L'aborto in Italia è disciplinato dalla legge n. 194/1978 che contiene anche le norme per la tutela sociale della maternità. Detta procedura è lecita se praticata entro 90 giorni o dopo solo per motivi terapeutici

Cos'è l'aborto

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L'aborto, ossia l'espulsione del feto o dell'embrione dall'utero, può essere spontaneo o volontario. L'aborto volontario, definito tecnicamente interruzione volontaria della gravidanza o (IVG), è un procedimento medico chirurgico o farmacologico con cui si provoca la morte del feto.

Legge IVG interruzione volontaria gravidanza

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L'aborto in Italia è un diritto riconosciuto dalla legge 194/1978 ed è gratuito. Questa legge ha reso infatti lecita la procedura di interruzione volontaria della gravidanza. Scopi principali della legge:

  • garantire "il diritto alla procreazione cosciente e responsabile";
  • riconoscere "il valore sociale della maternità";
  • tutelare sin dal principio la vita umana.

Come precisa infatti il comma 2 dell'art. 1 della legge "l'interruzione della gravidanza (...) non è mezzo per il controllo delle nascite."

Dal testo della legge n. 194 del 1978 si evince che la decisione d'interrompere la gravidanza deve essere presa dalla donna nella totale conoscenza e consapevolezza delle possibili alternative, con il supporto dei genitori, del tutore e del giudice nel caso in cui l'interruzione è richiesta da una minore o da un'interdetta.

La norma più importante della legge è infatti l'art. 14 perché prevede che: "Il medico che esegue l'interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna.

V. Interruzione volontaria di gravidanza: la legge 194

Quando l'aborto è lecito

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L'aborto è lecito quando viene praticato nel rispetto delle norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza contenute nella legge n. 194/1978. La legge prevede la possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza prima e dopo i 90 giorni, per ragioni diverse. Vediamo quali.

Fino a quando si può abortire e per quali ragioni

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Come anticipato, alla donna viene data la possibilità di procedere all'interruzione volontaria della gravidanza prima e dopo i 90 giorni.

Interruzione della gravidanza entro i primi 90 giorni

Nel primo caso, ossia interruzione entro 90 giorni, la donna può praticare l'IVG se ritiene che esistono motivi di pericolo derivanti dal proseguimento della gravidanza, dal parto o dalla maternità per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, alle sue condizioni economiche, sociali, familiari, alle circostanze legate al concepimento, alle previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, deve rivolgersi a un consultorio familiare, a una struttura socio sanitaria abilitata dalla Regione o a un medico di fiducia.

Interruzione della gravidanza dopo i primi 90 giorni: l'aborto terapeutico

Il discorso cambia quando l'interruzione della gravidanza deve essere praticata dopo i primi 90 giorni. In questo caso, affinché la procedura possa svolgersi in modo legittimo, la legge prevede la presenza di determinati presupposti:

  • la gravidanza o il parto devono costituire un grave pericolo per la vita della gestante;
  • devono essere stati accertati processi patologici, compresi quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che costituiscono un pericolo per la salute fisica e psichica della donna.

Quando l'IVG avviene perché la gravidanza o il parto comportano un grave pericolo per la vita della donna i relativi processi patologici vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, il quale ne deve certifica l'esistenza. Il medico può anche avvalersi della collaborazione di specialisti ed è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale se l'intervento deve essere praticato immediatamente.

IVG della minore e dell'interdetta

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Come anticipato, ci sono casi in cui la libertà di autodeterminazione della donna subisce delle limitazioni, nel senso che la richiesta può essere presentata anche da altri soggetti quando la sua consapevolezza per età o condizione, è diminuita.

