Aspetti essenziali e vasta rassegna di giurisprudenza del delitto di violenza privata

di Giovanni Tringali - La giurisprudenza sul delitto di violenza privata è vasta e attraverso la stessa è possibile definire i contorni giuridici del reato de quo. Di seguito, per chi vuole approfondire l'argomento, un'ampia rassegna. I casi, scelti tra le ultime sentenze della Suprema Corte, evidenziano il possibile concorso formale con altri reati simili, la specialità o l'assorbimento.

Prima di iniziare ad esaminare la norma (art. 610 del codice penale) dobbiamo porre due concetti:

a. per violenza [1] in senso proprio si intende l'impiego dell'energia fisica per vincere un ostacolo, reale o supposto;

b. la minaccia consiste nel prospettare ad una persona un male futuro il cui avverarsi dipende dalla volontà dell'agente. Il male minacciato può riguardare non solo la vita, l'incolumità fisica, la libertà ecc. della persona, ma anche i beni patrimoniali, purché giuridicamente rilevanti.

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La giurisprudenza sulla condotta nel delitto di violenza privata

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Ecco una serie di massime della Cassazione sulla condotta nel delitto di violenza privata:

- Non integra gli estremi del reato di violenza privata la condotta preordinata a far desistere altri da un'azione "illecita", in quanto la condotta che si assume impedita con violenza o minaccia, ad opera di un terzo, deve esprimere una lecita modalità di esplicazione della personalità (Fattispecie in cui l'imputato, fermato in un supermercato in attesa della polizia, per avere rotto una bottiglia, aveva cercato di opporsi alla restrizione della propria libertà di movimento) (Sez. 5, Sentenza n. 8310 del 21/01/2016).

- Non è configurabile il delitto di violenza privata

allorquando gli atti di violenza non siano diretti a costringere la vittima ad un "pati", ma siano essi stessi produttivi dell'effetto lesivo, senza alcuna fase intermedia di coartazione della libertà di determinazione della persona offesa (Fattispecie in cui la Corte, salva la sussistenza di eventuali altri reati, ha escluso la configurabilità di quello di cui all'art. 610 cod. pen. nella condotta dell'imputato che, affiancando con l'auto la persona offesa in bicicletta, la faceva cadere con una spinta, così costringendola ad interrompere il suo regolare percorso stradale) (Sez. 5, Sentenza n. 10132 del 05/02/2018).

- Integra l'elemento della violenza, nella fattispecie criminosa di violenza privata, anche l'energia fisica esercitata su una "cosa" (Sez. 5, Sentenza n. 21559 del 09/03/2010).

- Integra il delitto di violenza privata la condotta di coloro che, nell'ambito di una manifestazione di protesta, si trattengano all'interno di un istituto scolastico, interrompendo lo svolgimento dell'attività didattica, danneggiando mobili e suppellettili ed esponendo striscioni (Sez. 5, Sentenza n. 10498 del 16/01/2018).

- È configurabile il delitto tentato e non quello consumato di violenza privata allorché, pur sussistendo l'idoneità dell'azione a limitare la libertà del soggetto passivo, quest'ultimo non adotti la condotta che la violenza e la minaccia esercitate nei suoi confronti erano preordinate ad ottenere e, pertanto, l'evento non si verifichi (Fattispecie in cui è stato ritenuto configurabile il tentativo in presenza di una condotta violenta finalizzata a far fermare un'automobile, non essendo intervenuto l'arresto in quanto l'autista aveva cambiato direzione, imboccando una diversa strada) (Sez. 3, Sentenza n. 29742 del 11/06/2013).

- L'elemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione (Fattispecie relativa a sostituzione della serratura della porta di accesso di un vano-caldaia, con mancata consegna delle chiavi al condomino e inibizione dell'esercizio del diritto di servitù gravante sul locale) (Sez. 5, Sentenza n. 11907 del 22/01/2010).

- Integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo l'accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione (Sez. 5, Sentenza n. 1913 del 16/10/2017).

- Integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che, nell'ambito di manifestazioni di protesta per l'esecuzione di un'opera pubblica, impedisce agli operai incaricati di svolgere i lavori previsti, frapponendosi all'accesso ai macchinari con comportamenti tali da bloccarne l'utilizzo da parte loro, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione (Sez. 5, Sentenza n. 48369 del 13/04/2017).

