Una panoramica relativa all'evoluzione legislativa e giurisprudenziale del reato di voto di scambio elettorale politico-mafioso di cui all' art. 416-ter c.p.

di Vittorio Guarriello - Una peculiare ipotesi applicativa della fattispecie di concorso esterno in associazione mafiosa e che - stante la modifica legislativa avvenuta con la legge 17 aprile 2014, n. 62 - pone anche una problematica relativa alla successione di leggi nel tempo è rappresentata dall'art. 416-ter c.p. rubricato "Scambio elettorale politico - mafioso" (1).

Il reato di voto di scambio elettorale politico-mafioso

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Invero, la norma introdotta nell'ordinamento giuridico con il D.L. 8 giugno 1992 n. 306 - convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 - si pone, sin dalla sua originaria formulazione, come obiettivo quello di contrastare il fenomeno di contrastare la stipula di patti elettorali tra organizzazioni mafiose e candidati, al fine di arginare i legami tra la criminalità organizzata e gli apparati politico - amministrativi. Tuttavia, nella sua versione iniziale veniva prevista la punibilità solamente per i politico che avesse ottenuto la promessa dei voti dalla criminalità organizzata in cambio della erogazione di denaro.

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La suesposta impostazione normativa è stata a lungo oggetto di critiche da parte della dottrina ed anche di magistrati direttamente impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata.

Segnatamente, coloro che non condividevano l' impostazione della norma sostenevano che nella prassi era molto poco frequente imbattersi in un politico che otteneva i voti dell'associazione mafiosa offrendo come corrispettivo una dazione di denaro, essendo molto più frequente, di converso, che il candidato mettesse a disposizione del sodalizio criminale la propria futura funzione istituzionale o promettesse il proprio interessamento per la corresponsione di altre utilità sempre inerenti l' espletamento del mandato politico a cui si era candidato (es. gara di appalto o affidamento di un servizio in seno ad un ente locale). Tali obiezioni hanno portato alla stesura di un nuovo testo normativo che andasse a recepire le indicazioni e le istanze negli anni avanzate dagli operatori del diritto specializzati in materia di criminalità organizzata e sancite anche in talune pronunce della Suprema Corte di Cassazione (2). Il 28 gennaio 2014 il Senato della Repubblica Italiana ha, quindi, approvato una modifica alla legge.
La legge 17 aprile 2014 n. 62 ha, pertanto, novellato l'articolo 416 - ter, andando a sanzionare anche la condotta dell' esponente politico che abbia accettato il procacciamento (o la promessa di procacciamento) di voti con le modalità mafiose in cambio di utilità. Nella sua nuova formulazione, la norma individua quale oggetto del patto incriminato anche lo scambio voti - altre utilità e, di conseguenza, vari esponenti della dottrina e la giurisprudenza di legittimità si sono interrogati - addivenendo a conclusioni talvolta difformi tra loro - sul se attribuire rilevanza penale alle condotte antecedenti alla riforma in cui l' esponente dell' organizzazione criminale si era impegnato a procacciare voti con il metodo mafioso in cambio dell' elargizione di altre utilità, diverse dal denaro, da parte del candidato.

La situazione precedente alla riforma del 2014

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Prima che la legge 17 aprile 2014, n. 62 modificasse la fattispecie di cui all' art. 416- ter c.p., il reato tipizzato dalla disposizione in esame risultava essere integrato - con la conseguente esclusione della contestabilità del concorso esterno in associazione mafiosa

Tale fattispecie risultava essere qualificabile, dal punto di vista strutturale, come un reato:

- Plurisoggettivo improprio: perché ad essere punibile era soltanto l' aspirante politico che erogasse il denaro e non anche l' appartenente all' associazione mafiosa che promettesse il sostegno elettorale.

- Di mera condotta e di pericolo astratto: destinato a consumarsi per la sola stipulazione del patto, senza che assumesse alcun rilievo il prodursi, in conseguenza dello stesso, un consolidamento o un rafforzamento del sodalizio criminale.

- Ad oggetto limitato: atteso che solo il denaro poteva costituire oggetto della prestazione promessa o erogata dal politico.