Interruzione di gravidanza della minore

Quando la donna è una minore di 18 anni, per procedere all'interruzione della gravidanza è necessario il consenso di chi esercita sulla stessa la tutela o la responsabilità genitoriale. La legge però prevede che, se nei primi 90 giorni sussistono seri motivi che impediscono o sconsiglino la consultazione dei genitori o del tutore o questi, anche se interpellati, rifiutano di dare il consenso o esprimono pareri difformi, il consultorio, la struttura socio-sanitaria o il medico di fiducia, dapprima informano la donna delle possibili alternative e delle modalità di risoluzione dei vari problemi che la inducono a chiedere l'interruzione della gravidanza, coinvolgendo il padre e offrendo il loro aiuto prima e dopo la gravidanza quindi, entro 7 giorni dalla richiesta, rimettono una relazione del caso, corredata da parere, al giudice tutelare competente, che entro 5 giorni, sentita la donna e tenendo conto della sua volontà, può autorizzarla a interrompere la gestazione. Ci sono però dei casi in cui il consenso dei genitori e del tutore non è richiesto, cioè se l'interruzione deve essere praticata dopo i novanta giorni in presenza di un grave pericolo per vita della donna, accertato da un medico del servizio ostetrico-ginecologico. Accertamento che non si rende necessario se sussiste un pericolo imminente di vita della donna.

Interruzione di gravidanza dell'interdetta

Un altro caso particolare che richiede quindi regole particolari è quella che riguarda l'interdetta per infermità di mente. In questo caso la legge consente che la richiesta d'interrompere la gravidanza entro i primi 90 giorni o nei successivi possa essere avanzata direttamente dalla donna, dal tutore o dal marito non tutore e non separato. Se però la richiesta viene presentata dall'interdetta o dal marito il tutore deve dare il suo parere, mentre se la domanda viene avanzata solo dal marito o solo dal tutore, la donna deve comunque confermarla. Come per il caso della minore, il medico o il consultorio, entro sette giorni, trasmettono al giudice tutelare una relazione con cui lo informano dell'atteggiamento della donna, della sua infermità mentale, dell'eventuale parere del tutore e sulla provenienza della domanda d' interruzione. A questo punto il giudice tutelare, se lo ritiene opportuno, sente gli interessati, altrimenti decide entro 5 giorni con un atto che non può essere reclamato e che costituisce titolo per ottenere l'interruzione in via d'urgenza.

Procedura interruzione volontaria di gravidanza

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La donna che intende abortire può rivolgersi a una serie di strutture: dal consultorio familiare, al medico di famiglia, sino al pronto soccorso. L'iter più comune in genere però ha inizio nel momento in cui la donna in stato di gravidanza, munita da un referto da cui risulta il suo stato di gravidanza eseguito da un laboratorio e da un documento d'identità, si presenta al consultorio familiare. Compito del consultorio è di ascoltare le motivazioni addotte dalla donna e rimuovere eventuali cause che la inducono a praticare l'aborto volontario.

Prima dell'intervento comunque alla donna deve essere data la possibilità di esaminare ancora la situazione nel suo complesso anche per trovare soluzioni alternative. Il tutto con l'aiuto dei professionisti sanitari che, ove possibile e necessario devono aiutare a rimuovere le cause che hanno portato la donna a prendere una decisione così importante. La donna infatti, se necessario, deve essere anche indirizzata da ginecologi, ostetriche ma soprattutto psicologi dei servizi sociali.

Solo dopo aver appurato che la decisione è presa e che le cause che hanno indotto la donna a optare per l'aborto volontario, il ginecologo del consultorio o il medico di base che effettuano la visita, devono certificare la decisione, informare la donna sulle metodiche (IVg farmacologica o chirurgica), assicurano il controllo post IVG e il collegamento con i reparti ospedalieri in cui praticare l'aborto volontario.

Conclusa questa fase di accertamento della volontà, deve essere comunque garantita, fino all'ultimo minuto la possibilità di scelta informata alla donna. Ogni struttura in ogni caso dovrebbe garantire la presenza di medici non obiettori per procedere all'IVG.