- In tema di violenza privata, la condotta violenta è configurabile nell'utilizzo di qualsiasi mezzo idoneo a comprimere coattivamente la libertà di autodeterminazione e di azione della persona offesa (Fattispecie relativa ad un minore sottoposto ad un'attività di osservazione psicologica durante l'orario scolastico, in cui il mancato consenso dei genitori, informati di tale attività, è stato ritenuto dalla Corte interpretabile come vero e proprio dissenso, integrandosi, in tal caso, il reato di cui all'art. 610 cod. pen.) (Sez. 5, Sentenza n. 40291 del 06/06/2017).

- Ai fini del delitto di violenza privata, non è richiesta una minaccia verbale o esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, finalizzato ad ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa (Sez. 5, Sentenza n. 29261 del 24/02/2017).

- Integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che occupa il parcheggio riservato ad una "specifica" persona invalida in ragione del suo "status", impedendone l'accesso, e, quindi, privandola della libertà di determinazione e di azione (Fattispecie in cui l'imputato aveva abusivamente occupato il parcheggio riservato ad uno specifico disabile dalle 10,40 del mattino alle 2 di notte, ora in cui l'autovettura veniva coattivamente rimossa dalla polizia locale) (Sez. 5, Sentenza n. 17794 del 23/02/2017).

- Ai fini dell'integrazione del delitto di violenza privata (art. 610 cod. pen.) è necessario che la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino la perdita o, comunque, la significativa riduzione della libertà di movimento o della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i comportamenti che, pur costituendo violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, si rivelino inidonei a limitarne la libertà di movimento, o ad influenzarne significativamente il processo di formazione della volontà (Fattispecie in cui la S.C. ha "escluso" la sussistenza del reato nella condotta dell'imputato che, al fine di fare rispettare il regolamento condominiale, aveva reiteratamente minacciato, aggredito ed ingiuriato alcuni minorenni che facevano rumori giocando nel cortile condominiale con dei palloni, ed aveva tagliato questi ultimi con un coltello, in quanto tale condotta non aveva impedito ai giovani di riprendere gli stessi giochi) (Sez. 5, Sentenza n. 1786 del 20/09/2016).

- L'elemento oggettivo del delitto di violenza privata è costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata, poiché in assenza di tale determinatezza, possono integrarsi i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non quello di violenza privata; ne deriva che il delitto di cui all'art. 610 cod. pen. non è configurabile qualora gli atti di violenza e di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l'evento naturalistico del reato, vale a dire il "pati" cui la persona offesa sia costretta (In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito aveva escluso la configurabilità del reato di violenza privata nella condotta degli imputati che, nel corso di una manifestazione sulla pubblica via, si erano introdotti per pochi istanti nei locali di una ditta dopo avere spinto una delle impiegate, in quanto la violenza aveva coinciso con la "costrizione a tollerare" la presenza degli imputati, escludendo il reato in questione nel quale, invece, la violenza deve essere strumentale ad un evento ulteriore) (Sez. 5, Sentenza n. 47575 del 07/10/2016).

- Il delitto di violenza privata può essere integrato anche dalla prospettazione di una condotta autolesionistica dell'agente, quando la stessa sia idonea a coartare l'altrui autodeterminazione. (Fattispecie nella quale l'imputato, dopo aver sparso della benzina sulle scale degli uffici comunali, aveva minacciato di bruciare tutto se non fosse stato ricevuto dal Prefetto per ottenere un posto di lavoro) (Sez. 5, Sentenza n. 35003 del 12/04/2016).

- L'esercizio di diritti fondamentali, quale quelli di sciopero, riunione e manifestazione del pensiero, non può ritenersi legittimo quando trasmodi in lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti, non potendo in tal caso ritenersi applicabile la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. (Fattispecie riferita ai reati di violenza privata ed interruzione di pubblico servizio[5] accertati a carico di uno studente che, nell'ambito di uno "sciopero", aveva impedito per alcune ore l'accesso alla scuola e lo svolgimento delle consuete attività didattiche ai docenti e ad altri studenti non manifestanti, con corrispondente lesione del diritto allo studio di questi ultimi) (Sez. 5, Sentenza n. 7084 del 16/10/2015).

