Il pericolo di infiltrazione mafiosa necessita di un accertamento rigoroso a tutela dei fondamentali valori costituzionali coinvolti

Avv. Claudio Roseto - Le valutazioni compiute dell'Autorità Amministrativa in materia di informativa antimafia interdittiva sembrano, spesso, ancorate all'antico principio del "salus rei publicae, suprema lex esto".

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Le legittime ragioni prefettizie di tutela della sicurezza pubblica, unitamente alla necessità di combattere ed arginare l'attività delle organizzazioni criminali, richiedono un rigoroso accertamento del pericolo di infiltrazione mafiosa. Tuttavia, l'omessa o la superficiale valutazione in ordine all'attualità e alla concretezza del predetto pericolo rischiano di comprimere, in modo significativo, la libertà di iniziativa economica costituzionalmente tutelata.

Informativa antimafia e bilanciamento degli interessi

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L'istituto dell'informativa antimafia impone, preliminarmente, di operare una valutazione dei contrapposti interessi, di rango costituzionale, coinvolti.
I principali valori costituzionali in gioco, in materia di informativa antimafia, sono la libertà di iniziativa economica, da un lato; e la tutela dell'ordine pubblico economico, dall'altro.
Ebbene, seguendo l'insegnamento di un'autorevole posizione in dottrina, la valutazione degli interessi costituzionali deve sempre avvenire mediante il metodo del bilanciamento "caso per caso", al fine di evitare l'annullamento di valori costituzionali e sfociare nella c.d. "tirannia dei valori".

Infatti, laddove si volesse attribuire preminenza assoluta ad un valore, piuttosto che a un altro, si finirebbe per annientare l'interesse costituzionale ritenuto, in astratto, cedevole e subvalente.
La Prefettura, pertanto, nell'emanazione di un'informativa antimafia, deve operare un'attenta valutazione dei diversi elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa.
Al contempo, il Giudice amministrativo, nel sindacato sulla motivazione, deve compiere un altrettanto approfondito esame di tali elementi, singolarmente e nella loro intima connessione, per assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del Prefetto nell'esercizio di tale ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale.

Natura e presupposti dell'interdittiva antimafia

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I caratteri specifici dell'informazione interdittiva antimafia sono stati delineati dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. ex pluribus: Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743).

In particolare, la ratio dell'istituto è stata individuata nella salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione. L'interdittiva antimafia, invero, comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore - pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione - meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti "affidabile") e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge. Compito dell'autorità prefettizia è valutare il rischio che l'attività di impresa possa essere oggetto di infiltrazione mafiosa, in modo concreto ed attuale, sulla base dei seguenti elementi: provvedimenti sfavorevoli del giudice penale; sentenze di proscioglimento o di assoluzione; proposta o provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159; rapporti di parentela; contatti o rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; vicende anomale nella formale struttura dell'impresa; vicende anomale nella concreta gestione dell'impresa; condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi benefici; inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità.
Più di recente, è stato precisato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758) che il pericolo dell'infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo antimafia, ad un "diritto della paura", ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del d.lgs. n. 159 del 2011: si pensi, per tutti, ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, "a condotta libera", sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell'autorità amministrativa, che «può» - si badi: può - desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell'art. 91, comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali «unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata».

Caratteri e limiti della valutazione prefettizia

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L'autorità amministrativa, in ossequio ai principi di imparzialità e buon andamento contemplati dall'art. 97 Cost., è chiamata, esternando compiutamente le ragioni della propria valutazione nel provvedimento amministrativo, attraverso la motivazione, a verificare che gli elementi fattuali, anche quando "tipizzati" dal legislatore, non vengano assunti acriticamente a sostegno del provvedimento interdittivo, ma siano dotati di individualità, concretezza ed attualità, per fondare la prognosi di permeabilità mafiosa, secondo una struttura bifasica (diagnosi dei fatti rilevanti e prognosi di permeabilità criminale) non dissimile, in fondo, da quella che il giudice penale compie per valutare gli elementi posti a fondamento delle misure di sicurezza personali, lungi da qualsiasi inammissibile automatismo presuntivo, come la Suprema Corte di recente ha chiarito (v., Cass., Sez. Un., 4 gennaio 2018, n. 111).

L'imprescindibile sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo

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In questo contesto normativo, il Giudice amministrativo è chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario, posto a base della valutazione prefettizia, in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, sicché il relativo sindacato giurisdizionale sull'esercizio del potere prefettizio comporta un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consentendo di sindacare l'esistenza o meno di questi fatti, che devono essere gravi, precisi e concordanti e di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l'autorità amministrativa trae da quei fatti, secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva, e non sanzionatoria, della misura in esame (cfr. ex multis: Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105; Cons. Stato, Sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758).

In siffatto contesto, il Giudice Amministrativo rappresenta l'ultimo baluardo per la tutela di valori costituzionali che sono spesso pretermessi dall'autorità amministrativa, in ragione della sussistenza di pericoli, talvolta solo ipotetici, frutto di valutazioni sommarie e superficiali.


Avv. Claudio Roseto

Specializzato in diritto amministrativo

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