La Cassazione conferma la condanna per il reato di truffa nei confronti dell'operatore di una società di telefonia

di Valeria Zeppilli - Il comportamento dell'operatore telefonico che attiva un servizio a pagamento mai richiesto dal cliente può risultare penalmente rilevante.

Basti pensare che, con la sentenza numero 42515/2017 del 18 settembre (qui sotto allegata), la seconda sezione penale della Corte di cassazione ha confermato la condanna di un operatore di una società di telefonia per il reato di truffa, proprio per aver posto in essere un simile comportamento.

Ricorso inammissibile

Per i giudici di legittimità, infatti, la condanna che nel caso di specie era stata inflitta dalla Corte d'appello era completa, priva di vizi logici, conforme alle risultanze fattuali emerse durante il processo e compatibile con il senso comune. Il ricorso, per questa e per altre ragioni, è stato quindi dichiarato inammissibile e la condanna è divenuta definitiva.

La querela

Nella sentenza, la Cassazione ha avuto modo di ricordare (a conferma della pronuncia del giudice del merito) che in forza dell'articolo 123 del codice penale la querela deve ritenersi produttiva di effetti nei confronti di coloro che siano risultati gli effettivi responsabili del crimine che in essa è esposto, anche a prescindere dalle indicazioni circa l'identificazione del presunto autore del reato che in essa siano eventualmente contenute.

Il termine iniziale per proporla, poi, decorre dalla data di piena cognizione dei fatti da parte dell'interessato e quindi, nel caso di specie, dalla data di ricevimento della fattura "salata" dalla quale era emersa l'attivazione del servizio mai richiesto dal cliente.

Corte di cassazione testo sentenza numero 42515/2017
Valeria Zeppilli

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