Si ricorda che l'aborto in Italia è gratuito (fatti salvi i costi delle analisi e dei farmaci post intervento) laddove eseguito mediante il Servizio Sanitario Nazionale ed è garantito anche alle donne che non hanno la cittadinanza italiana.

Aborto in ambulatorio privato: costi

Il discorso ovviamente cambia per chi, per diverse ragioni, decide di rivolgersi ad un ambulatorio privato. In questo caso i costi per procedere all'interruzione volontaria della gravidanza variano dai 2000 ai 3000 euro in genere.

IVG farmacologica e chirurgica

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L'interruzione volontaria della gravidanza può essere praticata con due metodi diversi: quello farmacologico e quello chirurgico. In entrambi i casi viene in genere consigliato alla donna di sottoporsi entro e non oltre le due settimane dall'IVG, ad una visita ginecologica di controllo.

Interruzione della gravidanza farmacologica

Per l'interruzione della gravidanza farmacologica (consentito fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale) è previsto in genere il ricovero della donna in Day hospital, nel corso del quale viene somministrato alla donna un primo farmaco (mifepristone, noto con il nome di RU486). Dopo 48 ore da questa somministrazione, se il frutto del concepimento non è stato ancora espulso, allora viene somministrato un secondo farmaco (categoria prostaglandine). Il primo serve per porre fine alla vita dell'embrione e ad espellerlo, il secondo invece serve a facilitarne l'espulsione se il primo farmaco non ha sortito prodotto l'effetto previsto. L'IVG farmacologica può causare dolore, nausea, diarrea, mal di testa e febbre.

Interruzione della gravidanza chirurgica

L'intervento chirurgico per praticare l'aborto volontario di solito viene eseguito entro la decima/undicesima settimana di gestazione. Alla donna vengono somministrate delle compresse per la preparazione cervicale e per la profilassi antibiotica pre-operatoria. L'intervento vero e proprio viene praticato in Day Surgery e ha una durata di pochi minuti nel corso dei quali un macchinario aspira l'embrione dalla cavità uterina. La donna durante l'intervento o viene o subisce il blocco paracervicale. Per il dolore post operatorio le vengono somministrati FANS.

Interruzione volontaria gravidanza: conseguenze

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L'IVG quando praticata nel rispetto di quanto previsto dalla legge n. n. 194/1978, oltre ad eventuali conseguenze o problematiche di tipo medico, non ha conseguenze dal punto di vista giuridico.

Se però ci si discosta dal percorso descritto dalla legge per procedere all'aborto, la legge che lo disciplina dispone sanzioni severe.

Chiunque infatti interrompe una gravidanza senza rispettare le modalità indicate dagli artt. 5 e 8 è punito con la pena della reclusione fino a tre anni, mentre la donna con la multa di 100.000 lire (euro 51,65).

Leggi anche Aborto clandestino: non è più reato ma donne punite fino a 10mila euro

Chi invece pratica l'aborto senza l'accertamento medico previsto dalle lettere a) e b) dell'art. 6 o in violazione dell'art. 7 è punito con la reclusione da 1 a 4 anni, mentre la donna è punita con la reclusione fino a 6 mesi. Pene che vengono aumentate delle metà se l'aborto è praticato su minori o interdette senza rispettare le regole previste per questi casi particolari. Nessuna punizione per la donna minore o l'interdetta.

Se dall'aborto deriva la morte della donna la pena è della reclusione da 3 a 7 anni, in caso di lesione gravissima da 2 a 5 anni, che viene diminuita se la lesione è grave. Queste ultime pene vengono invece aumentate se la morte consegue al mancato rispetto delle regole previste dalla legge per quanto riguarda l'accertamento medico o senza l'osservanza delle regole da applicare se la donna è minore o interdetta.

Se poi l'aborto è provocato da chi ha sollevato obiezione di coscienza allora le pene sono ulteriormente aumentate.

Sanzioni anche per chi rivela l'identità della donna o divulga notizie idonee a identificarla, in ragione della professione o ufficio.


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