La Cassazione ha ribadito che chi versa in uno stato vegetativo permanente è una persona in senso pieno e i suoi diritti fondamentali vanno rispettati e tutelati

di Valeria Zeppilli - Chi versa in uno stato vegetativo è comunque una "persona in senso pieno", con la conseguenza che la sua "non vita" non può mai essere considerata un bene della vita".

Lo ha affermato la Corte di cassazione nella sentenza numero 24189/2018 (qui sotto allegata), decidendo la complessa causa intentata da due genitori per ottenere il risarcimento del danno per la mancata diagnosi in sede di esami ecografici del grave quadro malformativo del figlio che la donna portava in grembo, nato poi con una possibilità di vita esclusivamente vegetativa.

Le cure vanno sempre garantite

Rifacendosi alla precedente pronuncia numero 21748/2007, i giudici hanno ribadito che chi versa in uno stato vegetativo permanente è una persona in senso pieno. Pertanto i suoi diritti fondamentali vanno rispettati e tutelati. Anzi: la tutela del suo diritto alla vita e del suo diritto alle prestazioni sanitarie deve essere ancor più incisiva, viste le condizioni di estrema debolezza in cui si trova e la sua incapacità di provvedere autonomamente a se stesso.

Il Servizio sanitario nazionale deve quindi continuare a offrire al malato tutte le cure e il sostegno solidale di cui ha bisogno, sino al sopraggigungere della morte, al pari di ogni altro essere umano. A prescindere da quanto sia precaria l'esistenza di un soggetto e da quanta speranza ci sia che lo stesso possa recuperare le proprie funzioni cognitive, la comunità deve mettere a sua disposizione tutte le migliori cure e i presidi che la scienza medica è in grado di fornire.

Corte di cassazione testo sentenza numero 24189/2018
Valeria Zeppilli

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