L'ascolto del minore e la mediazione familiare sono contemplati espressamente dalle nuove norme che la riforma Cartabia ha dedicato alle persone, ai minori e alla famiglia

Minore: soggetto di diritto nella mediazione familiare

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In sede di mediazione familiare, così come nei giudizi che lo riguardano, il minore è un vero e proprio soggetto di diritto, dal momento che viene inevitabilmente coinvolto nell'ambito di un processo di crisi e disgregazione del nucleo familiare.

Gli avvocati dovranno adoperarsi al fine di trovare accordi tra le parti, nel superiore e preminente interesse del minore. In presenza di posizioni conflittuali tra i genitori, l'ascolto del figlio minore si rivela infatti particolarmente importante se non addirittura indispensabile per il Giudice al fine di prendere decisioni finalizzate alla tutela del suo interesse primario.

Il diritto all'ascolto a livello internazionale

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A livello internazionale il diritto all'ascolto del minore è stato affermato dalla Convenzione di New York del 1989 che all'art. 12 sancisce il diritto del fanciullo capace di discernimento di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo riguardi. Per capacità di discernimento si intende l'attitudine del bambino a valutare e comprendere il significato di una determinata scelta, in piena autonomia e senza l'influenza di soggetti esterni (es. i genitori).

Altra fonte comunitaria in materia di ascolto del minore è rappresentata dalla Carta Europea dei diritti fondamentali (c.d. Carta di Nizza, dicembre 2000), la quale ribadisce all'art. 24 l'importanza dell'esercizio del diritto del bambino ad essere ascoltato; la sua opinione viene presa in considerazione, da parte del giudice, in funzione della sua età e della sua maturità.

Tale norma è stata anche richiamata dal considerando n. 33 del Regolamento CE 2201/2003 che "riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE. In particolare mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea".

Con la Convenzione di Strasburgo del 1996 (ratificata con L. 20 marzo 2003 n. 77) "sull'esercizio dei diritti dei minori" vengono specificati alcuni criteri di esaustività dell'ascolto. Il minore, che è riconosciuto dal diritto interno come avente capacità di discernimento, ha diritto a:

  • ricevere ogni informazione pertinente;
  • essere consultato ed esprimere la propria opinione;
  • essere informato delle eventuali conseguenze che tale opinione comporterebbe nella pratica e delle eventuali conseguenze di ogni decisione.

Il diritto all'ascolto nella legislazione italiana

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In Italia il legislatore ha tenuto conto, recependole, delle normative internazionali. In particolare, dopo aver ribadito la centralità dell'ascolto del minore (L. 54/2006), la legislazione italiana è tornata nuovamente sull'argomento, inserendo nella L. 219/2012 ("Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali") una disposizione che prevede il diritto del figlio minore che abbia compiuto i 12 anni di età, ovvero di età inferiore ove capace di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il nostro codice civile ha recepito in primo luogo la riforma del 2012 con l'introduzione dell'art. 315bis c.c. che disciplina i diritti e i doveri dei figli e, al terzo comma, prevede il diritto del figlio di essere ascoltato nelle questioni in cui è coinvolto.

In secondo luogo, la riforma della filiazione (d. lgs. 154/2013) ha introdotto la regola dell'audizione del minore per i provvedimenti che lo riguardano, dal momento che il giudice è tenuto ad adottare i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse materiale e morale di essa (artt. 337ter c.c, riformato dalla Cartabia e 227 octies c.c abrogato dal decreto legislativo n. 149/2022, come modificato dalla Legge 197/2022).

Appare opportuno ricordare in questa sede che la pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite del 21 ottobre 2009 n. 22238 ha disposto l'obbligatorietà dell'audizione del minore in conformità a quanto sancito dall'art. 6 della Convenzione di Strasburgo.

Il c.d "ascolto informato" del minore capace di discernimento diventa pertanto presupposto giuridico affinché i provvedimenti giudiziari che lo riguardano non siano affetti da vizi procedurali.

La mediazione familiare dopo la riforma Cartabia

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Da ultimo, la Riforma Cartabia è intervenuta in modo piuttosto incisivo nella materia familiare attraverso la previsione di norme specifiche e innovative che riguardano proprio l'ascolto del minore e la mediazione.

Per la prima volta la mediazione familiare entra espressamente nel codice di procedura civile.

La norma dedicata a questo percorso è l'art. 473bis.10 del Codice di rito civile, che così dispone:

"Il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell'elenco formato a norma delle disposizioni di attuazione del presente codice, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo.

Qualora ne ravvisi l'opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 473 bis 22 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli."

C'è però un'altra norma di estremo interesse sul tema introdotta dalla riforma Cartabia, ossia l'art. 473 bis.43, che vieta espressamente di ricorrere alla mediazione familiare quando:

  • sia stata pronunciata una sentenza di condanna o l'applicazione della pena, anche in primo grado;
  • penda un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'art. 415 bis c.p.p, per le condotte di abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere;
  • queste condotte emergano in corso di causa.

Qualora poi il percorso di mediazione sia già iniziato, il mediatore lo interrompe immediatamente, se emergono notizie di abusi o violenze.

Ascolto del minore: casi e modalità

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La Riforma Cartabia ha anche valorizzato l'ascolto del minore inserendo due norme specifiche: l'art. 473bis.4 sull'ascolto del minore e l'art. 473bis5 dedicato alle modalità di svolgimento di questa attività.

L'articolo 473bis.4 c.p.c dispone che il minore che abbia compiuto 12 anni o più piccolo, ma capace di discernimento, venga ascoltato dal giudice ogni volta che questo soggetto debba emanare provvedimenti che lo riguardano.

"Le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità".

Il minore può non essere ascoltato dal giudice, che deve motivare questa decisione con apposito provvedimento, solo nei seguenti casi:

  • l'ascolto è in contrasto con il l'interesse del minorenne;
  • l'ascolto è manifestamente superfluo;
  • il minore è impossibilitato per problematiche fisiche o psichiche;
  • il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato.

Il giudice procede invece all'ascolto del minore, solo se necessario, nei procedimenti in cui si prende atto che i genitori si siano accordati sulle condizioni di affidamento dei figli.

Passando alla norma che si occupa delle modalità di ascolto del minore ossia l'art. 473bis.5 c.p.c si rileva che all'ascolto del minore il giudice possa procedere da autonomia o con l'assistenza di esperti e ausiliari. Qualora il procedimento riguardi più soggetti minori il giudice, di regola, li ascolta separatamente.

L'udienza dedicata all'ascolto si tiene nel rispetto degli orari scolastici del minore e, se possibile in locali idonei, diversi dalla aule del Tribunale.

Prima di procedere all'ascolto del minore il giudice indica i temi di discussione relativi agli adempimenti genitoriali a chi esercita la responsabilità genitoriale, ai difensori e al curatore speciale, che possono chiedere di approfondire certi temi e argomenti e che, se autorizzati dal giudice, possono partecipare all'ascolto.

Il giudice procede all'ascolto del minore con modalità che ne devono garantire la serenità e la riservatezza, dopo averlo informato, tenendo conto dell'età e della sua capacità di comprensione, sulla natura del procedimento e sugli effetti dell'ascolto.

Nel caso in cui il minore abbia compiuto 14 anni il giudice deve informarlo anche della possibilità di poter nominare un curatore speciale.

L'ascolto del minore viene registrato in modalità audio e video, ma se non è possibile procedere in questo modo il processo verbale deve descrivere dettagliatamente il "contegno" del minore.


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