La Suprema Corte si è pronunciata sulla vicenda che ha visto RTI contro Yahoo per la diffusione di contenuti video in violazione del copyright

di Lucia Izzo - L'hosting provider? Non è necessariamente un mero prestatore di servizi di ospitalità di dati, potendo svolgere anche un ruolo "attivo" che esula da un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo. In presenza di determinate condizioni può dunque essere ritenuto responsabile se non provvede all'immediata rimozione dei contenuti illeciti, ad esempio quelli che violano il copyright, o se continua a pubblicarli.

Diversa, invece, è la posizioni del c.d. caching, che consiste in una memorizzazione temporanea delle informazioni effettuata per rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta. In tal caso, il prestatore di servizi incorrerà in responsabilità solo se non risponde all'ordine di rimozione dei contenuti illeciti intimato da un'autorità amministrativa o giurisdizionale.

Sono i principi enunciati da due sentenze "gemelle" della Corte di Cassazione, ovvero la n. 7708 e la n. 7709 (qui sotto allegate), pubblicate il 19 marzo 2019 dalla prima sezione civile.


Il caso

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In entrambi i casi, i giudici di legittimità si sono pronunciati sulla vicenda che ha visto RTI (Reti Televisive Italiane S.p.a.), società del gruppo Mediaset, contro il motore di ricerca Yahoo per aver quest'ultimo diffuso sul proprio "portale video" filmati tratti da vari programmi televisivi in titolarità dell'attrice.


In particolare, Yahoo Italia s.r.l. erogava un servizio di pubblica fruizione di video, mediante il quale i singoli utenti potevano caricare contenuti e altri utenti potevano gratuitamente visionarli e commentarli. Un'attività che, secondo la Corte d'Appello di Milano, rendeva la società un semplice hosting provider, ovvero un mero prestatore di servizi di ospitalità di dati.

Di conseguenza, secondo i giudici di merito, la società non avrebbe dovuto rispondere delle violazioni eventualmente commesse dai soggetti richiedenti i servizi in danno dei titolari delle opere protette dal diritto d'autore, essendo un semplice intermediario che, senza proporre altri servizi di elaborazione dati, aveva offerto ai propri clienti un mero servizio di accesso ai siti.

L'hosting provider attivo

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In Cassazione, RTI evidenzia come la controparte, nei fatti, non prestasse un mero servizio di hosting provider, che gode dello speciale regime di responsabilità ex art. 16 d.lgs. n. 70/2003, desunto dall'art. 14 della direttiva 2000/31/CE, bensì un servizio di "hosting provider attivo", che si pone fuori dall'ambito di applicazione della direttiva medesima.

E ciò sarebbe stato dimostrato dalle stesse condizioni di generali di utilizzo dalle quali emergeva che Yahoo avrebbe potuto, non solo, conoscere e controllare i contenuti, ma anche modificare liberamente i video.

Anche gli Ermellini giungono a ritenere rilevante la nozione di "hosting provider attivo" che viene identificato nel prestatore dei servizi della società dell'informazione che svolge un'attività che esula da un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, e, invece, pone in essere una condotta attiva, concorrendo con altri nella commissione dell'illecito.

La responsabilità dell'hosting provider

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Questi, conclude la Corte, è sottratto al regime generale di esenzione di cui al d.lgs. 70/2003, dovendo la sua responsabilità civile atteggiarsi secondo le regole comuni.

In particolare, va incontro a responsabilità il prestatore dei servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti o che abbia continuato a pubblicarli, pur quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

  • sia a conoscenza legale dell'illecito perpetrato dal destinatario del servizio, per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso oppure aliunde;
  • l'illiceità dell'altrui condotta sia ragionevolmente constatabile, onde egli sia in colpa grave per non averla positivamente riscontata, alla stregua del grado di diligenza che è ragionevole attendersi da un operatore professionale della rete in un determinato momento storico;
  • abbia la possibilità di attivarsi utilmente, in quanto reso edotto in modo sufficientemente specifico dei contenuti illecitamente immessi da rimuovere.

Resta affidato al giudice del merito l'accertamento in fatto se, sotto il profilo tecnico-informatico, l'identificazione di video, diffusi in violazione dell'altrui diritto, sia possibile mediante l'indicazione del solo nome o titolo della trasmissione da cui sono tratti, oppure sia indispensabile, a tal fine, la comunicazione dell'indirizzo "uri", alla stregua delle condizioni esistenti all'epoca dei fatti.

Il caching

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Diversa è la conclusione, invece, nella vicenda che ha visto RTI contro Yahoo!Search, contestato in quanto veicolo per l'abusiva diffusione dei filmati segnalati, ma che i giudici hanno ritenuto del tutto distinto da quello inizialmente svolto di Yahoo Italia video, in quanto riconducibile alla mera attività di caching regolata dall'art. 15 del d.lgs. n. 70/2003, che ricalca l'art. 13 della direttiva 2000/31/CE.

Il cd. caching consiste nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, mediante la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta.

La responsabilità del caching

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In sostanza, sussiste una netta distinzione tra i profili di responsabilità dell'hosting provider, da un lato, e del mero caching, dall'altro lato che permea l'intera disciplina eurounitaria, e, di conseguenza, quella nazionale.

Alla stregua del sistema normativo ricostruito dalla Cassazione, si ritiene che al prestatore del servizio che fornisca una mera attività neutrale di caching la legge non richiede che, solo perché reso edotto di specifici contenuti illeciti con una diffida extragiudiziale o perché proponga una domanda giudiziale al riguardo, spontaneamente li rimuova.

Invece, una responsabilità del c.d. caching sussiste in capo al prestatore dei servizi qualora questi non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, pur essendogli ciò stato intimato dall'ordine proveniente da un'autorità amministrativa o giurisdizionale.

Scrica pdf Cass., I civ., sent. 7708/2019
Scrica pdf Cass., I civ., sent. 7709/2019

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