L'articolo illustra l'importanza dell'educazione alle arti e ai saperi per la salute psicofisica e la crescita armoniosa dei bambini, di ogni bambino

"L'espressione Welfare culturale indica un nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute e degli individui e delle comunità, attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale. Il Welfare culturale si fonda sul riconoscimento, sancito anche dall'Organizzazione mondiale della sanità, dell'efficacia di alcune specifiche attività culturali, artistiche e creative". Questo è scritto su Treccani.it dal 2020 e la locuzione "welfare culturale" è una locuzione tutta italiana perché in altri Stati se ne usano altre. E il welfare culturale è quanto bisogna offrire a bambini e ragazzi, soprattutto alla luce dell'aumento dei disturbi di ogni sorta, situazioni di disagio, famiglie lacerate o in difficoltà, disamore per la scuola e mancanza di prospettive.

Promuovere il welfare culturale per i bambini è l'obiettivo della Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura, presentata a Bologna il 3 marzo 2011, ispirata all'art. 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, e il cui principio di base è il seguente: "I bambini hanno diritto a partecipare all'arte in tutte le sue forme ed espressioni, a poterne fruire, praticare esperienze culturali e condividerle con la famiglia, le strutture educative, la comunità, al di là delle condizioni economiche e sociali di appartenenza". Già nell'"Agenda Seoul: obiettivi per lo sviluppo dell'educazione all'arte" del 2010 si leggeva: "Affermare che l'educazione all'arte costituisce il fondamento di un equilibrato sviluppo creativo, cognitivo, emotivo, estetico e sociale dei bambini, dei giovani e degli adulti".

I bambini hanno tante risorse, tra cui il vero senso del dono (che è diverso da regalo che implica il concetto di restituzione), del dare qualcosa di sé, del darsi, della gratuità ma, poi, lo perdono a causa del materialismo degli adulti. Così come i bambini sono già espressione del cosiddetto pensiero divergente: sta agli adulti non offuscarlo o soffocarlo.

Mediante l'arte e la cultura (senza dover ricorrere alle varie artiterapie, dalla musicoterapia alla libroterapia o biblioterapia), invece, il bambino sviluppa quei requisiti che concorrono alla salute come intesa nella nuova definizione data dall'OMS nel 2011 (che ha riformulato quella del 1948): "La salute è la capacità di adattamento e di autogestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive".

La prima forma di arte cui avvicinare i bambini è il teatro (art. 1 Carta di Bologna), una delle primitive forme d'arte (come si ricava dagli studi del filosofo evoluzionista Telmo Pievani) e, forse, la più completa. A scuola bisogna usare il teatro e i suoi strumenti (la cui valenza fu già evidenziata da Maria Montessori) che, però, non deve significare "teatralizzare" la lettura o altre attività. Anziché dire quello che il teatro non deve essere a scuola, è opportuno dire quello che dovrebbe e può essere.

È rendere protagonisti i bambini e ragazzi del teatro della vita, del "teatro delle relazioni", far interpretare i ruoli provando emozioni vere (e non imparare a fingere), fornire loro linguaggi e mezzi per esprimersi, farli godere degli spettacoli circostanti (a cominciare da quelli della natura), scrivere e leggere insieme nuovi testi (quegli aspetti che emergono dalla Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura). È riconoscere un diritto dei bambini e dei ragazzi al teatro in base agli articoli 13 (espressione), 27 (sviluppo), 29 (educazione) e 31 (vita culturale e artistica) della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, articoli riferibili a ogni altra forma d'arte.

Al teatro, nell'elenco esemplificativo dell'art. 1 della Carta di Bologna, segue la poesia su cui il filologo Piero Boitani ha scritto: "[...] i confini ultimi della poesia sono la meraviglia e il silenzio. La meraviglia giace alla fonte della creatività poetica e alla fine dell'atto poetico, quando l'opera della poesia passa attraverso la vista, l'udito e l'anima del lettore. Il silenzio è il vuoto da cui la meraviglia attinge la parola e in cui la parola affonda, appena la si è pronunciata". A scuola ciò che conta non è insegnare le poesie o farle imparare a memoria ma educare alla poesia, far vivere la poesia, condividere questa dimensione. Si realizzano così molti dei diritti naturali dei bambini e molti dei loro diritti all'arte e alla cultura.