Prima dell'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite (3), parte della dottrina aveva sostenuto che l' introduzione della fattispecie in esame comportasse un ridimensionamento dell' ambito applicativo del concorso esterno in associazione mafiosa, in quanto non sarebbe stata punibile a titolo di concorso esterno la stipulazione di un patto " voti in cambio di favori", poiché avrebbe comportato un aggiramento dei precisi confini entro i quali lo stesso legislatore ha considerato penalmente rilevante un patto tra un politico ed un sodalizio mafioso (cioè l' erogazione di denaro in cambio di voti).

Secondo tale impostazione, quindi per poter punire a titolo di concorso esterno un patto che prevedesse l' effettuazione di favori da parte del politico in cambio dei voti del clan sarebbe stata necessaria una quantomeno parziale esecuzione dell' accordo illecito, che fornisse al sodalizio un contributo rafforzativo o agevolativo.

In senso contrario, si obiettava che l' introduzione della fattispecie di cui all' art. 416 ter c.p. fosse riconducibile alla volontà del legislatore di punire sempre e comunque, per motivi di politica criminale, lo scambio denaro/ voto tra politico e cosche, che altrimenti sarebbe stato punibile con estrema difficoltà a titolo di concorso, stante l' enorme disponibilità economica delle organizzazioni criminali che avrebbe reso irrilevante l' erogazione di denaro sotto il profilo causale del rafforzamento o del mantenimento del sodalizio.

Con la pronuncia n. 33748/2005 l'organo di nomofilachìa nella sua massima composizione ha sancito che "D'altra parte, la scelta legislativa di incriminare con la nuova fattispecie dell'art. 416 ter cod. pen. (introdotta dall'art. 11 ter d.l. n. 306/1992, conv. dalla l. n. 356/1992 in funzione complementare rispetto al precetto dell'art. 416 bis,, ultima parte, al pari inserito dall'art. 11 bis del medesimo decreto legge) l'accordo elettorale politico-mafioso in termini di scambio denaro/voti non può essere intesa come espressiva dell'intento di limitare solo a questa fattispecie l'ambito di operatività dei variegati patti collusivi in materia elettorale con un'associazione mafiosa, negandosi dunque rilievo penale ad ogni altro accordo diverso da quel tipo di scambio. L'esegesi storico-sistematica della disposizione incriminatrice dell'art. 416-ter lascia invero intendere che la soluzione legislativa -in vece dell'emendamento di largo respiro elaborato al comitato ristretto della Commissione Giustizia della Camera dei deputati- sia stata dettata dalla volontà di costruire una specifica e tipica figura, alternativa al modello concorsuale, sì che (come si è già ritenuto dalle Sezioni Unite, sent. 30/10/2002, Carnevale, cit.) "la relativa introduzione deve leggersi come strumento di estensione della punibilità oltre il concorso esterno, e cioè anche ai casi in cui il patto preso in considerazione, non risolvendosi in contributo al mantenimento o rafforzamento dell'organizzazione, resterebbe irrilevante quanto al combinato disposto degli artt. 416 bis e 110 cod. pen.". S'intende affermare che neppure un'ampia e diffusa frammentazione legislativa in autonome e tipiche fattispecie criminose dei vari casi di contiguità mafiosa (com'è avvenuto, ad esempio, sul terreno del distinto fenomeno terroristico, mediante l'introduzione delle nuove figure del "finanziamento" di associazioni con finalità di terrorismo - art. 270 bis cod. pen., ins. dall'art. 1.1 d.l. n. 374/2001 conv. in l. n. 438/2001- ovvero dell'"arruolamento" e "addestramento" di persone per il compimento di attività con finalità di terrorismo anche internazionale -artt. 270 quater e 270 quinquies cod. pen., ins. dall'art. 15.1 d.l. n. 144/2005 conv. in l. n. 155/2005-) sarebbe comunque in grado di paralizzare l'espansione operativa della clausola generale di estensione della responsabilità per i contributi atipici ed esterni diversi da quelli analiticamente elencati, secondo il modello dettato dall'art. 110 cod. pen. sul concorso di persone nel reato, se non introducendosi una disposizione derogatoria escludente l'applicabilità della suddetta clausola per i reati associativi. E però, ammessa l'astratta configurabilità delle regole del concorso eventuale anche per l'ipotesi di accordo politico-mafioso diverso dallo scambio denaro/voti, occorre trarne le conseguenze in punto di rigorosa ricostruzione dei requisiti di fattispecie, con particolare riguardo, oltre che al dolo, anzitutto all'efficacia causale del contributo atipico del concorrente esterno" .

