Breve vademecum sui criteri da seguire al fine di far valere in giudizio il diritto risarcitorio per danno da demansionamento
Avv. Francesco Pandolfi - Si sente sempre più spesso parlare di circostanze conflittuali tra datore e dipendente. Una prova di questo fenomeno, mai arginato, è data dalle numerose sentenze che si susseguono nel tempo, nelle quali i giudici sono chiamati a risolvere delicate situazioni.


Il demansionamento

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All'interno di queste complicate dinamiche lavorative, un fenomeno pericoloso per il dipendente è certamente quello del demansionamento, situazione nella quale egli in pratica viene privato delle sue funzioni e della sua responsabilità operativa (specificamente correlata a quella astratta prevista nel suo contratto di lavoro e, ancor prima, nel contratto collettivo che regolamenta la sua categoria).

Come può aversi demansionamento

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Al demansionamento il datore può arrivarci in vari modi, ad esempio affidando al dipendente mansioni inferiori rispetto a quelle contrattualmente previste, una volta terminato magari un incarico organizzativo superiore.

E' del tutto evidente che se il lavoratore ha, fino ad un certo momento svolto una determinata funzione all'interno dell'Azienda o dell'Ente, in linea con quanto stabilito dal contratto collettivo, e poi viene brutalmente degradato con un diverso e marginale incarico, egli arriverà a sentirsi vittima di tale condotta datoriale fino a subirne un vero e proprio danno alla salute.

Il danno da demansionamento

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In generale il nostro ordinamento ci insegna che il danno, qualunque esso sia, va provato.

Nel caso si tratti di un danno alla salute, ebbene questo va accertato attraverso una causa e, all'interno di essa, con una consulenza tecnica d'ufficio.

Anche il demansionamento può portare alla sofferenza psico fisica: peggio è se chi ne viene colpito ha già una predisposizione ad ammalarsi.

La predisposizione ad ammalarsi

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E' bene sapere che se una persona ha una predisposizione ad ammalarsi, ebbene questo fatto non esclude la responsabilità del datore di lavoro nei casi in cui mette in atto condotte per vessare il dipendente e lo perseguita con un comportamento dequalificante.

Come si può intuire, tanto contribuisce ad avvilire e mortificare il dipendente, ponendo le basi per lo sviluppo, purtroppo, di una malattia.

La Cassazione, ad esempio, ha chiarito proprio questo concetto, giungendo ad affermare un importante principio: senza il ricorrere di fattori scatenanti (i comportamenti illeciti del datore) la latenza patologica non si manifesta necessariamente in danno (sentenza n. 10138 del 26 aprile 2018).

Come chiedere il risarcimento

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In conclusione, nei casi in cui il dipendente ritenga che la condotta del datore di lavoro abbia superato i limiti contrattualmente pattuiti, sfociando in un atteggiamento vessatorio, dequalificante e lesivo per la salute, premurarsi di dimostrare il nesso causale tra fatti lavorativi e la malattia, al di là di eventuali preesistenze o latenze patologiche che dir si voglia.

Fatto questo, procedere con il ricorso.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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