"Le parole sono amiche preziose - afferma lo scrittore Roberto Piumini - che ci riempiono la testa e il cuore, servono per pensare, per esprimere emozioni e desideri e per imparare cose nuove". "La poesia è uno straordinario strumento comunicativo. Aiuta ad esprimere sentimenti, emozioni, idee, ricordi, con un linguaggio spesso breve ma evocativo" (cit.). I bambini hanno bisogno di parole (e non di chiacchiere), poesia (e non di prodotti), rime (e non di volgarità), onomatopea (e non di rumori). Ogni linguaggio consente al bambino di conoscersi e conoscere, emozionarsi e emozionare.

Un altro strumento polivalente è la lettura, come spiega l'esperto Federico Batini: "La lettura ad alta voce, se proposta agli alunni in modo sistematico e quotidiano, incide positivamente anche sulle differenze legate all'apprendimento, permettendo a bambini e bambine di affrontare il proprio itinerario all'interno del sistema di istruzione, con un patrimonio lessicale adeguato. All'interno della stessa classe convivono infatti bambini con status sociali e backgrounds familiari molto differenti. Questa utilissima e stimolante convivenza se da un lato può comportare alcune difficoltà, per esempio, in una progettazione didattica che risponda ai tanti e diversi bisogni del gruppo-classe, dall'altra permette di cooperare per individuare le difficoltà e rafforzare gli apparati strumentali, in modo da consentire a tutti e a tutte di approfittare dell'esperienza di apprendimento" (in un articolo del 22 maggio 2023). La lettura ad alta voce da parte degli adulti non è un'esperienza diretta solo alla scuola dell'infanzia ma è da continuare e praticare anche dopo e oltre la scuola dell'infanzia. Migliora la relazione educativa, il processo insegnamento-apprendimento, offre a tutti le stesse opportunità, abbatte gli ostacoli o spauracchi della lettura, fa esperire i diritti dei bambini all'arte e alla cultura.

"Le fiabe sono un genere narrativo che da sempre accompagnano i più piccoli nella crescita personale perché conservano un significato educativo-formativo intrinseco" (cit.). Gli adulti non devono mai stancarsi di leggere fiabe e favole classiche (e di raccontare e raccontarsi) per la polivalenza di questo genere di lettura, dall'educazione all'ascolto allo sviluppo del linguaggio e della fantasia. La lettura di fiabe consente di metter in pratica le indicazioni della Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura.

Leggere ai bambini: "Si chiude il libro, si aprono le storie". Dopo la lettura dare spazio e ascolto alle domande, alle curiosità, alle considerazioni dei bambini. Così a scuola e anche in famiglia.

"Piccoli lettori oggi, adulti liberi e curiosi domani" (cit.). Lettura è cultura, natura, radura in cui adagiarsi, altura da cui vedere nuovi orizzonti... La lettura giova agli adulti che leggono e ai bambini e ragazzi che ascoltano perché è creare un circolo di emozioni, sogni, viaggi, avventure, ricordi.

Da leggere anche la Costituzione della Repubblica Italiana: "Il dovere di leggerla e poi, possibilmente, quello di attuarla. Fuor di battuta: la Costituzione italiana è un grande esercizio di equilibrio e inclusione. Anche quando pensiamo che manchi qualcosa, in realtà, nelle virgole c'è. Se da domani tutti iniziassimo a fare quello che c'è scritto, questo Paese cambierebbe in un modo impressionante. La Costituzione italiana è rivoluzionaria: peccato che la attuiamo a spizzichi e bocconi" (l'attore Federico Feliziani che, con il "Teatro Camelot", ha messo in scena la Costituzione Italiana). La Costituzione italiana è ancora attuale e speciale. Se la si leggesse a scuola o la si portasse al livello dei bambini e ragazzi, mediante linguaggi a loro adeguati (per es. si veda la Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura), la si renderebbe Costituzione vivente e la scuola sarebbe davvero fondata sui principi costituzionali.

Uno degli articoli più "programmatici" della Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura è l'art. 6: "I bambini hanno diritto ad avere un rapporto con l'arte e la cultura senza essere trattati da consumatori ma da soggetti competenti e sensibili" (art. 6). Mentre per gli adulti si parla dei diritti dei consumatori, di consumatori intelligenti, di "prosumer", ci si dimentica di tutelare adeguatamente i diritti dei bambini e dei ragazzi come consumatori perché, spesso o troppo spesso, sono solo destinatari passivi del marketing e delle scelte dei genitori. Per esempio i genitori li mettono precocemente davanti a cellulari, tablet o altri schermi per farli mangiare o per farli star buoni quando si è in compagnia, in fila alle casse di un supermercato o si è impegnati in altro. Potrebbero, invece, dar loro riviste da sfogliare, cataloghi d'arte per meravigliarli, libri adatti alla loro età, giornali da strappare, fogli da scarabocchiare…

