La Cassazione condanna per il reato di imbrattamento un trentasettenne sorpreso a gettare le buste di immondizia a terra dopo averne ispezionato il contenuto

di Annamaria Villafrate - Per la Cassazione, affinché si configuri il reato di imbrattamento, non rileva né l'assenza dell'intenzione di sporcare, né l'episodicità della condotta. L'imbrattamento è insito nel comportamento di chi, dopo aver rovistato nei cassonetti, ispezionato le buste e prelevato dalle stesse solo ciò che interessa, butta a terra il resto. L'abbandono diffuso e sistematico dei rifiuti che non rivestono interesse per chi rovista nei cassonetti è socialmente dannosa e come tale sanzionabile penalmente.

La vicenda processuale

Secondo il GIP, il reato di imbrattamento di cui all'art 639 c.p, di cui è accusato l'imputato non sussiste. Non è dello stesso avviso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, che ricorre in Cassazione. A suo avviso il GIP erra perché, pur riconoscendo l'imputato autore dell'imbrattamento contestato, esclude la sussistenza dell'elemento soggettivo "facendo leva sulla natura isolata della condotta e nell'intenzione di disfarsi dei materiali (dapprima estrapolati dai sacchi della spazzatura ed a lui non utili e quindi poi abbandonati sul suolo pubblico)."

Il reato di imbrattamento non richiede intenzione di sporcare né ripetitività della condotta

La Cassazione con la sentenza n. 29018/2018 accoglie il ricorso del Procuratore ritenendo errate le conclusioni del GIP: "La circostanza che l'agire dell'imputato sia stato sorretto dalla "semplice" volontà di disfarsi momentaneamente, ovvero, accantonare, i materiali che non erano a lui più utili, non vale però ad escludere l'elemento soggettivo del reato (...). Trattandosi di dolo generico è indifferente per l'esistenza del reato il fine per cui il soggetto agisce, occorrendo soltanto che questi si sia rappresentato l'evento dannoso ed abbia agito di conseguenza. Nel caso in esame, dalla stessa ricostruzione del fatto operata dal giudice del merito risulta che l'imputato

pose in essere un comportamento, quale quello di selezionare, accantonare e poi lasciare i materiali che non erano di suo "gradimento" sulla pubblica via, logicamente espressivo proprio dell'intento di deturpare ed imbrattare. Né, infine, può escludersi il dolo in ragione della natura episodica della condotta, tenuto conto che la fattispecie non richiede affatto una ripetizione dei comportamenti (verificandosi il momento consumativo del reato proprio con il prodursi dell'effetto di imbrattamento o di deturpamento) e che l'abbandono ormai diffuso e sistematico dei rifiuti che non formano oggetto di diretto "interesse" da parte di chi rovista nei cassonetti, ha conferito all'incriminazione quella "dannosità sociale" sufficiente ad attribuirle legittimazione sostanziale e, dunque, in assenza di elementi negativi del fatto o cause di esclusione della pena, a rendere ragionevole l'applicazione di una sanzione penale".

Cassazione sentenza n. 29018-2018

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