Il sistema di regolamentazione sportiva durante l'emergenza Covid-19: il caso Juventus-Napoli

Covid-19: il caso Juventus-Napoli

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È la vigilia della sfida valida per la 3^ giornata di Serie A, sabato che registra la mancata partenza del Napoli destinazione Torino. Per decisione dell'Azienda Sanitaria Locale del capoluogo campano, il viaggio degli azzurri viene bloccato dopo l'ordine di rimanere in "isolamento fiduciario per 14 giorni dopo la data dell'ultima esposizione con il caso positivo in oggetto (1 ottobre)" e di comunicare il domicilio presso il quale verrà effettuato l'isolamento. Tutto inizia dopo la notizia della positività di Elmas, di 24 ore successiva a quella di Zielinski e di un membro dello staff (riscontrate venerdì 2 ottobre). Secondo il parere dell'Asl di Napoli, è troppo pericoloso far spostare un così alto numero di potenziali positivi, entrati in stretto contatto coi primi due positivi del Napoli e a soli 6 giorni dalla partita contro il Genoa, che nei giorni seguenti al match del San Paolo aveva fatto registrare ben 22 casi di positività (19 giocatori e 3 dello staff). Assenza determinata quindi da un'autorità locale, ma per la Lega Serie A il match resta programmato per domenica 4 ottobre così come annunciato dalla Juventus attraverso un comunicato: il club bianconero anticipa che si presenterà allo stadio per scendere regolarmente in campo. Da ricordare come le norme pubblicate dalla Lega Serie A, il 2 ottobre precedente in un comunicato ufficiale, affermano che se una squadra ha almeno 13 giocatori negativi e dunque disponibili (compreso un portiere) e non si presenta, rimedierà una sconfitta a tavolino per 3-0.

La decisione di primo grado

Il 14 ottobre la decisione del giudice sportivo: 0-3 a tavolino per il Napoli e 1 punto di penalizzazione per il club campano, con la seguente motivazione: "Gli atti delle Aziende sanitarie delineano un quadro che non appare al Giudice affatto incompatibile con l'applicazione delle norme specifiche dell'apposito Protocollo sanitario FIGC e quindi con la possibilità di disputare l'incontro di calcio programmato a Torino". Il giudice ha deciso sulla mancata presenza del Napoli a Torino e sulle "cause di forza maggiore" rivendicate dal Napoli, applicando l'articolo 10 della giustizia sportiva (giudicata assente la "fattispecie della forza maggiore").

La decisione di secondo grado

Fissata per il 9 novembre, la sentenza della Corte d'Appello Federale (ovvero il secondo grado di giudizio): respinto il ricorso del Napoli e confermato il 3-0 a tavolino per la Juve (con un punto di penalizzazione a carico degli azzurri). La motivazione: "Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la Società ricorrente non si è trovata affatto nella impossibilità oggettiva di disputare il predetto incontro, avendo, invece, indirizzato, in modo volontario e preordinato, la propria condotta nei giorni antecedenti all'incontro nel senso di non disputare lo stesso, con palese violazione dei fondamentali principi sui quali si basa l'ordinamento sportivo, ovvero la lealtà, la correttezza e la probità". E ancora: "Il fine ultimo dell'ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo. Tale principio non risulta essere stato rispettato, nel caso di specie, dalla Società ricorrente (Napoli), il cui comportamento nei giorni antecedenti Juventus-Napoli, risulta teso a precostituirsi, per così dire, un 'alibi' per non giocare quella partita. La mancata disputa non è dipesa da una causa di forza maggiore bensì da una scelta volontaria, se non addirittura preordinata.

La decisione del Collegio di Garanzia

Annullato senza rinvio è la formula con la quale il Collegio di Garanzia ha accolto il ricorso del Napoli contro la Figc e le sentenze che infliggevano lo 0-3 a tavolino e un punto di penalizzazione al club partenopeo per non essersi presentato a Torino per la gara con la Juve dello scorso 4 ottobre. La decisione di fatto cancella il risultato a tavolino e il punto di penalizzazione alla squadra azzurra, che dunque sale a quota 24 punti raggiungendo la Roma al quarto posto. Come conseguenza, inoltre, la Juve perde i 3 punti della vittoria a tavolino, scivolando anche lei a 24 in attesa di recuperare la partita contro il Napoli.

La vicenda sotto il profilo giuridico

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La vicenda ruota intorno all'interpretazione dell'art. 55 N.O.I.F., il quale disciplina i casi di mancata partecipazione alla gara per causa di forza maggiore. Il primo comma prevede che "Le squadre che non si presentano in campo nel termine di cui all'art. 54, comma 2, sono considerate rinunciatarie alla gara con le conseguenze previste dall'art. 53, salvo che non dimostrino la sussistenza di una causa di forza maggiore.". Mentre il secondo comma statuisce che la declaratoria della sussistenza della causa di forza maggiore compete al Giudice Sportivo in prima istanza e alla Corte Sportiva d'Appello in seconda e ultima istanza. L'art 55 delle NOIF (norme organizzative interno federali) stabiliscono la mancata partecipazione alla gara per forza maggiore. Ovvero la dottrina, per forza maggiore si intende, ogni forza esterna contro la quale il soggetto non può resistere e che lo determina, contro la sua volontà ed in modo "inevitabile", al compimento di un'azione(C.S.A. UU, DEL 15/1/18) In buona sostanza se una società dimostra di aver fatto di tutto quanto in proprio potere per disputare la gara(in questo caso si dimostra aver seguito i protocolli sanitari antecedenti alla gara), nessun giudice sportivo potrà mai condannarla alla punizione sportiva della perdita della gara!

