Il codice di rito non ammette la proroga o l'abbreviazione dei termini perentori, ma permette al giudice di rimettere una parte in termini a determinate condizioni

di Valeria Zeppilli - L'ordinamento processualcivilistico italiano prevede in molti casi dei termini perentori entro i quali provvedere a depositare atti o memorie, procedere a notificazioni e compiere altre attività processuali.

Se i termini sono perentori non è possibile né prorogarli né abbreviarli, neanche se sul punto sia raggiunto un accordo dalle parti interessate

Causa non imputabile alla parte

Tuttavia, in forza di quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 153 del codice di procedura civile, se una parte dimostra di essere incorsa in decadenze (e di non aver quindi potuto rispettare un termine perentorio) per causa ad essa non imputabile, il giudice può rimetterla in termini.

La rimessione va espressamente richiesta dalla parte con ricorso da depositare in cancelleria o direttamente in udienza.

Atti per i quali è possibile la rimessione

Vista la collocazione della norma che si occupa della rimessione nella parte del codice civile dedicata in generale ai termini perentori, deve ritenersi che tale istituto sia applicabile anche ai termini per impugnare. Una simile conclusione è ancor più palese se si considera che prima della riforma del 2009 a parlare di rimessione era l'articolo 184-bis del codice di procedura civile, collocato nella parte dedicata alla trattazione della causa e che aveva indotto la giurisprudenza a escludere che l'istituto riguardasse anche i termini estranei al processo, come quello per impugnare.

Tra gli intenti del legislatore della riforma, quindi, deve essere ravvisato anche quello di estendere senza più alcun dubbio la portata applicativa dell'istituto in analisi.

L'ordinanza del giudice

Il giudice al quale sia stata richiesta la rimessione in termini vi provvede con ordinanza se ritiene che i fatti allegati dalla parte siano verosimili; eventualmente e se necessario, il giudice ammette prima la prova dell'impedimento, provvedendo anche in questo caso con ordinanza.

Si precisa che alla prova si applicano le disposizioni generali di cui agli articoli 202 e seguenti del codice di rito.

Le altre parti

Se una parte viene rimessa in termini dal giudice, naturalmente tale circostanza comporta per le altre parti la possibilità di porre in essere tutte le attività necessarie per replicare a quelle compiute in forza della rimessione in termini.

Ciò vuol dire, in sostanza, che se un soggetto a seguito della rimessione in termini disposta dal giudice alleghi un determinato fatto e avanzi delle relative istanze istruttorie, l'altra parte può replicare sia allegando un diverso fatto, sia avanzando istanze istruttorie che hanno ad oggetto quanto allegato da lui e quanto allegato dalla controparte.

La giurisprudenza sulla rimessione in termini

Nel decidere se disporre o meno la rimessione in termini, il giudice deve valutare di volta in volta se effettivamente nel caso di specie sussista una causa non imputabile alla parte. Sul punto i precedenti giurisprudenziali giocano un ruolo fondamentale.

Ad esempio, con la sentenza numero 1393/2018 la Corte di cassazione ha affermato che, per la concessione della rimessione in termini in conseguenza di problemi informatici, non è possibile basarsi sulla generica documentazione di un tecnico privato che affermi che l'istante ha dei problemi di ricezione nella propria casella di posta elettronica certificata.

Con la sentenza numero 6664/2017, invece, la Corte ha precisato che, posto che l'incapacità di intendere e di volere di una parte non costituisce causa di sospensione del processo, l'unico rimedio per la tardività dell'impugnazione è rappresentato dalla richiesta di rimessione in termini.

Sulla malattia, i giudici hanno ritenuto che possa considerarsi una causa non imputabile ai sensi dell'articolo 153 del codice di rito il malore improvviso del domiciliatario prima dell'iscrizione a ruolo della causa (v. Cass. n. 363/2017), ma hanno di contro escluso che possa concedersi la rimessione in termini se il difensore alleghi come causa non imputabile della decadenza una malattia che comporti conseguenze di tipo esclusivamente motorio (v. Tribunale di Padova 15 luglio 2005).

Infine, va segnalata la sentenza numero 23430/2016, con la quale la prima sezione civile della Corte di cassazione ha precisato che "la rimessione in termini, oggi disciplinata dall'art. 153 c.p.c., non può essere riferita ad un evento esterno al processo, impeditivo della costituzione della parte, quale la circostanza dell'infedeltà del legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, giacchè attinente esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale e il professionista incaricato ai sensi dell'art. 83 c.p.c., che può assumere rilevanza soltanto ai fini di un'azione di responsabilità promossa contro quest'ultimo, e non già, quindi, spiegare effetti restitutori al fine del compimento di attività precluse alla parte".

Valeria Zeppilli

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