- L'elemento della violenza nel reato di cui all'art. 610 cod. pen. si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione (In applicazione del principio, la S.C. ha stabilito che integra il reato di violenza privata la condotta di chi - il marito nei confronti della moglie, nella specie - impedisce l'esercizio dell'altrui diritto di accedere ad un locale o ad una delle stanze di un'abitazione, chiudendone a chiave la serratura) (Sez. 5, Sentenza n. 4284 del 29/09/2015).

- Integra il reato di violenza privata la condotta dell'infermiere il quale sottoponga a trattamento terapeutico un paziente che in relazione ad esso abbia, invece, manifestato un libero e consapevole rifiuto, non potendosi ritenere applicabili, in tale ipotesi, neppure le scriminanti dell'adempimento di un dovere o dello stato di necessità, condizioni esimenti che cedono il passo rispetto al diritto all'inviolabilità della libertà personale, intesa anche come libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica (Fattispecie in cui l'operatore sanitario, in presenza di espresso e consapevole rifiuto all'apposizione di catetere, procedeva egualmente all'intervento sanitario nei confronti del paziente in ricovero, ricorrendo a violenza fisica per vincere la sua opposizione, picchiandolo sulle mani ed immobilizzandolo) (Sez. 5, Sentenza n. 38914 del 18/03/2015).

- Integra il delitto di violenza privata la condotta di chi alla guida del proprio veicolo, compie deliberatamente manovre tali da interferire significativamente nella guida di altro utente della strada, costringendolo ad una condotta diversa da quella programmata (Nella specie, l'imputato, con il proprio veicolo, aveva superato quello della persona offesa, per poi sbarrarle la strada ed impedirle di andare nella direzione desiderata; la S.C., affermando il principio di cui in massima, ha ritenuto sussistente il reato) (Sez. 5, Sentenza n. 33253 del 09/03/2015).

- Integra il reato di violenza privata la condotta di chi, abusando della sua qualità di insegnante di sostegno ed approfittando dello stato di soggezione e di incapacità di un minore portatore di handicap, costringa questi, senza autorizzazione del genitore, a subire un taglio di capelli (Sez. 5, Sentenza n. 13538 del 10/02/2015).

- Ai fini dell'integrazione del delitto di violenza privata (art. 610 cod. pen.) è necessario che la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino la perdita o, comunque, la significativa riduzione della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i comportamenti costituenti violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali inidonei a limitarne la libertà di movimento o ad influenzarne significativamente il processo di formazione della volontà (Fattispecie in cui la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito che ha affermato la responsabilità, in ordine al delitto di violenza privata, del sindaco di un Comune - che aveva invitato a dimettersi il revisore contabile del medesimo Comune, minacciando la revoca dall'incarico - senza tener conto del conflitto di opinioni tra sindaco e maggioranza, da un lato, e revisore contabile, dall'altro, su molteplici aspetti amministrativi nonché della circostanza che l'esperto revisore sapeva perfettamente che l'Amministrazione aveva solo il potere di proposta di revoca nei confronti del Consiglio comunale e, comunque, senza motivare sulle ragioni per le quali la pressione sul detto revisore era idonea, nel caso concreto a condizionarne la volontà fino a provocarne le forzate dimissioni dall'incarico) (Sez. 5, Sentenza n. 3562 del 09/12/2014).

- Non integra il reato di violenza privata la richiesta di dimissioni rivolta, agli amministratori di una società, dal rappresentante dell'azionista di maggioranza, con l'avvertimento che l'assemblea, in caso contrario, non avrebbe approvato il bilancio, determinando gravi ripercussioni sul piano operativo ed occupazionale (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso il reato, ritenendo priva di idoneità intimidatoria la mera prospettazione di conseguenze pregiudizievoli per soggetti terzi, quali la società ed i lavoratori) (Sez. 6, Sentenza n. 20414 del 25/01/2013).