Di conseguenza, prima della riforma del 2014 gli elementi distintivi tra un patto integrante il concorso esterno ex artt. 416 bis e 110 c.p. ed un patto sanzionato dall' art. 416 ter c.p. erano rappresentati da:

- contenuto della prestazione : Invero, solo l' erogazione di denaro da parte del politico rendeva configurabile (secondo l' orientamento prevalente in dottrina) la fattispecie di scambio elettorale politico- mafioso (4).

- natura della fattispecie: Difatti, il reato di cui all' art. 416 ter integrava una fattispecie di mera condotta che rendeva punibile la mera stipulazione del patto. Di converso, per poter punire a titolo di concorso esterno in associazione mafiosa (reato di evento) un patto voti - favori il giudice doveva accertare se esso avesse determinato un rafforzamento del sodalizio in cui consiste l' evento consumativo di tale fattispecie concorsuale.

La situazione post riforma 2014 e i rapporti successori tra "vecchio" e "nuovo" art. 416-ter c.p.

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Analizzando la formulazione del nuovo art 416-ter c.p. si possono cogliere molteplici differenze:

Innanzitutto, l'art. 416-ter c.p. descrive ora un reato plurisoggettivo proprio (essendo incriminata la condotta di entrambi i concorrenti necessari).

In secondo luogo, l'oggetto del patto incriminato non riguarda più solo lo scambio voti-denaro ma anche lo scambio voti - altra utilità.

In terzo luogo, la cornice edittale prevista per il patto politico mafioso risulta più contenuta (da sei a dieci anni di reclusione) rispetto a quella prevista dall'art. 416-bis c.p. (da dieci a quindici anni di reclusione).

Invece, anche a seguito della Legge del 17 aprile 2014 n. 62, resta invece immutato il fatto che il patto politico mafioso ex art. 416-ter c.p. continua a costituire un reato di mera condotta, senza che sia necessario accertare - come avviene in relazione al concorso esterno in associazione mafiosa - che la stipulazione del patto abbia determinato il consequenziale mantenimento o rafforzamento dell'associazione mafiosa.

Inoltre, un importante elemento di novità è rappresentato dall' esplicito riferimento al metodo mafioso contenuto nel nuovo art. 416 ter c.p (5).

Prima della riforma, risultava, invero, controverso il ruolo del metodo mafioso all' interno della fattispecie. Segnatamente, ad opinione di un primo orientamento, era necessario accertare l' effettivo ricorso all' intimidazione o alla prevaricazione mafiosa nel procacciamento. Per converso, al suddetto orientamento si contrapponeva quello che, ritenendo la fattispecie un reato di pericolo, incentrato sull' accordo, riteneva sufficiente un "indicazione espressa" - nell'ambito delle "trattative" - dell'utilizzo del metodo mafioso, non bastando però la semplice esistenza e notorietà del vincolo associativo (6).

Per un terzo orientamento, poi, si doveva ritenere insita nella qualità di appartenente ad un sodalizio criminale organizzato del soggetto con cui si concludeva l' accordo la successive utilizzazione del metodo mafioso per condizionare il libero esercizio del voto.

Per effetto della riformulazione della norma in esame, la promessa di procurare voti deve avvenire "mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis" . Sul rilievo da attribuire a tale previsione si registrano due diversi orientamenti.

Per il primo (7), la riforma è intervenuta sul contenuto della promessa formulate dall' esponente dell' organizzazione mafiosa, prescrivendo che le modalità di procacciamento dei voti debbano costituire oggetto del patto di scambio, di guisa che risulta necessario che le parti esplicitino o quantomeno convengano le modalità mafiose con cui il procacciamento mafioso dovrà essere posto in essere. Dal punto di vista dell' elemento soggettivo, è necessario che risulti accertata la piena rappresentazione e volizione da parte del politico di aver concluso un patto implicante l' utilizzo da parte del sodalizio della sua capacità di intimidazione ed assoggettamento degli elettori.

Con riferimento alla successione di leggi nel tempo, i giudici di legittimità hanno osservato che tra la fattispecie prevista dalla precedente formulazione dell'art. 416 ter c.p. e la nuova intercorrerebbe un rapporto di specialità per specificazione, costituito dalla necessità che il mafioso specifichi l' utilizzo della forza d' intimidazione del sodalizio nel procacciamento dei voti. Di conseguenza, secondo tale orientamento, in base al principio della retroazione in mitius, risulterebbero penalmente irrilevanti le condotte antecedenti al 2014, consistite unicamente nella stipulazione di un patto politico- mafiose senza un esplicito riferimento a modalità intimidatorie nel procacciamento dei voti.

