Per il Tar Lazio, non è colpa della compagnia la tardiva portabilità se l'utente non produce il documento di identità e non formalizza la richiesta di migrazione

Sanzionata compagnia telefonica per ritardo nella portabilità

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Con la sentenza n. 9097/2020 (sotto allegata) il Tar del Lazio accoglie il ricorso di una compagnia telefonica riconoscendo che il ritardo nell'eseguire la portabilità, nel caso di specie, è imputabile all'utente che non ha prodotto il proprio documento di identità e non ha richiesto formalmente la migrazione.

Il processo amministrativo ha inizio quando una società telefonica ricorre al Tar per chiedere l'annullamento della delibera n. 391/2011 dell'Agcom che le avrebbe irrogato ingiustamente la sanzione di 58.000 euro per la violazione dell'art. 70 del dlgs n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) in combinato disposto con l'art. 19 co. 3 della Delibera n. 4/06/CONS. Procedimento davanti all'Autorità avviato da un utente per il mancato passaggio della propria utenza a un'altra compagnia telefonica.

L'Agcom ha ritenuto la compagnia dell'utente responsabile della violazione delle disposizioni suddette perché ha impiegato 46 giorni dal ricevimento dell'istanza di disdetta per emettere l'ordine di cessazione alla "nuova" compagnia dell'utente. Con questa condotta la società sanzionata ha violato il predetto art. 19 co. 3 il quale prevede che "l'operatore alternativo che riceve tale ordine lo inoltra senza indugio all'operatore notificato (...) e comunque nel termine utile per rispettare la volontà dell'utente in linea con quanto previsto dal contratto per i tempi di preavviso."

Ritardo della portabilità dipeso dalla mancata produzione del documento di identità

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A questo punto la compagnia ricorre al Tar sollevando quattro motivi di doglianza.

  • Con il primo contesta il fatto che l'art. 70 del dlgs n. 259/2003 disciplini anche le procedure di passaggio di utenti tra diverse compagnie telefoniche, con conseguente mancata violazione di detto articolo da parte delle inesatta o mancata gestione delle richiesta di migrazione.
  • Con il secondo lamenta l'illegittima applicazione delle disposizioni finali della delibera
    274/07/Cons nella parte in cui prevede l'applicazione di sanzioni a tutti gli operatori interessati dalla procedure di migrazione.
  • Con il terzo l'illogicità e contraddittorietà della motivazione.
  • Con il quarto l'errata applicazione dei tempi in quanto l'art. 19 della delibera 4/06/Cons non stabilisce un termine perentorio ma opera un rinvio alle disposizioni del contratto sui tempi di preavviso in caso di recesso dell'utente. La compagnia fa presente infatti che nelle sue condizioni contrattuali l'utente che vuole recedere può farlo dandone comunicazione con almeno 30 giorni di anticipo, allegando una copia del proprio documento di identità. La mancata produzione del documento ha comportato quindi, a suo dire, il ritardo nella procedura di portabilità.

L'Autorità si costituisce in giudizio ribadendo la violazione del diritto del consumatore da parte della compagnia sanzionata, per aver impiegato 46 giorni dalla richiesta per emettere l'ordine di cessazione alla compagnia telefonica di cui l'utente desiderava diventare cliente.

Il ritardo della portabilità è imputabile all'utente se non produce il documento

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Il Tar con la sentenza n. 9097/2020 ritiene il ricorso meritevole di accoglimento e quindi annulla il provvedimento impugnato soprattutto perché risultano fondati il primo e il quarto motivo del ricorso.

Il Tar evidenzia come l'utente abbia segnalato all'Autorità non la condotta del donating, quanto piuttosto del recipient, lamentando la mancata portabilità del numero nonostante il contratto di rientro stipulato oltre due mesi prima. Il ritardo veniva però addebitato alla compagnia ricorrente perché quest'ultima non avrebbe comunicato l'intervenuta cessazione del servizio di accesso per permettere l'esecuzione del contratto.

Fatta questa doverosa premessa, il Tar ritiene, come la ricorrente, che l'art 19 comma 3 della Delibera 4/06/Cons non contempli un termine perentorio per comunicare la cessazione del servizio. Questo però non autorizza a disattendere l'indicazione di procedere senza indugio approfittando del termine di preavviso di 30 giorni previsto dalle sue condizioni contrattuali. L'utente infatti ha diritto di passare da un operatore all'altro in tempi rapidi e senza ritardi ingiustificati. In ogni caso la sanzione per essere comminata presuppone una colpa nel commettere la violazione, che nel caso di specie non sussiste.

L'utente infatti ha espresso la volontà di recedere dall'operatore ricorrente, ma non ha presentato formale richiesta di migrazione allo stesso e non ha neppure allegato il proprio documento di identità al recesso, elemento essenziale per recedere dal precedente contratto e procedere quindi a una valida richiesta. Il fatto che il donating si sia attivato e abbia avviato la procedura, identificando l'utente dovrebbe essere valorizzato, non sanzionato. La volontà di non ostacolare la migrazione emerge del resto dalla comunicazione della società ricorrere, anche se erronea, del codice di migrazione all'utente. Non può quindi biasimarsi se la società ricorrente, in assenza del documento identificativo dell'utente, abbia impiegato 46 giorni per completare la procedura.

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Scarica pdf sentenza TAR Lazio n. 9097/2020

Foto: 123rf.com
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