di Gabriella Lax - La Corte di giustizia dell'Unione Europea riconosce di fatto i matrimoni tra persone dello stesso sesso e lo fa ai sensi delle regole sulla libera circolazione delle persone. I giudici hanno stabilito che la nozione di "coniuge", ai sensi delle disposizioni del diritto dell'Unione sulla libertà di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari, ingloba i coniugi dello stesso sesso.
Matrimoni gay, la sentenza della Corte di giustizia Ue
Dell'episodio ci siamo occupati qualche mese fa a proposito del fatto che nessuno Stato potesse discriminare i coniugi gay, come asseriva un avvocato della Corte di giustizia Ue.
Leggi Ue: nessuna discriminazione per i coniugi gay
Riassumendo i fatti: un cittadino romeno Relu Adrian Coman e Robert Clabourn Hamilton, cittadino Usa, erano stati conviventi per 4 anni negli Usa, prima di sposarsi a Bruxelles nel 2010. Nel dicembre 2012 i due hanno chiesto alle autorità rumene i documenti necessari perché il primo potesse lavorare e soggiornare in modo permanente in Romania col coniuge. La richiesta poggiava sulla direttiva relativa alla libertà di circolazione, che permette al coniuge di un cittadino dell'Ue di raggiungere la propria metà nello Stato membro in cui soggiorna. Nonostante le premesse arriva il diniego da parte delle autorità rumene di concedere a Hamilton il diritto di soggiorno, escludendo la qualifica in Romania come "coniuge" di un cittadino Ue, considerato che lo stato non riconosce i matrimoni omosessuali. Contro la decisione delle autorità romene, i due coniugi si sono rivolti ai giudici. La Corte Costituzionale della Romania, investita di un'eccezione di incostituzionalità, ha chiesto alla Corte di Giustizia Ue se ad Hamilton, coniuge di un cittadino dell'Unione che ha esercitato la sua libertà di circolazione, doveva essere concesso un diritto di soggiorno permanente in Romania. Secondo l'avvocato della Corte, la problematica giuridica al centro della controversia
non riguarda la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma la libera circolazione dei cittadini dell'Unione: quindi la direttiva non prevede alcun rinvio al diritto degli Stati membri per la determinazione della qualità di "coniuge": ne consegue che questa nozione deve essere oggetto, nell'intera Unione, di un'interpretazione "autonoma e uniforme". La stessa nozione di "coniuge", in relazione alla libertà di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari, è riferita anche ai coniugi dello stesso sesso.Tesi sposata adesso dalla Corte di giustizia che, anche se gli Stati membri sono liberi di autorizzare o meno il matrimonio omosessuale, essi non possono ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell'Unione rifiutando di concedere al suo coniuge dello stesso sesso, cittadino di un paese non Ue, un diritto di soggiorno derivato sul loro territorio.
Matrimoni gay, i motivi della decisione della Corte di giustizia Ue
L'obbligo per uno Stato Ue di riconoscere, esclusivamente ai fini della concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato non Ue, un matrimonio omosessuale contratto in un altro Stato membro non pregiudica l'istituto del matrimonio nel Paese in cui la coppia viene a vivere.
Nello specifico l'obbligo non impone allo Stato Ue in questione, di prevedere, nella normativa nazionale, l'istituto del matrimonio tra soggetti dello stesso sesso. Secondo la Corte le decisioni nazionali che ostacolano l'esercizio della libera circolazione delle persone possono essere giustificate solo conformi ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue. L'art. 7 della Carta garantisce il diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare e, sottolinea ancora la corte di giustizia Ue, anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo si evince che la relazione tra omosessuali può rientrare nella nozione di "vita privata", nonché in quella di "vita familiare", proprio come accadrebbe nel caso di una coppia eterosessuale che si trovi nella stessa situazione.