Per la Cassazione, appartenere a un gruppo omosessuale costituisce un fattore di discriminazione e di persecuzione da valutare per concedere la protezione internazionale

di Annamaria Villafrate - Con l'ordinanza n. 2458/2020 (sotto allegata) la Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso di un migrante senegalese con cui mette in dubbio le ragioni addotte dal tribunale nel rifiutare la sua domanda di protezione internazionale. Gli Ermellini rilevano infatti come il giudice di primo grado non è riuscito a fornire prove idonee della non credibilità del migrante e di come abbia dato poca rilevanza all'orientamento sessuale del soggetto richiedente ai fini della concessione della protezione. Per la Cassazione infatti, sia dalla normativa in materia che da diverse pronunce della stessa, risulta che l'appartenere a un gruppo sociale con caratteristiche determinate, come quello descritto dal migrante senegalese omosessuale rappresenta un elemento discriminante da valutare, quando tale caratteristica sia considerata negativa dall'autore della persecuzione.

Diniego protezione internazionale e umanitaria

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Un senegalese presenta ricorso avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto non provata e credibile la questione dell'omosessualità del richiedente, perché il soggetto ha riferimento di frequentazioni e amicizie omosessuali non di un vero e proprio orientamento omosessuale.

Trattasi inoltre di una vicenda privata che non può rientrare nella nozione di persecuzione rilevante ai sensi dell'art 2 del dlgs n. 231/2007.Dalle fonti inoltre non si hanno notizie che in Senegal vi siano situazioni di violenza indiscriminata nei confronti degli omosessuali.

Ricorso in Cassazione

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Il soccombente ricorre quindi in Cassazione facendo presente in particolare nel secondo motivo del ricorso come la decisione negativa del Tribunale violi gli artt 2 e 10 della Costituzione e l'art. 14 del dlgs n. 251/2007 sotto due profili.

Il primo riguarda la non credibilità delle sue affermazioni, stante il fatto che il Tribunale ha riconosciuto come "Il ricorrente con tutto il disagio che si può immaginare possa provare un migrante che, con il proprio bagaglio culturale, sociale e religioso, davanti all'Autorità di uno stato straniero, ha cercato di manifestare le ragioni che lo hanno portato ad abbandonare il proprio mondo, in modo molto imbarazzato e pudico, ma comunque segnalando il fatto di essere dicriminato."

Il secondo invece fa presente che la decisione di diniego della protezione del Tribunale pretermette "il diritto alla propria identità sessuale e la libertà di poterla manifestare."

In sostanza per il ricorrente non poter esprimere il proprio orientamento sessuale costituisce una situazione di persecuzione rilevante a partire dalla Costituzione.

L'appartenenza a un gruppo sociale omosessuale è fattore di discriminazione

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La Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, rinviando la controversia al Tribunale in diversa composizione. Gli Ermellini ricordano che in una precedente pronuncia, la n. 18128/2017 quando si deve valutare la credibilità di un richiedente asilo, se sono presenti tematiche sessuali da affrontare occorre tenere conto della personalità del soggetto, della sua provenienza e del suo contesto culturale. Indicazioni a cui la sentenza impugnata non si è attenuta. Ella è giunta a escludere la protezione anche se di fatto la non credibilità del ricorrente non è stata provata, fondata da meri indizi. Parimenti inaccettabile il fatto che il tribunale abbia respinto la domanda di protezione stante la natura privata della questione relativa alla omosessualità del richiedente.

Come ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 27437/2016 "quella derivante dall'orientamento sessuale del richiedente è una ragione di persecuzione idonea a giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato". A confermarlo anche l'art 8 comma 1 del dlgs 251/2007 che ritiene l'appartenenza a un particolare gruppo sociale una ragione di persecuzione idonea a giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato.

Per la norma quindi è decisiva l'appartenenza a un determinato gruppo sociale connotato da un certo orientamento sessuale, non tanto per l'orientamento sessuale quanto per l'appartenenza a un gruppo sociale. Diritto che, come previsto anche dalla nostra costituzione, è tutelato e garantito stante l'importanza per chiunque di socializzare, frequentare persone, riunirsi, scambiare idee e sentimenti.

Scarica pdf Cassazione n. 2458-2020

Foto: 123rf.com
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