La famiglia riveste un ruolo prioritario e insostituibile in ogni aspetto della vita dei bambini come riconosciuto anche nella Carta di Bologna, nell'art. 7 e specificatamente nell'art. 9 in cui si legge: "[…] condividere con la famiglia il piacere di un'esperienza artistica". A proposito di condivisione la psicologa Angela Camelio spiega: "[…] i viaggi in famiglia non sono solo divertenti, ma anche estremamente benefici per lo sviluppo e il benessere di tutti i membri della famiglia. Offrono opportunità uniche di crescita personale, creazione di legami e apprendimento esperienziale. Pertanto, investire in esperienze di viaggio con la propria famiglia può essere uno degli investimenti più preziosi che si possano fare per il proprio benessere e quello dei propri cari. I viaggi possono aiutare le persone di tutte le età a scoprire nuove passioni, abilità e interessi. Esplorare ambienti diversi può portare a scoperte sorprendenti su sé stessi e sugli altri membri della famiglia". Fare famiglia è intraprendere un viaggio insieme, per cui fare di tanto in tanto un viaggio (senza farsi prendere dalla frenesia di farli) in famiglia (anche nella terra d'origine dei genitori) non può che contribuire a conoscersi e conoscere, diventa anche un esercizio dei diritti (e doveri) dei bambini.

Un altro evento che consente la condivisione artistico-culturale in famiglia è il Natale, indipendentemente dalla professione di fede (tanto che esiste l'antropologia culturale del Natale). La pedagogista Graziella Favaro esplica: "Possiamo dedicare questo tempo di Avvento per coltivare l'attesa, insegnare ai bambini ad aspettare, a sviluppare la capacità di attendere e di sospendere la soddisfazione immediata. È uno dei modi per superare o prevenire la modalità compulsiva di chiedere, ottenere e poco dopo mettere da parte. E possiamo sollecitare invece la capacità di entrare in contatto con se stessi, condividere, ritualizzare. Aspettare vuol dire guardare avanti, sviluppare l'immaginazione, dare spessore al tempo che accoglie il desiderio e consente di raccontarlo a se stessi. Attendere vuol dire rompere quel circuito senza senso e senza stupore che costringe a passare dalla richiesta alla soddisfazione immediata, per rivolgersi subito dopo ad altre richieste e ad altri oggetti. L'attesa inoltre insegna la tenacia e genera la forza di custodire, coltivare e realizzare i propri desideri". Il Natale, anche in una scuola laica, può essere un'occasione di promozione dell'arte e della cultura in linea con l'art. 34 comma 1 della Costituzione: "La scuola è aperta a tutti".

L'art. 9 della Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura è stato davvero lungimirante, fa da fondamento alla pratica dell'affido culturale, un progetto di contrasto alla povertà educativa in cui alcune famiglie accolgono temporaneamente bambini per accompagnarli al cinema, teatro o in altre esperienze similari, e alla pratica della prescrizione sociale, secondo cui alcuni medici non prescrivono farmaci o terapie ma visite nei musei o altri esperienze artistico-culturali oppure sono i medici stessi che propongono un uso alternativo di certi ambienti, come per esempio alcuni pediatri che spostano le loro visite nelle biblioteche fissando l'appuntamento un'ora prima con la famiglia in modo tale che genitori e figli condividano, durante l'attesa, un'esperienza di ricerca e lettura.

L'esercizio dei diritti all'arte e alla cultura da parte dei bambini promuove e garantisce anche i loro diritti naturali, i loro diritti psicologici e i loro diritti comunicativi. Alberto Pellai, nel "Decalogo per proteggere i nostri bambini" (2018), scrive: "7. Diritto ad essere educati alla bellezza. Bellezza delle parole, bellezza delle immagini, bellezza delle relazioni, bellezza della natura. Città grigie e inquinate, canzoni e film pieni di situazioni e parole ostili e volgari; musei, cinema e teatri con costi elevatissimi per genitori che ci vogliono accompagnare i figli: come possono i bambini imparare ad amare il bello quando non è loro reso accessibile e disponibile"".

Diritti dei bambini all'arte e alla cultura: accompagnare i bambini lungo le strade dell'arte e non ridurli solo a colorare o completare fotocopie e farli diventare fotocopie. Bambini: educare all'arte, estrapolare la loro arte, educare alla bellezza, estrapolare il bello. Perché così è l'infanzia, così è la vita (e non solo perché è stata pubblicata la Carta dei diritti dei bambini all'arte e alla cultura).

Cultura: scultura della mente, agricoltura del cuore.


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