L'art 55 NOIF coordinato alle restrizioni connesse all'emergenza Covid-19

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il Giudice di prime cure nel suo percorso logico-argomentativo focalizza in primis il petitum, chiarendo che l'analisi è limitata a valutare, ai soli fini sportivi, la eventuale sussistenza di cause di forza maggiore che, ai sensi dell'art. 55 N.O.I.F., avrebbero legittimato la condotta della SSC Napoli, in ipotesi determinando l'esclusione della responsabilità rispetto alla mancata presentazione della squadra per la partita da disputarsi a Torino in data 4.10.2020. La ristretta perimetrazione del campo del giudizio non appare oggetto di discussione, fondandosi sul dato letterale di cui all'art. 2, comma 1, lett. b) della L. 280/2003, in base al quale è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto "i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive" ed apparendo pacifica la riconduzione della questione oggetto di giudizio alla materia disciplinare. Il giudice non prende esplicitamente posizione sul sistema delle fonti che hanno una diretta incidenza sulle condotte oggetto di giudizio né fornisce una organica ricostruzione del peculiare quadro regolamentare determinatosi a seguito delle restrizioni connesse all'emergenza Covid-19. Implicitamente, tuttavia, egli esprime un giudizio di prevalenza del provvedimento amministrativo, per di più emesso a tutela di un diritto di rango costituzionale quale quello alla salute: tale conclusione si ricava, a contrariis, dalla espressa qualificazione del provvedimento della P.A. come factum principis. L'ordine dell'autorità è causa di impossibilità sopravvenuta proprio perché si impone sul debitore e, di conseguenza, su ogni altro atto a contenuto precettivo fonte dell'obbligazione: ne deriva che, nel caso di specie, è prevalente anche sul protocollo; altrimenti, il giudice non avrebbe potuto qualificarlo come tale. Le decisioni delle autorità competenti in materia sanitaria (ai sensi del citato art. 117 Cost., della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e dell'art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267), hanno inciso su una serie di libertà civili e di diritti fondamentali, persino di rango costituzionale, ma pur sempre serventi rispetto al bene primario della vita e della incolumità pubblica, conseguentemente anche il sistema sportivo ha risentito di una compressione del suo livello di autonomia, anche organizzativa. I provvedimenti governativi - nonché le ordinanze regionali - susseguitisi a partire dal 23 febbraio 2020, giorno di emanazione del decreto legge n. 6, recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», hanno fortemente impattato anche sul movimento sportivo, determinando la sospensione e cancellazione di competizioni dilettantistiche e professionistiche ad ogni livello. In giurisprudenza e in dottrina è consolidata la nozione di forza maggiore quale "ricorrenza di una situazione sopravvenuta rispetto alla stipula, ravvisabile a fronte di impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità, anche a titolo di colpa, inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento". La Suprema Corte è peraltro intervenuta, in tempi risalenti, sul rapporto tra caso fortuito e forza maggiore, chiarendo che concettualmente i due istituti sono accomunati quanto agli effetti, determinandosi in entrambi i casi il sopravvenire di un elemento in grado di assumere un rilievo causale esclusivo e, in definitiva, di recidere il nesso di causalità tra condotta ed evento.

Per quanto detto, il giudice, pur riconoscendo la sussistenza di una situazione di impossibilità sopravvenuta, ne esclude la rilevanza.

Perplessità pratiche e teoriche

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Tale conclusione desta perplessità sia sotto il profilo pratico che teorico. E invero, ove la società avesse deciso di partire il giorno 3 ottobre per raggiungere il luogo dell'incontro, avrebbe violato proprio le disposizioni che l'autorità sanitaria avrebbe meglio specificato il giorno seguente, con il risultato di non poter ugualmente giocare la partita e di aver anche aggravato il rischio di diffusione della pandemia sul territorio nazionale, non potendosi peraltro escludersi - dato il carattere volontario e consapevole della condotta - l'insorgenza di ulteriori profili di responsabilità, anche penali. Tali considerazioni, trasposte sul piano giuridico, conducono ad escludere una responsabilità della parte asseritamente inadempiente, non solo e non tanto sotto il profilo della sussistenza di una causa di forza maggiore, ma in base al diverso principio dell'inesigibilità ex fide bona, avendo tenuto il debitore un atteggiamento improntato a diligenza e orientato sulla base degli elementi di fatto (e di diritto) nella propria sfera di conoscenza. In sintesi, la condotta della SSC Napoli non appare passibile di sanzione ai sensi dell'art. 53 N.O.I.F. e dei richiamati principi di origine civilistica. Pertanto la sentenza del Collegio di Garanzia sicuramente ha applicato i principi sopra richiamati, pur esprimendo dubbi sulla sua competenza a decidere in materia di sanzioni disciplinari.In data 07.01.2021 le Sezioni Unite del Collegio di Garanzia del Coni hanno depositato le motivazioni della sentenza del 22.12.2020, nelle quali si legge che le decisioni dei giudici di primo e secondo grado non hanno tenuto conto del sistema legislativo emergenziale e della gerarchia delle fonti. Il Napoli ha applicato il protocollo FIGC vigente all'epoca dei fatti, che rimandava la decisione alla competenza, in caso di positività, all'ASP territorialmente competente.

AVV. MARIA CARMELA CALLA' Via Marconi I traversa 89044 - LOCRI

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