Ecco il perché di una gestione fallimentare che fa emergere le gravi responsabilità del mondo politico

di Simone Vazzana - Sono passati più di tre anni e mezzo dal sisma che nella notte del 24 agosto 2016, alle ore 3:36, ha seminato morte e distruzione in diversi paesi del centro Italia.

Sono 140 i comuni colpiti dal sisma e ufficialmente inseriti nel "cratere del terremoto". Tra questi vi sono i comuni e le frazioni del "primo cratere", quelli dimenticati, quelli dove ancora oggi non c'è neppure l'ombra di un solo cantiere. Nei comuni di Amatrice, Accumoli, Arquata, Vezzano, Pretare, Piedilama, Norcia, Castelluccio, Castel Santangelo sul Nera e molti altri, il tempo sembra essersi fermato. Le lancette sono ancora ferme alla notte del 24 agosto.

Gli unici "lavori in corso" sono ancora legati alla rimozione delle macerie. E in questi paesi non è proprio possibile pensare di ricostruire perché stiamo parlando di "aree perimetrate" dove la popolazione è in attesa di una decisione da parte del mondo politico: se si può ricostruire, dove si può ricostruire e come si può ricostruire.

In questo stato delle cose neppure i tecnici posso presentare le domande (possono farlo solo per le zone meno colpite dal sisma e fuori dalle aree perimetrate). Nessuno può iniziare lavori dove persistono le perimetrazioni.

La popolazione è ormai rassegnata al peso della burocrazia e a un mondo politico che non è neppure posto il dubbio se fosse davvero necessario mantenere la perimetrazione in tutti quei paesi che, invece, potevano essere ricostruiti così com'erano prima, nella loro storica bellezza e senza la necessità di una nuova urbanistica. Il buon senso non è prevalso.

Anche laddove il sisma aveva recato danni minori sugli edifici, l'economia era stata comunque messa in ginocchio e l'emergenza sanitaria del coronavirus ha ora portato alla chiusura di quelle attività che con grande fatica stavano tentando di risollevarsi dopo anni passati in apnea.

Le persone che hanno dovuto lasciare le loro case e che vivono nelle soluzioni abitative di emergenza, aspettano ancora la ricostruzione promessa da una politica inerte e incapace di offrire soluzioni reali, snelle, efficaci. Anche la politica si è fatta ingabbiare dagli eccessi burocratici ed è rimasta ferma nell'ottusa convinzione che si debbano mettere a norma persino centri storici e borghi medievali.

Il Covid-19, oltre a mietere migliaia di vittime, ha evidenziato le carenze del sistema Italia accendendo i riflettori sui problemi atavici del Paese: la condizione delle carceri, i tagli al sistema sanitario, ma anche l'incapacità di garantire i servizi essenziali a cittadini che, ormai da tempo, hanno perso tutto e aspettano di veder mantenuta la promessa di una seconda vita.

Tre anni e mezzo dopo il terremoto le macerie sono ancora lì. Ad Amatrice, ma non solo, le celebrazioni della Pasqua sono state trasmesse in streaming

. Il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, quelle macerie le ha mostrate tutte durante la sua Via Crucis: "Le persone sono nelle casette, la ricostruzione tarda ad avviarsi nella sua totalità. Al disagio di dover stare chiusi si aggiunge quello già precedente della condizione concreta di quel territorio", ha detto a Vatican News.

E in effetti il processo di ricostruzione sembra proprio un'interminabile Via Crucis. Tutti i paesi segnati in maniera grave sono nello stesso stato di partenza, se si esclude la rimozione parziale di alcune macerie. Non è colpa dei tecnici che non depositano gli elaborati, come sostenuto da alcuni politicanti. Non è nemmeno colpa dei terremotati, dipinti addirittura come abusivisti e senza considerare che i paesi costruiti in epoca medievale non sono conformi alle attuali norme di urbanistica per il semplice fatto che all'epoca della loro realizzazione tali norme non esistevano. Questo non ha nulla a che fare con l'abusivismo edilizio.

Si è spesso confusa la necessità di ricostruire edifici sicuri sotto il profilo della tenuta statica, con la necessità di esigere il rispetto di alcune norme che i borghi medievali non possono ovviamente rispettare ma che non incidono sulla sicurezza. Essendo appunto storici, sono caratterizzati da edifici che hanno altezze dei piani non conformi alla normativa vigente perché all'epoca si costruiva così. Ne è un fulgido esempio il quartiere Trastevere, a Roma. L'urbanistica riflette una condizione storica importante ma difforme dall'ordinaria. Ma che è bella così. Nessuno si sognerebbe di cambiare la testimonianza di un'architettura d'epoca.