- Integra il reato di violenza privata nella forma del "tentativo" l'esortazione a non denunciare un fatto prospettando all'interlocutore, in caso contrario, un "peggioramento della situazione" (Sez. 5, Sentenza n. 8755 del 20/09/2012).

- Integra il delitto di "tentata" violenza privata, la condotta del datore di lavoro che convochi la dipendente - rientrata al lavoro dopo un periodo di astensione obbligatoria per maternità - in un locale fatiscente e le prospetti di farla lavorare in un luogo degradato ed in condizioni invivibili nel caso di mancata accettazione delle condizioni imposte dalla società preordinate ad ottenere contro la sua volontà le dimissioni o il prolungamento del periodo di allontanamento dal lavoro mediante l'astensione facoltativa post-partum (Sez. 5, Sentenza n. 36332 del 30/04/2012).

- In tema di violenza privata, integra il reato di cui all'art. 610 cod. pen. la condotta di colui che, azionando a distanza il meccanismo di blocco di un cancello elettrico, impedisce alla persona offesa di uscire con la propria autovettura dalla zona garage del condominio, costringendola a scendere dal veicolo e a staccare la corrente elettrica per neutralizzare la chiusura a distanza del cancello al fine di varcare l'accesso carraio dello stabile (Sez. 2, Sentenza n. 46786 del 24/10/2014).

- Ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, è necessario l'esercizio della violenza fisica o morale o la prospettazione di un male ingiusto, il cui verificarsi dipende dall'iniziativa dell'agente, sicchè esula dal reato in questione la condotta meramente omissiva tenuta in relazione ad una richiesta altrui, anche quando la stessa si risolva in una forma passiva di mancata cooperazione al conseguimento del risultato voluto dal richiedente (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso che integrasse il delitto di violenza privata la mancata consegna delle nuove chiavi dell'abitazione familiare da parte del marito alla moglie, con cui in precedenza era stata concordata la sostituzione della serratura) (Sez. 5, Sentenza n. 15651 del 07/03/2014).

- Integra il delitto di violenza privata aggravato dal metodo mafioso la condotta intimidatoria posta in essere - con l'esito di determinare le dimissioni dall'incarico delle persone minacciate - da persona sottoposta a sorveglianza speciale di p.s. al fine di impedire a collaboratori dell'amministratore giudiziario di supermercato di sua proprietà, sottoposto a sequestro di prevenzione, la creazione di un inventario informatico della merce in magazzino, la regolarizzazione delle procedure concernenti gli ordinativi di merce ai fornitori e il pagamento degli stipendi ai dipendenti (Fattispecie relativa ad applicazione della misura cautelare della custodia in carcere) (Sez. 1, Sentenza n. 3478 del 25/11/2009).

La giurisprudenza sui rapporti con altri reati

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Di seguito, una rassegna di massime relative ai rapporti tra il delitto di violenza privata e gli altri reati:

Rapporti col delitto di estorsione

- Si configura il delitto di estorsione nella forma consumata, e non tentata, anche nel caso in cui a seguito della condotta costrittiva, la persona offesa rilasci un assegno privo di provvista ovvero emesso per un conto corrente estinto, atteso che, con la consegna, si realizzano sia l'ingiusto profitto per il prenditore, consistente nel trasferimento del diritto di ottenere il pagamento della somma rappresentata nel documento, sia il simmetrico danno per l'emittente, consistente nel divenire parte di un rapporto obbligatorio a contenuto patrimoniale in forza del quale, per effetto dell'incorporazione del credito nel titolo, l'adempimento è dovuto dietro semplice presentazione dello stesso all'incasso (Sez. 1, Sentenza n. 44853 del 17/05/2017).

- Integra il reato di estorsione, e non già quello di violenza privata, la condotta consistita nel costringere, mediante violenza o minaccia, un imprenditore ad effettuare un'assunzione non necessaria, sussistendo sia il requisito dell'ingiusto profitto, conseguito dalla persona assunta e connesso ad un'azione intimidatoria, sia quello del danno per la vittima, costretta a versare la relativa retribuzione (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la decisione d'appello che aveva omesso di motivare in relazione alla "non necessità" dell'assunzione e, di conseguenza, in ordine al suo aver arrecato danno patrimoniale alla persona offesa) (Sez. 5, Sentenza n. 8639 del 20/01/2016).

