Per il CNF l'indagine sulle ragioni delle offese può semmai incidere sulla determinazione della sanzione, ma non sulla sua applicazione

di Valeria Zeppilli - L'articolo 52 del codice deontologico impone all'avvocato di comportarsi sempre in maniera dignitosa e decorosa, in qualsiasi situazione egli si trovi. Sempre, il legale deve evitare di pronunciare delle espressioni sconvenienti od offensive.

Avvocati, la provocazione non scrimina

Il Consiglio Nazionale Forense lo ha ricordato con la pronuncia numero 408/2016 (qui sotto allegata), confrontandosi con la vicenda di un avvocato sottoposto a procedimento disciplinare per aver usato espressioni tutt'altro che carine nei confronti di colleghi, del Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Tivoli e del Presidente del TAR Lazio.

Per il CNF, oltretutto, la rilevanza deontologica di una simile condotta non è annullata dalla provocazione altrui, né dallo stato d'ira o di agitazione conseguenti ad essa. Infatti, le offese non fanno parte della corrente dialettica processuale né del libero confronto delle idee dei suoi protagonisti e, pertanto, non possono essere mai ammesse, neanche se in qualche modo "sollecitate".

Effetti sulla sanzione

Come chiarito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza numero 11370/2016, casomai l'indagine sulle ragioni che possono aver spinto ad esprimersi in maniera sconveniente può assumere rilevanza ai fini della determinazione della sanzione. La violazione deontologica, però, resta e va punita, più o meno severamente.

Consiglio Nazionale Forense testo sentenza numero 408/2016
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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