Ad un diverso esito è, invece, pervenuta la Cassazione in una differente pronuncia (8) secondo cui quando la promessa di procacciamento dei voti è resa dall'esponente di una cosca mafiosa, in grado di impegnare la stessa con la propria promessa, il metodo mafioso deve ritenersi implicito, non necessitando di esplicita enunciazione. Quando invece a concludere il patto sia un soggetto estraneo alla cosca o un soggetto appartenente alla stessa che agisca, tuttavia, a nome proprio torna ad essere necessario l' esplicito riferimento al metodo Mafioso.

Per di più , essendo il reato comune, può essere commesso non solo dal candidate ma anche da un suo collaboratore o da chiunque agisca in suo nome e/o nel suo interesse.

Rapporti post riforma tra scambio elettorale politico-mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa

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Tenuto conto che entrambe le fattispecie in esame sanzionano forme di aggressione - recanti diverso disvalore e differente gravità - al medesimo bene giuridico, derivanti dalla collusione mafia- politica , si può desumere che tra la fattispecie del patto politico mafioso ex art. 416-ter c.p. e la fattispecie del concorso esterno in associazione mafiosa ex artt. 110 e 416-bis c.p. intercorre un rapporto di sussidiarietà e di progressione offensiva, che, come noto, rappresenta uno dei criteri di risoluzione del concorso apparente di norme (9).

All'interno di questa relazione, viene in rilievo, in prima battuta, il patto politico mafioso ex art. 416-ter c.p. che costituisce, come anzidetto, una fattispecie di mera condotta che si perfeziona per la sola stipulazione del patto e la promessa di ricorrere al procacciamento di voti con il metodo mafioso, a prescindere dalla circostanza che il patto contribuisca a mantenere o rafforzare l'associazione mafiosa. Tale fattispecie di mera condotta è punita con la reclusione da sei a dieci anni.

In seconda battuta, realizza in rapporto di progressione criminosa la fattispecie del concorso esterno in associazione mafiosa integrata tramite la stipula del patto politico mafioso (che potrà avere ad oggetto lo scambio voti-denaro o voti-altra utilità). Tale fattispecie è integrata in forza di un elemento aggiuntivo rispetto alla stipula del patto politico mafioso, vale a dire l'effetto di contribuire al mantenimento o al rafforzamento dell'associazione mafiosa a causa di quel patto. Di conseguenza vi sarà un trattamento sanzionatorio maggiormente rigido (la reclusione da dieci a quindici anni).

Stante il rapporto di sussidiarietà tra le due fattispecie, qualora si configuri il concorso esterno in associazione mafiosa potrà dirsi sussistente un concorso apparente di reati, con la conseguenza che la fattispecie del patto politico mafioso ex art. 416-ter c.p. degraderà ad antefatto non punibile in quanto assorbito nel più grave concorso esterno ex artt. 110 e 416-bis c.p.


(1) R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale - parte generale, XV edizione, Nel diritto editore, 2018, p. 1290.

(2) Ex pluribus Cass. Pen., sez. VI, n. 18080 del 03 maggio 2012

(3) Cfr., Cass. Pen. SS.UU., n. 33748 del 20 settembre 2005

(4) V. CITRARO, Lo scambio elettorale politico-mafioso, art. 416-ter c.p. Genesi, riforma e orientamenti giurisprudenziali, in deiurecriminalibus.altervista.org

(5) G. AMARELLI, Il metodo mafioso nel nuovo reato di scambio elettorale: elemento necessario o superfluo per la sua configurazione?, in penalecontemporaneo.it

(6) V. MAIELLO, Sulla pretesa riconducibilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso alla categoria di quelli "commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p., in penalecontemporaneo.it

(7) Cfr. Cass. Pen. Sez VI. n.36382 del 28 agosto 2014

(8) Cfr. Cass. Pen. Sez. VI, n. 41801 del 16 ottobre 2015

(9) F. CARINGELLA; A. SALERNO, Manuale ragionato di diritto penale, Dike giuridica editore, 2019, p.1045.


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