- Integra il delitto di estorsione e non quello di violenza privata, la condotta del soggetto che faccia uso di violenza o minaccia per costringere il gestore di un bar a fornirgli consumazioni senza pagare il corrispettivo, così procurandosi un ingiusto profitto, anche se esiguo, con relativo danno per il soggetto coartato (Sez. 2, Sentenza n. 9024 del 05/11/2013).

- Integra il delitto di tentata estorsione, e non quello di tentata violenza privata, la condotta di chi ponga in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad impedire l'apertura di un esercizio commerciale per preservare gli interessi di un proprio congiunto che eserciti una attività simile, poiché in tal caso la condotta è rivolta a procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno economico (Sez. 2, Sentenza n. 3371 del 18/12/2012).

- Integra il reato di estorsione, e non già quello di violenza privata, la condotta consistita nel costringere, mediante violenza o minaccia, un imprenditore ad effettuare una assunzione non necessaria, essendo ingiusto il profitto conseguito dalla persona assunta, in quanto connesso ad un'azione intimidatoria, e sussistendo altresì il danno per la vittima, costretta a versare la relativa retribuzione (Sez. 2, Sentenza n. 49388 del 04/12/2012).

- Il reato di violenza privata non può ritenersi assorbito da quello di estorsione qualora la minaccia proferita, sia pure contemporaneamente a quella estorsiva, tenda a costringere la parte lesa a non denunciare il torto patito e cioè a una ulteriore limitazione della sua libertà, tutelata appunto dal disposto dell'art. 610 cod. pen. (Sez. 2, Sentenza n. 53267 del 22/09/2017).

- Integra il delitto di tentata estorsione, e non quello di violenza privata, la condotta di colui che, con minacce, pretenda il versamento di una somma di denaro dal soggetto passivo, quando la coartazione è preordinata a procurare al soggetto attivo un ingiusto profitto (Sez. 6, Sentenza n. 53429 del 05/11/2014).

- Integra il reato di tentata violenza privata e non già di tentata estorsione la minaccia diretta a costringere altri a ritirare la denuncia presentata nei confronti di un terzo, non essendo il vantaggio derivante dal ritiro della stessa connotato da contenuto patrimoniale o di utilità economica (Sez. 2, Sentenza n. 46609 del 19/11/2009).

Rapporti con il delitto di sequestro di persona

- Il delitto di violenza privata, preordinato a reprimere fatti di coercizione non espressamente contemplati da specifiche disposizioni di legge, ha in comune con il delitto di sequestro di persona l'elemento materiale della costrizione, ma se ne differenzia perché in esso viene lesa la libertà psichica di autodeterminazione del soggetto passivo, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà di movimento; ne consegue che, per il principio di specialità di cui all'art.15 cod. pen., non è configurabile il delitto di violenza privata qualora la violenza, fisica o morale, sia stata usata direttamente ed esclusivamente per privare la persona offesa della libertà di movimento (Sez. 5, Sentenza n. 44548 del 08/05/2015).

- Non è configurabile, in virtù del principio di specialità (art. 15 cod. pen.) il delitto di violenza privata, qualora la violenza fisica o morale sia usata direttamente ed esclusivamente per il fine previsto dal reato di sequestro di persona, e cioè per privare la vittima della libertà (Nella specie la parte offesa fu picchiata, spogliata dei cellulari e "caricata" su un auto in cui ebbe inizio la privazione della sua libertà) (Sez. 5, Sentenza n. 23215 del 01/03/2011).

- Il delitto di violenza privata ha in comune con il delitto di sequestro di persona l'elemento materiale della costrizione, ma se ne differenzia per il fatto che in esso viene lesa la libertà psichica di determinazione del soggetto passivo, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà di movimento dello stesso (Sez. 1, Sentenza n. 36465 del 26/09/2011).