Tornando ai comuni colpiti dal sisma, nelle aree del primo cratere ancora oggi non si è deciso quali paesi si possano ricostruire e come. Di chi è la colpa dei ritardi? Perché non si ricostruisce? L'errore è della politica. Solo ed esclusivamente del mondo politico che a distanza di quasi 4 anni non è stato in grado di stabilire se e come ricostruire nelle aree perimetrate e che non ha avuto il coraggio di limitare le perimetrazioni alle sole aree dove era oggettivamente impossibile il ripristino della situazione legittima preesistente.

La perimetrazione (laddove oggettivamente inutile) ha comportato il blocco di ogni forma di costruzione: durante questo passaggio si è costretti ad aspettare. Il paradosso è che nello scordo dicembre 2019 si stavano ancora cercando aziende che si potessero occupare di indagini geologiche.

L'altra grande domanda è: come ricostruire? Le opzioni sono due: ricostruire ciò che c'era (ma in modo più solido) o adeguarsi alle norme vigenti e stravolgere anche la bellezza di borghi medievali. Ed è qui che la politica rischia di far arenare il tutto, perché esclude ha voluto escludere la prima strada per avventurarsi sulla seconda. Quella più tortuosa, perché comporta uno stravolgimento dell'urbanistica, un allargamento dei paesi, l'avvido di procedure di esproprio, l'apertura di contenziosi: i tempi si dilaterebbero, e prima di ricostruire potrebbero passare decenni. Eppure solo in alcuni paesi, ossia quelli in cui il suolo non è più oggettivamente lo stesso - servirebbe realmente una nuova urbanistica. In tutti gli altri i lavori potrebbero iniziare senza ulteriori ritardi.

Il problema non è la lentezza dei lavori. Il problema è che è tutto fermo e l'adeguamento alla nuova urbanistica prolungherà ulteriormente lo stallo. Se si impone a un proprietario di una casa in un paese storico di allargare una stanza in base alla normativa vigente, non è detto che ci sia lo spazio per farlo. Allargare la cucina potrebbe impedire l'accesso alla camera da letto, senza contare la reale possibilità di invadere la casa del vicino. La soluzione, che l'ottusità della politica continua a non voler vedere, è la ricostruzione di ciò che c'era prima: ricreare il borgo medievale in maniera sicuramente più solida, ma senza dover per forza rispettare tutte le norme edilizie vigenti. Serve maggior elasticità.  Servono soprattutto delle deroghe, senza le quali molti edifici non potranno essere ricostruiti.

L'intoppo normativo è ancora irrisolto: è impossibile adeguare i borghi medievali alle moderne norme che regolano le altezze dei piani e le dimensioni delle stanze. E questo perché non sempre c'è spazio per farlo.

L'aspetto più allarmante è poi l'assenza di un progetto per il futuro. "Da oltre tre anni - spiega Stefano Babini, presidente dell'Ordine degli ingegneri di Ascoli Piceno - mancano la visione sul futuro delle zone colpite e dei piani di ricostruzioni, si devono anche completare gli studi geologici. Le norme sul sisma sono troppe e confliggono con quelle ordinarie".

Per un progetto, continua Babini, "servono oltre 50 elaborati" e per approvarlo "da 6 mesi a un anno. Gli uffici speciali per la ricostruzione non hanno ancora tutto il personale necessario. La burocrazia prevale sulla tecnica, non si impone che i fabbricati dovranno rimanere agibili anche in occasione di sismi futuri. Non sono state regolamentate le piccole difformità edilizie per superarli in maniera rapida ed efficace".

Non basta l'autocertificazione dei progetti, introdotta per accelerare i tempi. "Non basta - conclude Babini - perché non definisce i controlli degli uffici, che non hanno esperienza di cantiere, e mette il rischio il contributo a opere avviate: è inutile fissare scadenze e prorogarle senza prima agire sulle cause che ritardano i progetti".

Non si deve essere schiavi del concetto di legalità perché in questo caso è una semplice sensazione: in realtà si tratta di analfabetismo giuridico. E a rimetterci sono migliaia di persone che aspettano ancora di tornare a vivere in maniera dignitosa. A casa loro.

Guarda il video su youtube: 2020 - sisma centro italia. Ancora tutto fermo nelle aree del primo cratere





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