Integrato il reato di frode in commercio per il ristoratore

di Valeria Zeppilli - I ristoratori che fanno uso di alimenti surgelati sono tenuti a informarne i propri clienti, altrimenti commettono un illecito penale.

Basti pensare che proprio in questi giorni la Corte di cassazione, con la sentenza numero 34783/2017 (qui sotto allegata), ha confermato la condanna per il reato di cui all'articolo 515 del codice penale inflitta al proprietario di un ristorante aver somministrato agli avventori del suo locale dei prodotti surgelati non indicati come tali nel menù.

Frode nell'esercizio del commercio

L'articolo 515, si ricorda, punisce il reato di frode nell'esercizio del commercio, che è quello compiuto da chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale o in uno spaccio aperto al pubblico, consegna al proprio cliente una cosa per un'altra o una cosa di origine, provenienza, qualità o quantità diverse da quelle dichiarate o pattuite.

La pena prevista, per l'ipotesi base di reato, è quella della reclusione sino a due anni o della multa sino a Euro 2.075.

La contrattazione non serve

La sentenza in commento, con riferimento a tale fattispecie di illecito, ha fugato ogni dubbio circa la configurabilità del tentativo, chiarendo che l'integrazione del reato, nella forma tentata, non richiede la concreta contrattazione con un avventore ma solo la detenzione di prodotti surgelati all'interno di un esercizio per la ristorazione, senza che nel menù sia indicata tale qualità.

Nel caso di specie, peraltro, le vivande surgelate rappresentavano la quasi totalità delle provviste del ristorante.


Corte di cassazione testo sentenza numero 34783/2017
Valeria Zeppilli

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