La legge n. 54/2006 ha introdotto l'istituto della mediazione familiare, strumento utile per dirimere le controversie insorte tra i coniugi sia durante il matrimonio, sia in sede di separazione e divorzio

Cos'è la mediazione familiare

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La legge n. 54 dell'8 febbraio 2006 ha introdotto l'istituto della mediazione familiare, strumento utile per dirimere le controversie insorte tra i coniugi sia durante il matrimonio, sia in sede di separazione e divorzio.

Si tratta di un rimedio alternativo all'iter giudiziale, fermo restando che vi si può ricorrere, a seguito di provvedimento del Giudice Ordinario procedente.

Attraverso l'istituto in parola i coniugi, impossibilitati a trovare un punto comune di accordo per esercitare la bigenitorialità, sono coadiuvati da un soggetto esperto nel settore, il Mediatore familiare.

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Che funzione assolve il mediatore familiare?

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Quest'ultimo è un soggetto terzo ed imparziale che, come tale, non può e non deve pronunciare giudizi sullo status comportamentale dei coniugi, ma deve agire affinché, ascoltati pariteticamente i coniugi, si stabilisca un accordo.

A tal fine, in via preliminare il Mediatore deve valutare se la coppia sia mediabile, cioè se sussistono le condizioni per addivenire a bonaria definizione della vicenda.

Ciò è possibile quando ambedue i coniugi si mostrano collaborativi e non sussistono motivi ostativi, quali ad esempio la pendenza di procedimenti penali oppure misure cautelari applicate per reati che riguardano l'alveo familiare (violenza sessuale, violenza su minori, maltrattamenti).

Il primario compito del Mediatore è indirizzare i coniugi alla gestione del rapporto di coppia, specie nell'assolvimento degli obblighi nati in costanza di matrimonio nei confronti dei figli (educare, custodire, allevare la prole, considerare le inclinazioni naturali dei figli).

L'attività del Mediatore può essere anche sinergica con altri esperti del settore (avvocati, psicologi, psicoterapeuti).

Come si svolge la mediazione?

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Il Mediatore organizza il piano di lavori fissando un numero di incontri tra una forbice di un minimo di tre ad un massimo di dodici- tredici incontri. L'approdo del piano di lavori è la stesura di un atto (accordo scritto) che cristallizza la volontà della coppia circa la gestione dei propri figli e degli obblighi gravanti sui genitori. Ultima parola spetterà al Giudice chiamato ad omologare l'accordo.

L'accordo costituisce titolo esecutivo e, come tale, eseguibile in ipotesi di mancato assolvimento degli obblighi ivi contenuti, senza escludere la possibilità per chi ne abbia interesse di procedere in sede penale laddove si verifichi la violazione degli obblighi ex artt. 570 e 570 bis c.p.

Tuttavia, la prassi insegna che non sempre i coniugi stipulano l'accordo, tant'è che il Giudice, in mancanza di accordo, sarà chiamato a pronunciarsi ai sensi dell'art. 155 c.c.

Qual è il fine ultimo della mediazione?

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Un adeguato percorso di mediazione non può prescindere dal raggiungimento del cosiddetto "best interests" dei figli (cfr: art. 3 CEDU), infatti la coppia deve sempre agire nell'interesse e per il benessere della prole, a maggior ragione quando il nucleo familiare non risiede sotto lo stesso tetto.

Il percorso di mediazione familiare consente dunque alla coppia, anche se in crisi, di esercitare la propria potestà (rectius: responsabilità) genitoriale.

Pertanto, dopo che il Mediatore abbia vagliato lo stato della coppia, a seguito di autorizzazione dei genitori, potrà ascoltare anche i figli.

Il vantaggio della mediazione familiare in sintesi

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Riassumendo: il vantaggio della mediazione familiare risiede nel trovare un accordo tra i coniugi costruito "su misura", tenuto conti degli interessi e dei bisogni primari dei propri figli, lasciandosi alle spalle conflitti ed eventuali dissapori.

Avvocato Chiara Di Martino


Foto: 123rf.com
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