Il bilanciamento tra l'ordine di demolizione del giudice penale e i poteri riconosciuti alla PA in ordine alle sanzioni irrogate per l'abusivismo edilizio
di Daniele Perri - Come si coordina l'ordine di demolizione di un'opera abusiva emesso dal giudice penale con i poteri riconosciuti in capo al comune? Il dato legislativo di riferimento è l'art. 31, d.p.r. n. 380 del 2001.

Ordine di demolizione dell'opera abusiva

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L'iter può essere riassunto in questo modo: una volta rilevata la violazione, il comune ingiunge al proprietario o responsabile la rimozione o demolizione dell'opera abusiva (comma 2). Se il responsabile o proprietario non provvede nel termine di 90 giorni, il bene e l'area di sedime, sono acquisite di diritto e gratuitamente al patrimonio comunale (comma 3).

Beninteso, però, ciò non rende immune l'opera dall'essere abbattuta (comma 5) a meno che non siano presenti interessi pubblici alla conservazione dell'opera come, ad esempio, la destinazione delle opere abusive a scuola, ufficio pubblico, ecc.[1]

Va sottolineato che se il consiglio comunale non delibera il mantenimento dell'opera, l'unico esito (obbligato) sarà la demolizione dell'opera abusiva.

La funzione del giudice penale

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In questo contesto, la funzione del giudice penale, nel caso in cui egli abbia emesso un ordine di demolizione, rispecchia sì l'interesse del territorio affinché rimanga integro da eventuali abusi, ma genera incompatibilità con l'amministrazione procedente nel caso in cui quest'ultima abbia scelto di mantenere in vita l'opera.

Il bilanciamento tra i due provvedimenti

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Al riguardo va sottolineato che l'ordine di demolizione assolve una funzione di provvedimento accessorio rispetto alla condanna principale. Certo, tale funzione non ha carattere suppletivo rispetto al potere esercitato dalla PA ma mira a ripristinare l'interesse offeso dall'opera abusiva.

In questa accezione, sembrerebbe logico supporre che se la funzione dell'ordine di demolizione è la tutela del bene, allora, nel caso in cui il bene sia rivalutato e subentrino interessi pubblici contrari alla rimozione del bene; il bene, così rivalutato acquista lo status di bene facente parte del territorio da tutelare, spostando, così, l'asse di tutela verso l'arresto dell'ordine di demolizione rispetto il provvedimento amministrativo[2].

Detto altrimenti, nel bilanciamento tra i due provvedimenti (ordine di demolizione e provvedimento di rivalutazione del bene da parte del consiglio comunale) sarà l'ordine di demolizione a cedere il passo al provvedimento amministrativo che dichiari prevalenti le esigenze di pubblico interesse contrarie alla rimozione del bene[3].


[1] Così come sostenuto da giurisprudenza costante, ex plurimis, Cass. pen., S. U., 19 giugno - 24 luglio 1996, n. 15; Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2001, n. 34428.

[2] "Vi è piena compatibilità e autonomia fra l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale in uno con la sentenza di condanna e l'eventuale provvedimento di acquisizione adottato dal Comune", dovendosi affermare che "l'esecuzione dell'ordine di demolizione si arresta soltanto di fronte a una deliberazione del Consiglio Comunale che sancisca la sussistenza di prevalenti esigenze di pubblico interesse che sconsiglino la rimozione dell'abuso." cfr. ex plurimis Cass. Pen., sez. III, 28 aprile 2010, n. 32952

[3] "L'intervenuta emissione dell'ordine di demolizione da parte del giudice penale non priva affatto l'amministrazione del potere di disporre l'acquisizione dell'immobile al proprio patrimonio per finalità di pubblico interesse, ben potendo il relativo provvedimento intervenire anche in un momento successivo alla statuizione penale (purché, ovviamente, prima della sua esecuzione)" T.A.R. Campania n. 1700 del 6 aprile 2012, ma anche T.A.R. Campania n. 04887/2014


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