- Il delitto di violenza privata, preordinato a reprimere fatti di coercizione non espressamente contemplati da specifiche disposizioni di legge, ha in comune con il delitto di sequestro di persona l'elemento materiale della costrizione, ma se ne differenzia perché in esso viene lesa la libertà psichica di autodeterminazione del soggetto passivo, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà di movimento (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice cautelare che ha ritenuto configurabile nei confronti dell'indagato il concorso nel delitto di sequestro di persona per avere costretto la vittima a salire, dopo una colluttazione, a bordo di un'autovettura) (Sez. 5, Sentenza n. 49610 del 14/10/2014).

- Il delitto di violenza privata ha in comune con il delitto di sequestro di persona l'elemento materiale della costrizione, ma se ne differenzia per il fatto che in esso viene lesa la libertà psichica di determinazione del soggetto passivo, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà di movimento dello stesso. Pertanto, quando l'agente persegua un fine ulteriore rispetto alla mera privazione della libertà di movimento, volto a costringere taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa, i due reati concorrono, sussistendo distinte lesioni dei beni giuridici tutelati (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito il quale ha affermato la responsabilità, in ordine ai reati di cui agli art. 605 e 610 cod. pen., nei confronti dell'imputato per avere costretto la persona offesa, già in stato di privazione della libertà di movimento nel suo appartamento, a telefonare alla moglie in ora notturna per chiedere di rilasciare una procura a vendere un terreno destinato a soddisfare, col ricavato, il credito dello stesso imputato) (Sez. 5, Sentenza n. 10543 del 31/10/2014).

Rapporti con altri delitti

- L'espianto di ovociti dall'utero di una donna, realizzato in ambiente ospedaliero contro la sua volontà, da personale medico, configura il delitto di violenza privata e non quello di rapina, in quanto gli ovociti, benché destinati ad essere espulsi o trasformati mediante la fecondazione, fanno parte del circuito biologico dell'essere umano e non possono essere considerati "cose mobili" solo temporaneamente detenute dalla donna all'interno del suo corpo (Sez. F, Sentenza n. 39541 del 17/08/2016).

- Non è configurabile il delitto di rapina, nemmeno nella forma tentata, bensì quello di violenza privata, quando la persona offesa è costretta, con violenza o minaccia, a consegnare un proprio bene per un uso meramente momentaneo e ne conserva inoltre il controllo durante l'utilizzo, senza che l'agente consegua un autonomo possesso della cosa (Fattispecie in cui la vittima era stata costretta a consegnare un motorino all'imputato per un uso momentaneo, ma aveva ottenuto che a bordo del mezzo prendesse posto anche una persona di sua fiducia a garanzia della restituzione del veicolo) (Sez. 2, Sentenza n. 34905 del 07/05/2013).

- Il reato di violenza privata è speciale rispetto al reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis cod. pen. in considerazione dell'elemento specializzante dato dallo scopo di costringere altri a fare, tollerare od omettere qualcosa, impedendone la libera determinazione con una condotta immediatamente produttiva di una situazione idonea ad incidere sulla libertà psichica del soggetto passivo (Sez. 3, Sentenza n. 25889 del 20/03/2013).

- Tra il reato di violenza privata, di cui all'art. 610 cod. pen., e quello di lesioni personali volontarie, di cui all'art. 582 cod. pen., è configurabile il concorso formale, essendo diversi i beni giuridici tutelati: la libertà morale nel primo reato, e l'integrità fisica nel secondo (Sez. 2, Sentenza n. 17767 del 07/03/2017).

- L'elemento oggettivo del reato di attentato contro i delitti politici del cittadino, previsto dall'art. 294 cod. pen.[10], consiste in una condotta connotata da violenza, minaccia o inganno che si traduce nell'impedimento all'esercizio dei diritti politici in senso stretto, correlati al diritto di elettorato attivo e passivo, e non di qualsiasi manifestazione del pensiero che possa riguardare scelte politiche, il cui impedimento integra gli estremi della fattispecie generica e sussidiaria del reato di violenza privata di cui all'art. 610 cod. pen. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la configurabilità del reato di cui all'art. 294 cod. pen. con riferimento alla condotta violenta posta in essere dagli indagati nei confronti di soggetti appartenenti ad un comitato politico che procedeva ad un sondaggio tra i propri iscritti per la scelta del candidato per la carica di sindaco, qualificando come violenza privata tale azione di disturbo, che ricade sull'espressione della manifestazione del pensiero politico, funzionalmente preliminare alla scelta sul futuro esercizio del diritto politico) (Sez. 6, Sentenza n. 51722 del 09/11/2016).

- Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, la decisione di condanna per il reato di violenza privata (art. 610 cod. pen.) a fronte della contestazione del delitto di intralcio alla giustizia (art. 377, comma terzo, cod. pen.), trattandosi di figure criminose che hanno in comune l'elemento della minaccia o della violenza, funzionali al conseguimento dello scopo avuto di mira dall'agente, vale a dire l'induzione della vittima a determinati comportamenti (Sez. 5, Sentenza n. 34939 del 10/06/2016).

- La violenza privata e il danneggiamento non danno luogo a un'ipotesi di reato complesso (danneggiamento con violenza alla persona), bensì a concorso di reati autonomi, in quanto la strumentalità della violenza, che nel primo reato è volta al fine di costringere altri a fare o ad omettere qualcosa, fuoriesce dallo schema tipico del secondo reato, in cui è sufficiente che la violenza sia fine a se stessa o tutt'al più che sia compiuta al fine di danneggiare (Sez. 5, Sentenza n. 13550 del 24/02/2015).

- Integra gli estremi del reato di violenza privata - e non quello di interferenze illecite nella vita privata - la condotta di colui che, avendo carpito abusivamente immagini nel locale docce di una piscina comunale, le commercializzi sul web contro la volontà dei soggetti ripresi nei filmati, non ricorrendo, in tal caso, il contesto domiciliare protetto, ex art. 615 bis cod. pen. e sussistendo, invece, il rinnovarsi di una persistente coazione psichica nei confronti di chi non può sottrarsi alle reiterate violazioni della sua intimità, idonea ad integrare la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 610 cod. pen. (Sez. 5, Sentenza n. 28174 del 14/05/2015).

- Il reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli non può ritenersi assorbito in quello di violenza privata, non soltanto perchè è più gravemente punito rispetto al secondo, ma anche perchè si tratta di delitti posti a tutela di beni giuridici diversi (In motivazione la Corte ha ulteriormente affermato che, diversamente, il reato di cui all'art. 610 cod. pen. non concorre con quello di minaccia aggravata, in quanto quest'ultimo è assorbito nel primo, costituendo la minaccia una delle condotte che caratterizzano la violenza privata) (Sez. 3, Sentenza n. 22769 del 06/05/2010).

- Integra il reato di violenza privata, aggravato dall'abuso della relazione di prestazione d'opera, e non il reato di maltrattamenti in famiglia o quello di atti persecutori ex art. 612-bis, cod. pen., la condotta violenta e minacciosa reiteratamente posta in essere da un capo officina nei confronti di un meccanico, in modo da costringere il lavoratore, nel contesto di un'azienda organicamente strutturata, a tollerare una situazione di denigrazione e deprezzamento delle sue qualità lavorative (Sez. 6, Sentenza n. 44803 del 25/11/2010).

- Non sussiste il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 cod. pen.) - ma quello di violenza privata aggravata - nel caso in cui il creditore incarichi soggetti dei quali conosca i metodi violenti e minacciosi per costringere il proprio debitore all'adempimento, in quanto, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 393 cod. pen., la pretesa arbitrariamente attuata dall'agente deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico (Nella specie, tra l'altro, la persona offesa ha corrisposto quanto dovuto (euro 46.000) ma giungendo a tale risultato a seguito di resistenze alle originarie pretese macroscopicamente superiori (130 mila euro) e rimaste, per tale superiore parte, prive di dimostrata giustificazione) (Sez. 5, Sentenza n. 26176 del 19/05/2010).

- Ricorre il delitto di violenza privata e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone allorchè si eccedono macroscopicamente i limiti insiti nel fine di esercitare, sia pure arbitrariamente, un preteso diritto, ponendo in essere un comportamento costrittivo dell'altrui libertà di determinazione, in termini di particolare gravità (Sez. 5, Sentenza n. 7468 del 28/11/2013).

