Analisi e commento di una legge discussa e contestata dalla giurisprudenza e la dottrina sotto il profilo costituzionale

Dott. Carlo Casini - La parola "spazza corrotti" nasce dall'ultimo disegno di legge in materia di anticorruzione (l. 9 gennaio 2019, n. 3) con particolare riferimento all'articolo 1, co. 6, che sostanzialmente prevede che per i "corrotti" (anche a mero titolo di peculato), le pene alternative alla detenzione sono precluse, persino quando i reati sono stati compiuti in epoca antecedente all'entrata in vigore della norma (avvenuta lo scorso gennaio).

La disposizione di cui sopra ha sollevato notevoli perplessità in nome dell'irretroattività delle norme penali sostanziali, seppur corroborata dal contributo interpretativo offerto dalla Suprema Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione a Sezioni Unite, risalente al 2006. In tale anzidetta pronuncia, si sottolineava: «le disposizioni concernenti le misure alternative alla detenzione non hanno carattere di norme penali sostanziali».

In tal modo, la Corte sosteneva che retroattività non è solo possibile, ma lecita alla luce delle norme del nostro ordinamento.


Le ordinanze di rinvio alla Corte Costituzionale

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A tale approdo interpretativo, per dovere di cronaca, si registrano numerose opposizioni dei Tribunali e delle Corti di Appello (Napoli, Lecce, Palermo ecc..), che hanno trasmesso con ordinanza di rinvio gli atti alla Corte Costituzionale.

Da ultimo, il più autorevole rinvio è stato disposto proprio dalla Corte di Cassazione, Sezione I, con l'ordinanza n. 1992 del 18 giugno 2019, nel corso del processo nei confronti di Alberto Pascali, caso che ha avuto una notevole diffusione mediatica.

E' solo questione di tempo, il Giudice delle Leggi dovrà fornire una risposta ai quesiti di costituzionalità che gli sono stati, a più riprese, prospettati.

Sicuramente, una norma come quella prevista dallo "Spazza corrotti" richiede un ragionamento piuttosto complesso e lungo circa il criterio di norma penale sostanziale, nonché il suo inevitabile cozzare, anche superato il primo nodo, con le disposizioni di cui agli artt. 25 Cost, 2 c.p. e 7 CEDU in via esemplificativa.

Insomma, la Consulta con il suo intervento, come molti hanno detto, potrebbe far crollare un "totem", ovvero quello che ha permesso in ambito di esecuzione penale di introdurre norme retroattive, sulla base dell'assunto interpretativo delle Sezioni Unite citato.

Bisogna notare che, a parere di chi scrive, anche la Corte di Cassazione poteva con ardore "auto correggersi" prima ancora di rinviare al Giudice delle Leggi, questo sarebbe stato infatti possibile con un cambio di orientamento.

Ma forse la delicatezza della questione e i suoi indubbi valori costituzionali e sovranazionali coinvolti hanno fatto propendere i giudici della Suprema Corte per rinviare la questione alla Corte Costituzionale.

Il dibattito circa l'art. 4 ord. pen. e il regime di ostatività ai benefici penitenziari

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Anche se il tema più delicato della questione odierna è la sua retroattività, si segnala come il dibattito sia vivo anche circa la presunta irragionevolezza dello spazza corrotti in materia carceraria. Infatti, l'estensione dell'art. 4 bis ord. penit. e il regime di ostatività alla concessione dei benefici penitenziari che questo comporta, porta ad assimilare i corrotti ad altre figure (onestamente più gravi) come quella dei terroristi e dei membri della criminalità organizzata (cfr. sul punto, l'articolo datato 26 marzo 2019 a cura di Gian Luigi Gatta, autore protagonista anche in chiave giudiziaria della vicenda).

L'impatto di questa riforma sul sistema è tanto immediato quanto dirompente, a parere di chi scrive e di una nutrita frangia della dottrina quest'intervento pone al centro di tutto una presunzione di assoluta pericolosità, inevitabilmente sacrificando, suo malgrado, principi cardine del nostro ordinamento come quello della finalità rieducativa della pena e la regola del minimo sacrificio necessario.

Pertanto si attende con vivo interesse la pronuncia della Corte Costituzionale perché, aprioristicamente dall'approdo a cui perverrà, si rivelerà una pronuncia dirimente.

Conclusioni

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A parere di chi scrive e di molti altri in dottrina (distinti tra giuristi, magistrati, professori e avvocati) il quadro attuale presenta forti segnali di disomogeneità e l'attenzione posta dal legislatore per punire i corrotti, seppur lodevole in via di principio sembra aver travalicato i limiti posti dalla Costituzione nella sua fase attuativa.

Sulla scorta delle considerazioni di cui sopra, sembra vacillare anche l'orientamento interpretativo offerto dalle SS. UU. della Suprema Corte di Cassazione nella pronuncia suddetta del 2006, secondo cui le disposizioni concernenti le misure alternative alla detenzione non hanno carattere di norme penali sostanziali.

Infatti, un tale approdo sembra premiare più i profili formali che sostanziali della materia, in quanto seppur in via di principio può ritenersi soddisfacente la risposta, bisogna poi riscontrare che nella realtà dei fatti è irragionevole non considerare come ricadenti nell'ambito del principio di irretroattività norme che incidono in maniera decisiva sulla libertà personale e sostanzialmente sullo: "star dentro o star fuori dal carcere".

In tale ottica, la libertà di scelta dell'individuo, in ottica futura, è totalmente compromessa. Nel quadro attuale è infatti mal conciliabile la possibilità per il soggetto inciso di agire e di conoscere e calcolare le conseguenze della propria condotta.

In tal ottica, il caso più manifestamente ingiusto è esemplificativamente quello di chi, pre entrata in vigore della legge spazza corrotti patteggia una pena (poniamo per esempio superiore ai due anni ma sotto i tre, così da escludere l'applicazione della sospensione condizionale ex art. 163 c.p.) per un reato di corruzione, ma che nondimeno ai sensi dell'art. 656, co. 5 c.p.p. consente di evitare la carcerazione attraverso la sospensione dell'ordine di esecuzione e la possibilità di chiedere, allo stato di libertà, una misura alternativa alla detenzione.

La norma di cui sopra, non riuscirà ad evitare, sulla base del quadro normativo vigente suesposto, la carcerazione al condannato.

In conclusione, si auspica per un intervento dirimente da parte del Giudice delle Leggi, preso atto che il sistema attuale è disomogeneo e sospetto di forte iniquità su più fronti.

La corruzione è un fenomeno presente nel nostro paese e che uccide la legalità e l'economia legale, ma il suo arginamento non può prescindere in ogni caso da una lotta secondo legge e costituzionalmente orientata.

Inoltre, a parere di chi scrive assimilare, legalmente, la figura del "corrotto" a quella del "terrorista" o del "mafioso" è un tantino eccessivo, sarebbe auspicabile la creazione di un'apposita figura criminosa dedicata ai corrotti, seppur orientata verso altri criteri punitivi, quali quello dell'interdizione dalle cariche e dagli affari pubblici, essendo primario l'obbiettivo di emarginare da tali contesti chi si macchia di reati che inevitabilmente, fanno cessare la fiducia nei suoi confronti per quanto attiene alla sfera pubblica.


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