Il diritto di abitazione del coniuge, del partner dell'unione civile o del convivente superstite nella casa familiare. Cosa prevede il codice civile, la legge Cirinnà e la giurisprudenza

Avv. Giulia Aldini - L'art. 540 del Codice Civile prevede una riserva a favore del coniuge superstite della metà del patrimonio dell'altro coniuge, salvo i casi di concorrenza di coniugi e figli.

Diritto di abitazione: cosa prevede il codice civile per il coniuge

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Riconosce, inoltre, al coniuge superstite il diritto di abitazione [1] vitalizio sulla casa adibita a residenza familiare e il diritto di uso di tutti i mobili che la corredano, nello specifico caso in cui l'abitazione fosse di proprietà del coniuge o comune ai due.

In questo modo è garantito al coniuge superstite di poter permanere nella casa familiare anche se la proprietà dell'immobile con la successione si trasferisca ad altro erede o ad un creditore del defunto.

Cosa prevede la Legge Cirinnà per unioni civili e contratti di convivenza

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Alcune sentenze [2] si erano in passato espresse rimarcando la decisione della Corte Costituzionale[3] che "ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 540, comma 2 c.c., nella parte in cui non prevede il convivente more uxorio tra i componenti della famiglia del defunto aventi diritto di abitazione sull'alloggio comune, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.".

Successivamente, è intervenuta la legge Cirinnà (legge 76/2016), introducendo un diritto similare per il partner dell'unione civile, ma diverso poiché limitato nel tempo. Il comma 42, art. 1, della citata legge prevede che "in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni".

La citata norma risulta applicabile anche a quei rapporti di convivenza che rispettino i requisiti di forma prescritti per il contratto di convivenza[4].

Cosa è previsto per i conviventi di fatto

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Per i conviventi more uxorio, che non hanno stipulato alcun patto/contratto, nulla è previsto dalla normativa.

La giurisprudenza [5] è però intervenuta sul punto statuendo che la convivenza "more uxorio", quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge il programma di vita in comune, un potere di fatto del convivente tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata.

Tuttavia non incide sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sull'immobile, sicché tale detenzione del convivente non proprietario, né possessore, è esercitabile ed opponibile ai terzi fin quando perduri la convivenza, mentre, una volta venuta meno la stessa, in conseguenza del decesso del convivente proprietario-possessore, si estingue anche il relativo diritto.

Ne deriva che, in assenza di una istituzione testamentaria, non può ritenersi legittima la protrazione della relazione di fatto tra il bene ed il convivente superstite e il convivente superstite ha diritto solo ad un termine congruo per la ricerca di una nuova sistemazione abitativa.


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[1] Diritto reale minore

[2] Tra le altre, Corte d'Appello Roma Sez. IV, Sent., 02/12/2013

[3] Corte cost., (ud. 18/05/1989) 26-05-1989, n. 310

[4] commi 50 e 51 dell'art. 1 Legge Cirinnà

[5] Cass. Civ. n. 10377, 27.04.2017


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