempo di ristrettezza economica. Tutto ciò gli segnò la vita finita precocemente e tragicamente a soli 34 anni e mezzo a casa di una mecenate. Quanto fanno e danno i genitori o, viceversa, quanto non fanno e non danno i genitori. Sono destinati a sbagliare ma se lo fanno in buona fede sono errori, se lo fanno in mala fede senza accettare quello che sono loro o i loro figli, senza guardarsi intorno e senza tener conto di niente e nessuno (per esempio senza prestare ascolto a nonni, insegnanti o altre figure di riferimento) sono orrori irreparabili e imperdonabili.
L'economista Luigino Bruni commenta la parabola di Gesù del figliol prodigo (o, meglio, del padre misericordioso): "Quel padre genera il figlio più giovane alla vita adulta e quindi alla libertà. Il figliol, nella parabola, fa un uso sbagliato dei beni ereditati. Anche questo fa parte del rischio della paternità. Non c'è paternità senza la possibilità che i figli si perdano inseguendo la loro vita e la loro libertà. Perché se non diamo loro la possibilità di diventare peggiori di noi, non saranno mai nemmeno migliori di noi, perché mancherebbe quella libertà vera, essenziale per diventare persone autentiche e belle". La parabola evangelica è una "lezione", nel senso proprio di "lettura", della paternità. La paternità non deve essere una (brutta) copia della maternità, altrimenti si renderebbe orfani i figli di un padre vivente o sarebbe una paternità comunque assente. Il padre deve affiancare la madre ma, al tempo stesso, tagliare il cordone ombelicale e dare al figlio la spinta, la forza di sperimentare la sua libertà, la sua adultità.
La madre ha la funzione vitale di far venire al mondo il figlio, il padre quella esistenziale di far aprire al mondo il figlio. Il padre, con la sua creatività delle soluzioni (nel gioco, nella fatica educativa, nell'accudimento) e con uno stile differente da quello materno, aiuta a spalancare gli orizzonti nella vita dei figli. È una figura fondamentale che non va né avversata né appiattita né assorbita nella sfera materna come accade, invece, nell'odierno maternage dilagante.
A proposito di maternage, è viva la questione che il figlio di tre anni (o comunque di pochi anni d'età) non debba essere collocato in via prevalente presso la madre sulla base dell'astratto criterio della maternal preference, dando per scontato che il padre non possa occuparsene tanto quanto lei. Allorché si tratti di decidere sull'affidamento, il collocamento e la frequentazione dei figli, il giudice è chiamato a decidere alla luce dell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, che è quello di conservare un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, sicché le statuizioni devono rispondere a una valutazione in concreto finalizzata al perseguimento di tale finalità, non potendo essere adottati provvedimenti che limitino grandemente la frequentazione tra uno dei genitori e il figlio in applicazione di valutazioni astratte non misurate con la specifica realtà familiare (Cassazione civile, ordinanza 1486 del 21/1/2025). In passato il criterio seguito prevalentemente per la scelta del genitore cui affidare il figlio in caso di separazione dei coniugi era la "maternal preference", ovvero si preferiva la madre per un retaggio culturale diffuso. Attualmente, grazie alle riforme normative e in particolare alla Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, si tiene meno conto della scelta del genitore migliore e di più della scelta migliore per il figlio.
Infatti, l'art. 7 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia stabilisce: "Il fanciullo dovrà essere registrato immediatamente dopo la nascita ed a partire da essa avrà diritto ad un nome, ad acquisire una nazionalità e, nella misura del possibile, a conoscere i propri genitori ed essere da essi accudito". La formulazione di quest'articolo è davvero rilevante perché, tra l'altro, ha riconosciuto la pari dignità, responsabilità e funzione sociale, psicologica e educativa della paternità e della maternità visto che, per esempio, l'accudimento era ritenuto prerogativa della madre.
Dagli anni 2000 la normativa promuove e agevola l'accudimento da parte del padre. A cominciare dalla L. legge 8 marzo 2000, n. 53 "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città", seguita da leggi regionali, tra cui in Campania la Legge Regionale 11 novembre 2024, n. 18 "Disposizioni in materia di promozione e valorizzazione della famiglia e della genitorialità in ambito regionale", gli "Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l'infanzia" del 2022 ("Dal punto di vista del servizio educativo: padri, madri, genitori, famiglie"), il Piano Nazionale per la famiglia 2025-2027 (approvato il 9 dicembre 2024). In questi anni, man mano si è dato al padre il tempo e lo spazio per praticare la sua paternità, accanto alla madre (e non al posto o al di sopra della madre o come la madre), coinvolgendolo nella funzione educativa e investendolo di "suoi" compiti.
Nella coppia dei genitori, in particolare il padre deve fare da pioniere nell'esercizio della genitorialità (nella dimensione della paternità), muovendo il primo passo nei confronti del figlio, davanti al figlio e verso gli altri. Non ci sono manuali o altro di precostituito né di innato: si costruisce, costituisce, consolida, consuma o conferma nelle relazioni.
Il pedagogista Daniele Novara spiega: "È importante che i genitori di oggi raccolgano questa preziosa eredità: non si tratta di abbandonare il rigore educativo, si tratta di abbandonare quel rigore dispotico che rendeva i padri ostili e diffidenti verso i loro stessi figli". I figli non hanno bisogno di "bacchettate" ma di "dritte"; sono fiumi in piena che vanno arginati non con barriere ma con canali di drenaggio. Il rigore educativo si esprime nel condurre, nel convincere e nel correggere e non nel costringere o comprimere la personalità. Rigore è diverso da rigidità. I bambini hanno bisogno di rigore, di disciplina, per crescere altrimenti disperdono la loro energia come fili elettrici scoperti.
"Papà, voglio mancarti!" (da un film): parole che hanno un senso e che invitano al senso, quello cui non si dà più importanza. Ai figli non deve mancare un genitore ma i genitori, per natura, possono soffrire per i figli. I figli hanno bisogno di essere sentiti, percepiti, capiti, proprio come durante la gravidanza, e maggiormente dal padre.
"La Festa del Papà - che ricorre ogni anno il 19 marzo - rappresenta un momento fondamentale per riconoscere il ruolo cruciale che le figure paterne giocano nella vita di figli e figlie. Valorizzare la paternità aiuta a promuovere modelli positivi e responsabilità condivisa nell'educazione e nella crescita dei bambini. Inoltre, contribuisce a sfatare stereotipi di genere, sottolineando che cura, sostegno emotivo e guida sono qualità universali, non confinate a ruoli prestabiliti" (cit.). Papà comincia con la sillaba pa- come pane, pace, patto, parsimonia... quello che dovrebbe essere la paternità per se stessi e per i figli.
"Lanterna" fa rima con "materna" e "paterna": perché tanto la figura materna quanto quella paterna devono essere lanterna nella e della vita.
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