Illegittimo il licenziamento del commesso che per tutelare la propria salute si è rifiutato di servire un cliente che non indossava la mascherina

Commesso rifiuta di servire il cliente senza mascherina

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Illegittimo licenziare il commesso che, per tutelare la propria sicurezza sul lavoro, si rifiuta di servire il cliente senza mascherina, dopo averlo invitato a coprirsi il volto. Le sue parole non hanno leso l'immagine dell'azienda e non hanno offeso il cliente. Lo stato di necessità dettato dalla pandemia e la necessità di tutelare la propria salute giustificano il suo rifiuto e non ledono il rapporto fiduciario con il datore.

Questa in sostanza la decisione assunta dal Tribunale di Arezzo, con la sentenza n. 9/2021 (sotto allegata) sull'opposizione di un'azienda all'ordinanza con cui un dipendente di un suo punto vendita è stato reintegrato nel posto di lavoro, per la ritenuta inesistenza della giusta causa del licenziamento addotto.

L'azienda datrice sostiene però ritiene di aver licenziato il dipendente per giusta causa perché lo stesso, dopo il rifiuto di un cliente d'indossare la mascherina, lo ha informato che se non avesse rispettato le sue indicazioni, non avrebbe concluso la transazione alla cassa per l'acquisto di alcuni prodotti del market. Per l'opponente il commesso avrebbe quindi violato gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro, disatteso le indicazioni previste nel periodo di emergenza sanitaria e danneggiato gravemente l'immagine aziendale.

Il commesso però si difende dalle accuse, evidenziando come in realtà a danneggiare l'impresa sia stato il cliente, dal momento che ha dato del ladro a lui e all'azienda titolare del market.

Il commesso non ha leso l'immagine dell'azienda né offeso il cliente

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Per il Tribunale adito l'opposizione al reintegro sul posto del lavoro del commesso è infondata e deve essere respinta. Il fatto che l'opponente non abbia formulato contestazioni specifiche induce a ritenere provato che:

  • il cliente si è avvicinato senza mascherina o presidio similare;
  • il commesso gli ha fatto presente che avrebbe potuto coprire il viso con il collo della felpa;
  • il cliente a questo invito ha risposto che "le mascherine le indossano i malati" dando del ladro al commesso e all'azienda, minacciando che avrebbe chiamato la polizia anche se poi si è allontanato.

Dalle prove il giudice non rileva la sussistenza di offese gravi alla dignità e neppure grave pregiudizio per gli interessi del proprietario del market. Le frasi pronunciate dal commesso non sono ingiuriose, né offensive, né sono state percepite come tali, tanto è vero che il cliente si è lamentato su Facebook solo della "scortesia".

Giustificata la reazione del commesso

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La reazione del commesso per il giudice deve pertanto ritenersi giustificata dall'esasperazione della condotta omissiva del cliente, da cui emerge ignoranza e sottovalutazione del fenomeno pandemico, il tutto accompagnato da "frasi villane e sprezzanti della salute propria e degli altri clienti, oltreché del cassiere."

Non è grave neppure il rifiuto di servire il cliente, non solo perché reazione a un invito non accolto dal cliente, ma anche perché riferito a un solo pacchetto di sigarette.

Nel caso di specie non sussistono la gravità morale ed economica richieste per l'applicazione della misura disciplinare disposta nei confronti del commesso. Il suo comportamento quindi non può ritenersi lesivo della fiducia del datore di lavoro perché non integra violazione del dovere di fedeltà ai sensi dell'art. 2015 c.c.

Occorre precisare infine che il commesso ha solo tutelato il proprio diritto a lavorare in condizioni di sicurezza. Lo stato di necessità in cui è venuto a trovarsi giustifica pienamente la sua astensione dalla specifica prestazione lavorativa poi contestata, perché la stessa lo esponeva a un rischio di danno alla propria persona.

Scarica pdf Tribunale Arezzo n. 9-2021

Foto: 123rf.com
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