La giurisprudenza su concorso con altri reati

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Di seguito una rassegna giurisprudenziale sul delitto di violenza privata in concorso con altri reati:

- Tra il reato di violenza privata, di cui all'art. 610 cod. pen., e quello di lesioni personali volontarie, di cui all'art. 582 cod. pen., è configurabile il concorso formale, essendo diversi i beni giuridici tutelati: la libertà morale nel primo reato, e l'integrità fisica nel secondo (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso l'assorbimento del reato di violenza privata in quello di lesioni, precisando che le lesioni - una testata in faccia ad un cronista al fine di farlo allontanare dal luogo in cui si trovava il ricorrente - erano state inflitte per realizzare la violenza privata) (Sez. 5, Sentenza n. 21530 del 08/02/2018).

- È configurabile il concorso tra il reato di violenza privata e quello di atti persecutori, trattandosi di reati che tutelano beni giuridici diversi, in quanto l'art. 610 cod. pen. protegge il processo di formazione e di attuazione della volontà personale, ovvero la libertà individuale come libertà di autodeterminazione e di azione; mentre l'art. 612 bis cod. pen. è preordinato alla tutela della tranquillità psichica - ed in definitiva della persona nel suo insieme - che costituisce condizione essenziale per la libera formazione ed estrinsecazione della predetta volontà (In motivazione, la S.C. ha precisato che l'"alterazione delle abitudini di vita" non può considerarsi una peculiare ipotesi di violenza privata, avendo la prima una ampiezza di molto maggiore rispetto al fare, omettere o tollerare qualcosa per effetto della coartazione esercitata sulla volontà della vittima) (Sez. 5, Sentenza n. 4011 del 27/10/2015).

- Il delitto di violenza privata non concorre con quello di violenza sessuale quando la violenza fisica o morale è del tutto strumentale rispetto al compimento degli atti sessuali e non rappresenta un "quid pluris" che eccede il compimento dell'attività sessuale coatta (Fattispecie in cui la condotta era consistita nel trattenere violentemente la vittima a bordo di una autovettura, somministrarle sostanza stupefacente ed immediatamente violentarla) (Sez. 3, Sentenza n. 37367 del 06/06/2013).

- In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il reato di cui all'art. 603 bis, cod. pen., punisce tutte quelle condotte distorsive del mercato del lavoro, che, in quanto caratterizzate dallo sfruttamento mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, non si risolvono nella mera violazione delle regole relative all'avviamento al lavoro sanzionate dall'art. 18 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il requisito della intimidazione nella rinuncia dei lavoratori stranieri, privi di adeguati mezzi di sussistenza, a richiedere il pur irrisorio compenso pattuito con l'agente, per il timore di non essere più chiamati a lavorare) (Sez. 5, Sentenza n. 14591 del 04/02/2014).

- Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si differenzia da quello di violenza privata - che ugualmente contiene l'elemento della violenza o della minaccia alla persona - non nella materialità del fatto che può essere identica in entrambe le fattispecie, bensì nell'elemento intenzionale, in quanto nel reato di cui all'art. 392 cod. pen. l'agente deve essere animato dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l'oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fondata. Occorre, per altro verso, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 392 cod. pen., accertare che la condotta rivesta i connotati dell'arbitrarietà, la quale non sussiste qualora la violenza sulle cose sia esercitata al fine di difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di turbativa nel godimento della "res", sempre che l'azione reattiva avvenga nell'immediatezza di quella lesiva del diritto, non si tratti di compossesso e sia impossibile il ricorso immediato al giudice, sussistendo la necessità impellente di ripristinare il possesso perduto o il pacifico esercizio del diritto di godimento del bene (Fattispecie in cui l'imputato aveva parcheggiato i propri veicoli nel cortile di sua proprietà costituente l'unico accesso al garage della persona offesa) (Sez. 5, Sentenza n. 23923 del 16/05/2014).

- Sussiste il concorso tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello di violenza privata qualora, nel medesimo contesto, l'agente ponga in essere distinte condotte minacciose volte, l'una, ad ottenere l'estinzione di un debito e l'altra il ritiro di una denuncia (Sez. 6, Sentenza n. 31361 del 04/07/2011).

[1] La giurisprudenza per violenza intende "qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza «impropria», che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione" (Cfr. Sent. 10133 del 05/02/2018).

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